Halloween II era inevitabile
Halloween II è la logica prosecuzione del discorso intrapreso con The Beginning: dopo il film sulla mente del killer, quello sulla mente della vittima
“Rob, prendi Michael Myers e facci quello che vuoi” (John Carpenter, 2006)
“Dannazione Rob che diamine hai fatto a Michael Myers ma allora non capisci proprio un ca**o” (John Carpenter, 2007)
La prima ve l’abbiamo già raccontata quando vi abbiamo parlato di Halloween – The Beginning. La seconda potrebbe non essere vera, ma è quello che si deduce leggendo le reazioni, anche tardive, del regista al primo film di Rob Zombie, ed è uno dei motivi per cui Halloween II è uscito com’è uscito. E cioè distante dal primo capitolo quanto La casa del diavolo lo era da La casa dei 1000 corpi, una sterzata netta che riesce però a essere contemporaneamente anche il sequel ideale di The Beginning e l’unica direzione possibile nella quale Zombie potesse spingere la saga senza rischiare di ricadere nella routine del sequel classico.
Come succedeva nel primo film, anche in Halloween II Zombie apre con un ritratto sociale che mette le basi per tutte le riflessioni psicanalitiche successive e che è dipinto con il solito pennarello grossissimo e fosforescente. Laurie Strode è sopravvissuta a Michael Myers, il quale potrebbe o non potrebbe essere morto; ora vive con l’amica Annie, la figlia dello sceriffo, e il trauma l’ha trasformata in una goth girl perennemente incazzata che tratta malissimo chiunque, dalla sua psicologa alla stessa Annie, le cui cicatrici ricordano a Laurie quanto successo in quella fatidica notte di Halloween.
È un setup immediatamente più interessante di quello di The Beginning: invece di spogliare di mistero una figura che fa paura proprio perché non sappiamo nulla di lui e delle sue motivazioni, Halloween II si concentra sulla sua vittima, sulla final girl, e prova a immaginare come possa essere la sua vita dopo essere sopravvissuta a un trauma di quella portata. Scout Taylor-Compton riprende il ruolo con tutto il gusto e la passione che aveva già dimostrato nel primo film e lo porta, nel corso delle successive due ore, a nuovi picchi: è lei la cosa più bella dell’intera operazione, e l’unica che può permettersi di paragonarsi al modello originale senza impallidire.
Halloween II, come dimostrato plasticamente dalla scena che vi abbiamo postato qui sopra, non si stacca in realtà del tutto dal modello carpenteriano. A partire dal fatto che comincia, come Il signore della morte, un istante dopo la fine del primo capitolo, e si apre con una scena in ospedale. Ma sono più omaggi da fan che questioni formali: dove nel film di Rosenthal Laurie passava gran parte del film sdraiata in ospedale come un angelo ferito, in quello di Zombie Laurie scappa dall’ospedale coperta di sangue e ferite – la scena stessa del suo arrivo in ospedale è infinitamente più splatter ed esagerata della sua corrispettiva datata 1981 –, e pian piano, di omicidio in omicidio, si avvicina sempre di più a (possiamo dirlo?) suo fratello, a capirlo, comprenderne le motivazioni e forse addirittura diventare come lui.
Zombie racconta tutto questo con la sua solita mano pesante ma questa volta pesantemente macchiata di psichedelia e di amore per il cinema della droga anni Sessanta/Settanta. Al tempo le sequenze oniriche a base di cavalli bianchi e Sheri Moon angelicata vennero criticate, derise e indicate come uno dei punti deboli del film; sono in realtà perfettamente in linea con l’estetica di Rob Zombie (Halloween II è un film molto più suo del precedente), e presagiscono alcuni suoi lavori successivi, Le streghe di Salem su tutti. Restano soluzioni visive esagerate e che si potrebbero persino definire pacchiane, ma in qualche modo danno al film una personalità che mancava al capitolo precedente.
Non tutto funziona, e Halloween II è soprattutto troppo lungo, principalmente a causa di una certa passione di Zombie per insistere su dettagli gore e stirarli fino al limite dell’umana sopportazione. Ma è un film con un’idea, poco carpenteriano e molto zombiano (zombiesco?), e che fa riflessioni ragionevolmente interessanti, buttando lì anche grandi questioni filosofiche (alle quali involontariamente risponde senza appello e senza possibilità di smentita pochi minuti dopo, ma gliela perdoniamo) in mezzo alla mattanza. Considerati tutti i presupposti poteva andare infinitamente peggio.