Halloween III – Il signore della notte è un esperimento fallito
Halloween III – Il signore della notte avrebbe dovuto trasformare il volto della serie, ma è riuscito solo a far tornare Michael Myers
Da anni il fandom di John Carpenter dibatte su una questione fondamentale relativa al suo franchise di maggior successo: qual è il miglior sequel di Halloween? Il signore della morte, che ricalcava con tale fedeltà le orme del primo capitolo da svolgersi pochi minuti dopo la sua fine? Oppure Halloween III – Il signore della notte, il non-sequel, il tentativo di Carpenter e Debra Hill di rivitalizzare una serie che vedevano già avviata verso la mediocrità e la coazione a ripetere sempre le stesse formule? Messa così sembra che stiamo già dando la nostra risposta, ma la situazione non è così semplice: pur essendo più carpenteriano del secondo capitolo, Halloween III – Il signore della notte è anche un film meno riuscito e sicuramente un horror meno efficace. Cosa conta di più dunque, l’intenzione o l’esecuzione?
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Come racconta l’espertissimo di horror John Kenneth Muir nel suo Horror Films of the 1980s, Halloween III – Il signore della notte avrebbe dovuto essere il primo di una serie di film antologici tutti ambientati durante la notte di Halloween, ma ciascuno con un cast diverso e una storia originale; una sorta di Ai confini della realtà dell’horror ma per il cinema, o una Masters of Horror con svariati anni di anticipo. La spiegazione è attribuita al regista del film, che come nel caso di Il signore della morte non è John Carpenter, che preferì limitarsi a un ruolo di supervisore e a scrivere le musiche, ma Tommy Lee Wallace – cioè il regista dell’arcinota miniserie dedicata a IT con Tim Curry nonché uno dei collaboratori più di lunga data di Carpenter, avendo cominciato come art director per Dark Star.
Wallace si ritrovò a dover riscrivere lo script originale di Nigel Kneale, un nome storico della fantascienza britannica la cui prima stesura si trovò a scontrarsi con le richieste del distributore Dino De Laurentiis, che in linea con lo spirito dell’epoca chiese di risistemare lo script aggiungendo più sangue e più tette. Kneale la prese malissimo e mollò il progetto, Wallace invece obbedì senza fiatare e rimise a posto il tutto aggiungendo quello che ci voleva per renderlo più vendibile agli occhi di De Laurentiis e ispirandosi alla più improbabile delle fonti per un film con Halloween nel titolo: L’invasione degli ultracorpi.
Non crediamo di rovinare alcuna sorpresa ma se non sapete nulla di Halloween III – Il signore della notte preparatevi perché stiamo per svelarvi un segreto di Pulcinella: non solo non c’è Michael Myers, ma non è neanche un film horror, non del tutto almeno. È più che altro un film di fantascienza, di quelli dove il secondo atto si conclude con un gigantesco colpo di scena che ti spinge a rivalutare quanto hai visto finora; ed è chiaramente scritto con più di un occhio ai classici della sci-fi anni Cinquanta, non solo al film di Don Siegel: i ritmi sono quelli rilassati di un’epoca che non aveva ancora conosciuto l’esplosione degli slasher, l’azione è sempre lenta e misurata e mai frenetica come negli horror anni Ottanta, persino i personaggi sono scritti con in mente certa suburbia americana postbellica più che gli Stati Uniti di Reagan.
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Vale lo stesso discorso per la coppia protagonista, e in realtà vale per il semplice fatto che esista una coppia protagonista: è completamente non necessaria ai fini della storia, e il film avrebbe funzionato uguale anche se il dottor Challis (Tom Atkins) ed Ellie Grimbridge (Stacey Nelkin) non avessero avuto una lunga sottotrama dedicata alla loro tresca – a dirla tutta avrebbe funzionato anche se ci fosse stato un protagonista singolo, che fosse il serioso ma fedifrago dottore o la giovane e pimpante figlia della prima vittima dei misteriosi assassini che costituiscono la quota horror di Halloween III – Il signore della notte.
“Assassini” plurale perché lo stacco con i primi due Halloween è così evidente che non solo non c’è più Michael Myers, ma non c’è neanche un suo successore ugualmente mascherato, sostituito da una serie di eleganti uomini grigi e inespressivi che ammazzano gente e potrebbero essere legati in qualche modo a un noto imprenditore di giocattoli. Per lunghi tratti Halloween III è un thriller a tinte noir, con tanto di coppia dottore/figlia della vittima che improvvisa una tresca a base di lingerie e docce bollenti e alla faccia della moglie di lui che lo aspetta a casa preoccupata. È un film che va in molte più direzioni di quelle in cui erano andati i primi due sommati, e purtroppo ne sbaglia la maggior parte.
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Il problema più grosso di Halloween III – Il signore della notte, che peraltro per certi versi ha echi carpenteriani (la critica al consumismo e al turbocapitalismo, l’idea delle maschere per nascondere il fatto che siamo burattini manovrati dall’alto) che rimandano ad altri suoi film e non solo ad Halloween del 1981, è che non riesce né a fare paura (e non vuole davvero farlo), né a inquietare e insinuare una sottile e strisciante sensazione di disagio in chi guarda. È al contrario piuttosto piatto, interessante sulla carta ma realizzato senza un briciolo di entusiasmo né particolari guizzi. È anche meno violento e splatter di quanto probabilmente sognasse De Laurentiis, e sicuramente meno del film che è venuto prima. E fu anche un mezzo flop (un quarto di flop), non perché sia andato in rosso ma perché incassò meno dei due precedenti e venne stracciato al box office da altri horror di quell’anno di caratura decisamente superiore (uno su tutti Poltergeist). I risultati deludenti convinsero la produzione che l’antologia non s’aveva da fare, e sei anni dopo Carpenter vendette tutti i diritti del franchise a Moustapha Akkad, e si chiamò fuori dalla saga di Michael Myers (salvo poi tornare come produttore per Halloween nel 2018).