Halloween tra zucche, sperimentazione e l’arte di arrangiarsi
Halloween di John Carpenter raccontato da I film della nostra infanzia: com’è nato un classico dell’horror
I film della nostra infanzia è tornata! La serie di mini-documentari di Netflix che racconta i retroscena e dietro le quinte di una serie di classici degli anni Ottanta e Novanta è ricomparsa con una terza stagione – e visto che siamo verso la fine di ottobre, la selezione ha visto una virata verso il macabro. Non possiamo che cominciare con l’episodio dedicato a Halloween – anzi a John Carpenter’s Halloween –, che c'illustra come la lavorazione di uno dei migliori horror di sempre sia stata un bizzarro e probabilmente irripetibile mix di sperimentazione all’avanguardia e di arte dell’arrangiarsi, tenuta insieme dai rapporti strettissimi che legavano l’intera crew.
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Su incoraggiamento della moglie, Yablans decise di buttarsi, e si inventò un lavoro come “persona che organizza anteprime a capienza limitata per film in uscita” – in sostanza quelli che oggi chiamiamo test screening, e che fecero la sua fortuna per anni. Fino a che Yablans decise che era pronto per un altro salto di qualità: era arrivato il momento di produrre il suo primo film.
Yablans spiega che il modus operandi di Carpenter e compagnia si sposava alla perfezione con le sue esigenze produttive, che a loro volta si possono riassumere così: voglio distribuire un film, ma non ho un film, né i soldi per distribuirlo. Il risultato di questa collaborazione si intitola Distretto 13 – Le brigate della morte, ed è un flop clamoroso, almeno in America. In Inghilterra viene invece premiato al London Film Festival (la notizia venne comunicata a Yablans direttamente dal direttore del festival, Michael Myers…) e diventa un piccolo culto: Yablans capisce quindi che Carpenter ha qualcosa di speciale, e decide di proporgli di fare un altro film insieme.
La sua idea è quasi elementare: “Perché non facciamo” gli propone “un film su un gruppo di babysitter che vengono terrorizzate da un killer la notte di Halloween?” (a proposito: il titolo originale non è mai stato The Babysitter Murders, come vuole la leggenda). La cosa curiosa è che al tempo Carpenter non aveva ancora fatto un horror, né gli interessava granché, secondo Yablans. Il quale però non aveva in mente un’opera a base di sangue e violenza, ma di tensione e terrore strisciante, ispirata più ai classici horror show radiofonici che ascoltava da bambino che agli slasher contemporeanei. Yablans voleva fare paura in un altro modo: per usare le sue parole, “obbligare il pubblico a guardare a destra e terrorizzarlo a sinistra”.
Per fare il film, John Carpenter chiede 10.000 dollari; in tutto: per scriverlo, dirigerlo, occuparsi della colonna sonora. Chiede anche che a produrlo sia Debra Hill, che aveva conosciuto sul set di Distretto 13 e che al tempo era la sua fidanzata. E infine chiede che il film si intitoli John Carpenter’s Halloween. La risposta di Yablans? Se riesci a fare tutto quanto con 300.000 dollari puoi fare quello che vuoi. Vale la pena notare a questo punto che Yablans quei soldi non ce li ha: a metterceli è Mustafa Akkad, il suo nuovo socio, ricco sfondato e che aveva appena acquisito il 51% delle quote della società.
Carpenter e Hill si mettono subito al lavoro per dimostrare che la loro fama è meritata. In due settimane scrivono una prima versione dello script: il grosso del lavoro lo fa Debra, mentre John si occupa di approfondire la mitologia del male che non può essere ucciso. È in questa fase che nasce l’idea di chiamare il killer Michael Myers (a proposito: la moglie del Michael Myers originale, il direttore di festival londinese, se la prese parecchio per questa scelta) o, in alternativa, The Shape. Ed è in questa fase che si comincia a pensare al casting: Carpenter sogna Christopher Lee per interpretare il dottor Loomis, Yablans punta su Charlton Heston, poi qualcuno (non meglio specificato) ha l’idea di suggerire Donald Pleasence dopo averlo visto in Costretto a uccidere.
Carpenter vuole anche che per il ruolo di Laurie Strode sia scritturata una sconosciuta; e Jamie Lee Curtis (pur essendo “dell’ambiente” visto che è figlia di Tony Curtis e Janet Leigh) è perfetta, visto che fino a quel momento ha recitato solo in un episodio di Colombo. E il resto del cast? I loro nomi si mischiano con quelli della crew, in un complicato intreccio di parentele, amicizie e relazioni sentimentali che non proviamo neanche a ricostruire qui, e riassumeremo dicendo che Halloween fu un affare di famiglia, messo in piedi da una crew di amici, “young, hungry, poor and cheap” come li definisce Tommy Lee Wallace.
C’è un dettaglio sul quale Carpenter decise di non essere cheap: dei circa 300.000$ di budget, ne spese 70.000 per il Panaglide, un aggeggio per macchine da presa Panavision che le stabilizzava e le trasformava di fatto in steadycam. Halloween fu il primo o al massimo il secondo film dove venne usato il Panaglide, uno strumento potentissimo, ma che nessuno sapeva davvero usare: il set diventò così anche un corso di aggiornamento per chi si occupava delle riprese. Il risultato però si vede eccome: tutte le volte che una scena di Halloween si può sviluppare con un piano sequenza fluido e con meno stacchi possibile lo fa.
Altri aneddoti sparsi raccontati da Wallace e da Nick Castle, e che danno l’idea dell’atmosfera che si respirava sul set. Quello sulla maschera di Michael Myers lo conoscete sicuramente: in origine era una maschera del capitano Kirk di Star Trek, lievemente modificata per essere ancora più spaventosa. Casuale è anche il modo in cui Nick Castle è diventato The Shape: durante i primi giorni di riprese non aveva ancora un compito preciso, e si limitava a stare sul set in un angolo a osservare quello che accadeva. Carpenter gli chiese di provare a indossare la maschera e di continuare a non fare nulla: nasce così l’inquietante sagoma di Michael Myers che ti spia tra i cespugli.
Sapevate che Donald Pleasence non aveva alcuna voglia di essere nel film, e che quindi passava gran parte del tempo sul set a bere? Nella sua scena madre, durante la quale guida sotto la pioggia, era sbronzo marcio – con tutti i rischi collegati alla guida in stato alterato. Sapevate che la produzione rischiò di dover restare in pausa per mesi a causa di una grave carenza di zucche (effetto collaterale di girare il film in primavera)? Sapevate che la colonna sonora venne scritta in tre giorni? Che dopo un debutto discreto ma non entusiasmante a Kansas City Halloween cominciò a macinare successo, al punto che un anno dopo tornò al cinema proprio in occasione della notte delle streghe? Oggi siamo qui a parlare del dodicesimo film del franchise e dei suoi incassi multimilionari: quanta strada che ha fatto Michael Myers da quando era solo il capitano Kirk.
Fonte: Netflix