Halloween Kills ha dei problemi, ma è anche una rivoluzione

Halloween Kills è un film discreto con grossi problemi di tono, ma che dice qualcosa di straordinario su Michael Myers

Condividi
Spoiler Alert

ATTENZIONE! Questo pezzo su Halloween Kills contiene, nella seconda parte, degli SPOILER sul film. Se ancora non l’avete visto non andate avanti a leggere!

Accolto, come si dice in questi casi, con il plauso di pubblico e critica (più il primo che la seconda), Halloween Kills può già fregiarsi del titolo di “miglior apertura al box office per un film rated-R durante la pandemia”, con circa il doppio degli incassi di Suicide Squad, e la squadra che l’ha prodotto può godersi un attimo di respiro prima di tornare al lavoro sul già imminente sequel, Halloween Ends. In altre parole non poteva andare meglio a David Gordon Green, John Carpenter, Jason Blum e Jamie Lee Curtis: tornati al cinema dopo il successo straordinario del primo capitolo, che fungeva anche da quasi-reboot o quantomeno cancellava un po’ di film dal canone ufficiale della saga, l’hanno fatto con un prodotto creato apposta per fare successo, e che lo sta quindi facendo (le prossime settimane ci diranno quanto di preciso).

Ci sono tanti modi diversi di guardare a Halloween Kills. Nella nostra recensione abbiamo già parlato del bizzarro e pericoloso messaggio che si nasconde sotto la superficie di uno slasher estremamente stiloso e girato con grande fantasia, seppure in parte mitigata dai grossi problemi di montaggio che qui e là gridano “scena tagliata che sarà presente nella director’s cut!”. Rispetto al capitolo precedente, Gordon Green ha molta più familiarità con il personaggio e riesce finalmente a staccarsi dal modello carpenteriano per infondere un po’ di personalità nel film. Il problema è che questa personalità spesso cozza con il tono della storia, soprattutto in certe morti altamente coreografate per essere divertenti e ridicole ma che coinvolgono personaggi sui quali il film ci ha fatto investire emotivamente fino a pochi istanti prima.

Halloween Kills Michael Myers

È possibile che sia una scelta cosciente e non l’effetto di una vena comica mai sopita e sfuggita di mano, resta il fatto che questi momenti, uniti a quello che il film dice sulla violenza e sull’inevitabilità della stessa, danno vita a un’opera moralmente ambigua e che rischia di distrarre a colpi di messaggio dal gradevole massacro che è stato messo in scena. C’è però un altro modo ancora di analizzare Halloween Kills, e richiede di parlare più o meno apertamente anche del finale: è l’approccio da fan, quello che considera il film di David Gordon Green non solo in quanto oggetto cinematografico a sé stante ma in quanto parte di un cineuniverso, con le sue regole, il suo canone più o meno incasinato e la sua mitologia.

La versione più breve di quello che stiamo per scrivere è che Halloween Kills mette in chiaro una volta per tutte e senza possibilità di equivoci la natura soprannaturale di Michael Myers. Avviene proprio sul finale, quando sembra che la rabbia della gente di Haddonfield abbia finalmente avuto la meglio sul tizio con la maschera di William Shatner, e Michael giace morto o morente sul selciato. È qui che DGG ricorre a un trucchetto bieco ma sorprendentemente efficace (il finale di Halloween Kills è la sua parte migliore, ma è anche una sequenza talmente estrema nelle sue scelte che potrebbe essere odiata da moltissima gente): un bel voiceover a effetto, montato sulle immagini di Michael Myers che si rialza e comincia a fare una strage, con Laurie Strode che ci spiega che suo fratello – che ormai non è ufficialmente più suo fratello: “è solo una roba che si era inventata la gente” spiega la nipote Allyson nel film – non è un uomo ma qualcosa di più, che con ogni omicidio diventa più forte, che esisterà per sempre, che non si può sconfiggerlo con le armi e la violenza ma ci vuole qualcosa di più.

Jamie

Se avete familiarità con la saga è qui che potreste dire “ma come! Non è vero che è la prima volta”. E in effetti sul finale del quinto capitolo, La vendetta di Michael Myers, Jamie Lloyd, figlia di Laurie Strode, dice che “Michael non morirà mai”; e nel sesto disastroso capitolo, La maledizione di Michael Myers, culti druidici e antiche maledizioni entrano a far parte della backstory di Myers, incasinando irrimediabilmente il canone al punto che l’Halloween del 2018 si comporta come se quei film (come se nessun film a parte i primi due) non fossero mai esistiti.

Il fatto che Halloween e Halloween Kills abbiano entrambi ricevuto la benedizione e visto il coinvolgimento diretto di John Carpenter, a differenza dei capitoli 4, 5 e 6, li rende quindi il nuovo canone: dimenticatevi i druidi, il momento in cui scopriamo che Michael Myers non è solo un uomo (in sostanza l’esatto opposto di quello che aveva provato a fare Rob Zombie con i suoi due Halloween) è il finale di Halloween Kills.

Karen

Questo significa che con ogni probabilità Halloween Ends riprenderà questo spunto e andrà, per l’ennesima volta, alle radici di Michael Myers. L’ultima volta che è successo ci siamo sciroppati interminabili sessioni di terapia tra il dottor Loomis di Malcolm MacDowell e un giovane Michael. Questa volta la promessa è di qualcosa di decisamente più fuori di testa – non crediamo che David Gordon Green si faccia prendere la mano al punto da trasformare Halloween Ends in un circo del soprannaturale, ma il finale di Halloween Kills ci dice che il terzo capitolo non sarà, non potrà essere, un altro film nel quale Michael Myers torna a uccidere e Laurie Strode lo ferma. Quale sia questa nuova direzione, questa nuova soluzione, lo scopriremo tra un anno, in un film che, a quanto pare, parlerà anche della pandemia.

Cosa potrà mai andare storto?

Continua a leggere su BadTaste