Guida ai primi 4 film di Xavier Dolan, adesso disponibili su Amazon Prime

Prima di Mommy e del successo internazionale c'erano questi 4 primi film di Xavier Dolan un concentrato di urgenza e temi unici

Critico e giornalista cinematografico


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Da poco si trovano su Amazon Prime Video J’ai Tué Ma Mère, Les Amour Imaginaires, Laurence Anyways e il desiderio di una donna... e Tom A La Ferme, i primi quattro film di Xavier Dolan. Considerato che in questo periodo la piattaforma ha esteso a due i suoi mesi gratuiti iniziali è un’occasione imperdibile per recuperare la parte più succosa della filmografia di uno degli autori meno convenzionali, più discussi e di certo meno comuni che ci siano mai stati.

Dolan abita il mondo del cinema fin da piccolo, è stato un bambino e poi ragazzo attore (curiosamente su Prime c’è anche Martyrs, un horror durissimo in cui compare all’inizio, aveva solo 19 anni e quello era il film più famoso cui avesse partecipato). Come molti a 20 anni ha girato un film in totale autonomia, una storia con pochi attori dalla messa in scena acerba. Come capita praticamente a nessuno questo suo esperimento era dotato di una forza tale che nonostante tutto, nonostante la precarietà della realizzazione e l’età incredibilmente bassa, è stato presentato alla Quinzaine Des Réalisateurs di Cannes.

Da quel momento in poi ha scritto e girato quasi un film l’anno almeno fino a Mommy, la sua consacrazione definitiva, presentato a Cannes ma stavolta nel concorso principale e premiato con il Premio Della Giuria da Jane Campion.

Questo quartetto di film è tutto quello che c’è stato prima dell’esplosione del suo talento, prima delle produzioni più ampie, degli attori più forti, dei videoclip di Adele, del successo mondiale e via dicendo. Sono 4 film di formazione tutti diversi l’uno dall’altro che parlano di una voglia di girare storie differenti e raccontare dinamiche nuove, particolari e misteriose. Trovate impressionanti se si pensa che vengono da una persona tra i 20 e i 25 anni. Sono in grado di coniugare un atteggiamento furioso e tempestoso nei confronti dei sentimenti, che è di grande appeal su un pubblico suo coetaneo, ad un rigore di messa in scena e una profondità di scrittura che non si vedono da anni nei nuovi autori. Soprattutto sono capaci da un certo punto in poi di avere anche un’idea precisa del rapporto che può esistere tra sentimenti individuali e tutto il mondo che sta fuori da noi, la società come la famiglia.

Nonostante il grande entusiasmo intorno a Dolan e nonostante sia forse l’unica personalità che, dopo Nicolas Winding Refn, sia riuscita ad allargare il pubblico del cinema da festival generando un fanatismo intorno alla figura dell’autore che mancava da tempo, non c’è uniformità di giudizio su di lui e anzi, proprio il suo stile furioso, molto melodrammatico e poco convenzionale, gli ha attirato grandi critiche. In molti lo ritengono un’infatuazione passeggera del pubblico e un abbaglio della critica.

Anche per questo è molto interessante rivedere questi 4 film decisivi.

Partiamo dal meno interessante.

Les Amour Imaginaires

Francis e Marie sono amici, lui è gay, lei è etero. Entrambi ad una festa puntano il medesimo ragazzo, Nicolas. Si creerà uno strano terzetto in cui Francis e Marie combattono con le loro armi per concupire Nicolas che pare attratto da entrambi. La loro amicizia sarà messa alla prova.
Questa storia di amori veri e immaginari (o immaginati), è molto più leggera della media dei film di Dolan, ed è anche un po’ più fuori fuoco. Come se si fosse cimentato con la commedia sofisticata, piegata alle sue esigenze uscendone con le ossa rotte e un film che non è né carne né pesce. E questo la dice lunga, perché una storia di amori che sembrano essere tali solo per alcuni personaggi ma lo stesso hanno i medesimi effetti devastanti delle storie vere è uno spunto potentissimo che in pochi sono in grado di partorire.

