Harry Potter e la Camera dei Segreti compie vent’anni

Harry Potter e la Camera dei Segreti compie vent’anni, ed è arrivato il momento di ricordarlo per quello che era: un filmone

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Harry Potter e la Camera dei Segreti compie vent’anni, e già questa informazione potrebbe farvi sentire il peso dell’età, a seconda di quale sia il vostro rapporto con la saga. La prima domanda che ci si pone di fronte a questa ricorrenza è: che cosa si può scrivere che non sia già stato detto, ridetto e rimasticato su uno dei franchise più famosi e lucrativi della storia – della letteratura, del cinema e in generale dei franchise? Il dilemma si applica in modo particolare a La Camera dei Segreti, che non a caso è uno dei due film della saga a non aver ricevuto neanche una nomination all’Oscar: pur essendo un film migliore del precedente e un adattamento migliore del successore, ha la sfortuna di non essere “il primo” e, con il senno di poi, di essere stato seguito da quello che da un punto di vista cinematografico è l’Harry Potter più interessante.

Il risultato di questa coincidenza di eventi è che La Camera dei Segreti esiste; raramente viene indicato come “il mio film preferito degli otto”, molto più spesso è accompagnato da frasi tipo “certo, è bello, magari non il migliore…”. Per converso, non viene quasi mai criticato o valutato male: la sua qualità è riconosciuta più o meno universalmente, semplicemente ha la sfiga di non essere il film che ha introdotto milioni di persone all’universo di Harry Potter (e spinto quindi la vendita di milioni di libri), né di essere “quel film lì di Cuarón”.

Fateci restare ancora un attimo su Il prigioniero di Azkaban. La narrazione più diffusa sul terzo capitolo è che sia il più cupo (per design più ancora che per tematiche) che Cuarón abbia dato un tocco gotico alle architetture di Hogwarts e che questo abbia spianato la strada per lo slittamento dei film successivi verso toni più adulti – in parallelo con la crescita anagrafica dei protagonisti della storia. Ebbene: La Camera dei Segreti faceva le stesse cose before it was cool. Era infinitamente più cupo del primo capitolo, che a conti fatti rimane l’unico Harry Potter indiscutibilmente “per bambini”. Mostrava le prime tracce di violenza, era un film di sangue e ferite, di ossa fratturate e di amiche pietrificate.

Andiamo oltre: lo scarto di tono da La pietra filosofale a La Camera dei Segreti è più ampio di quello tra La Camera dei Segreti e Il prigioniero di Azkaban. È il primo film nel quale abbiamo la sensazione che anche ai protagonisti possa succedere qualcosa di orribile – che non esista insomma il concetto di plot armor, come dimostrerà qualche film dopo quel famoso omicidio che ancora oggi non ce la sentiamo di spoilerare nonostante non abbia senso. Persino il protagonista, l’adorabile maghetto con gli occhiali tondi, comincia a dimostrare di avere anche un lato oscuro, un tema che poi diventerà centrale nel resto della saga: non dimenticate che non si fa problemi a spiare e ingannare un compagno di scuola per inseguire una sua teoria, nella convinzione che il fine giustifichi sempre e comunque i mezzi.

Un’altra sfiga di La Camera dei Segreti è la quantità di elementi che introduce e che poi diventeranno talmente importanti per la saga da non venire più associati solo al loro film di provenienza. Esempio principale: Dobby, indiscutibilmente nella top 10 dei personaggi più importanti di Harry Potter, e talmente adorabile che nel momento in cui ci troviamo a piangere calde lacrime sulla sua tomba ci siamo dimenticati di quanto fosse irritante (e anche pericoloso) la prima volta che l’abbiamo incontrato.

La Camera dei Segreti ci presenta anche la Pozione Polisucco, che diventerà una delle soluzioni narrative più usate da lì in avanti. È il film dove facciamo la conoscenza di Cornelius Fudge, uno dei personaggi più tragici del franchise, e della fenice Fawkes. La Spada di Grifondoro e la zanna del basilisco non ci abbandoneranno più fino alla fine della storia. Al tempo non lo sapevamo ancora, ma eravamo stati anche esposti al nostro primo Horcrux. Se La pietra filosofale serviva principalmente per presentarci i personaggi, i luoghi e le regole del gioco, La Camera dei Segreti è il vero inizio della mitologia potteriana, il momento in cui ci rendiamo conto che la struttura da monster of the year (Raptor nel primo film, il basilisco nel secondo) verrà via via sacrificata in nome della trama orizzontale.

Oltre a essere un passaggio fondamentale e forse sottovalutato in una storia più ampia, però, La Camera dei Segreti è anche un gran film, che contiene alcune delle sequenze migliori della prima metà della saga (la seconda, quando l’azione diventa centrale a scapito del resto, andrebbe valutata a parte), dal primo volo con la Ford Anglia al… be’, al secondo volo con la Ford Anglia, passando per la terrificante sequenza che ha rovinato la vita a generazioni di aracnofobici e il duello finale con il basilisco, girato meglio di tanti “duelli finali” visti nei cinecomic degli ultimi anni.

Anche i protagonisti fanno un notevole passo avanti rispetto al timidissimo primo capitolo, con Rupert Grint in particolare che dimostra già di avere il controllo totale del suo personaggio; ovviamente rimane lo stacco rispetto al cast “adulto”, che comprende alcuni dei migliori attori britannici in circolazione e che a questo giro aggiunge un adorabile Kenneth Branagh, ma è in La Camera dei Segreti più che nel precedente che si cominciano a vedere le prime tracce degli attori che sbocceranno nei film successivi. Insomma: tendiamo a dimenticarcene perché è schiacciato tra un primo capitolo che ebbe un impatto clamoroso e un terzo del quale ci piace riempirci la bocca perché è “autoriale”, ma La Camera dei Segreti resta uno dei film migliori (e più importanti) della saga. Alla faccia degli Oscar.

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