Laurence Anyways e il desiderio di una donna…

Con quei puntini di sospensione che non hanno mai fatto bene ad un titolo, Laurence Anyways è un film di transizione, nel senso che racconta di un uomo che decide di diventare donna e che in questo è assistito da amici e conoscenti ma anche ostacolato da diversi sentimenti contrastanti.
Il punto del film, come spesso in Dolan è il contrasto della pulsione individuale con il mondo esterno, il fatto che uomini, donne o semplicemente la società non accettano la potenza affettiva che tormenta i protagonisti. Laurence reprime il suo essere donna fino a che non gli provoca terribili dolori e la forza di Dolan è che questi dolori trovano uno sfogo in immagini. Non si sfogano in urla, in recitazione o in decisioni terribili di scrittura, si sfogano in inquadrature. Quando in un momento terribile di tensione Laurence, che di lavoro è insegnante, armeggia nervosamente con delle attaches, scopriremo assieme a lui che nel farlo inconsciamente se le è attaccate alle dita come fossero unghia finte. Tutto il suo corpo desidera diventare altro.

Tom A La Ferme

Questo film è stata una piccola svolta. Qui Dolan, un passo prima di Mommy, ha iniziato a sperimentare con i formati. Dal canonico 16:9 nei momenti di tensione si passa al letterboxed (la sua versione ancora più “orizzontale” con le bande nere sopra e sotto) per una storia indescrivibile.

Tom si reca alla fattoria in cui il suo compagno Guillaume è cresciuto e dove ancora risiede la sua famiglia, ci va perché Guillaume è morto. Lì si terrà il funerale e lui intende parlare. Tuttavia nessuno sa che Guillaume era gay e che Tom era il suo ragazzo. Non la prendono bene, specialmente il fratello maggiore Francis, che comincia a maltrattare Tom in un misto di odio e attrazione.

Tom A La Ferme è un piccolo inferno che rimette in scena il bullismo omofobo ma in una chiave particolarissima, utilizzando la differenza tra città e campagna ma ritornando sempre all’idea che esiste qualcuno là fuori che non accetta la tempesta di sentimenti interiori che proviamo. È vero per l’amore di Tom, osteggiato da tutti, ma ad un certo punto, nel turbine dei maltrattamenti, cominciamo a pensare che forse sia vero anche per Francis. Che forse quel fratello lo odiava e l’amava e che forse stare così vicino a Tom, pur nella violenza, è una maniera di sentire vivo Guillaume, ma di certo non può spiegarlo o mostrarlo agli altri.

J’ai Tué Ma Mère

Il film che andrebbe proiettato in tutte le scuole di cinema e in tutte le scuole di critica. Nelle prime serve per spiegare il concetto stesso di “urgenza”, quando è così importante raccontare qualcosa che quest’istanza travalica la tecnica e supera ogni limite (ma anche per mostrare come sia fatto un esordio vero, audace, forte anche se privo di mezzi). Nelle seconde serve per mostrare come al di là di tanti difetti e tanti problemi di ingenuità e budget ridotto dentro ad un film possa battere il cuore ultimo del cinema, ovvero la capacità di rappresentare i contrasti umani con immagini e suoni che arrivano là dove le parole non bastano più.

J’ai Tué Ma Mère non è particolarmente sofisticato ma ha una radice così vera e una capacità così evidente di raccontare lo stesso tema di Mommy, cioè la compresenza di un amore fortissimo e un odio fortissimo per una madre eccessiva, svampita, un po’ egoista ma poi anche affettuosa, che è come ricevere uno schiaffo in faccia. L’odio per i genitori è un tema tipico dell’adolescenza, come del resto anche le figure di genitori da amare lo sono, metterli insieme, nello stesso personaggio, creare dialoghi, situazioni e momenti che spingono questi sentimenti all’estremo ma riescono sempre a tenerli uniti, come se l’uno si alimentasse dell’altro (ti odio perché ti amo e ti amo odiandoti), sia per il figlio che per la madre, è un’impresa che farebbe impallidire qualsiasi esperto e navigato sceneggiatore ma diventa semplice se lo hai davvero provato e hai bisogno di tirarlo fuori ad ogni costo.

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