Guardare Vacanze di Natale 1983 nel 2020
Racconto istantaneo di un’epoca di benessere ancora rampante, Vacanze di Natale è soprattutto il racconto della rivendicazione della ricerca del piacere
Se Claudio Amendola negli stessi anni era il working class hero perfetto per i fratelli, quello che incarna la potenza vitale e sessuale popolana, Jerry Calà era l’asso, fuori da tutti gli schemi, non inquadrabile nelle categorie demografiche, un eroe della conquista senza pensieri, dell’ambizione che viene prima della razionalità, pieno di padri che gli sono nemici e figlie innamorate, di MILF concupite e mariti cornificati senza una regola ma solo con un repertorio di classici italiani da suonare. Ad ogni forma di impegno e di interesse in altro (interesse lavorativo, politico, intellettuale…) si contrappone questo personaggio che vince sempre solo in nome di una voglia di vita potentissima. Per tutti i decenni a venire i due fratelli racconteranno l’impossibilità di frenare i desideri sessuali, la lussuria e la voglia di possedere ed essere possedute. Mai con la caotica pregnanza che avevano dato a Jerry Calà.
Con grande idea di regia tutti i personaggi sono introdotto e descritti a partire dai beni di consumo, dalle marche, dagli abiti, dai brand e da ciò che possiedono. Sono questi dettagli in ogni immagine che prendono l’attenzione. Che macchina guida Mario Brega e invece quale orologio ha al polso Guido Nicheli, che scarpe ha Jerry Calà e che sci possiede Claudio Amendola. Quel presente che raccontavano era quello in cui ognuno desiderava che fossero i propri acquisti a descriverlo e raccontarlo. E il film stesso diventò popolarissimo anche grazie ad una colonna sonora non originale fatta di successi del momento poi molto sfruttata e commercializzata.
Ed è curioso che ad inizio anni ‘80 i Vanzina scegliessero la scoperta dell’omosessualità come miccia che fa cadere la maschera dei borghesi che solo pochi anni prima non lo erano. Christian De Sica, allora un bello con grandi storie e potenzialità da conquistatore, qui è già una maschera ridicola di provincialismo, mandato a studiare all’estero come dimostrazione di uno status raggiunto, torna con il trofeo (la fidanzata americana) ma in realtà è proprio alla permanenza all’estero che lui imputa il cambiamento “Voi m’avete fatto studià all’estero e che v’aspettavate?”.
È la parte più forte di tutto il film e di tutto il suo ritratto di quel presente, un’idea di scrittura che prende il volo dalla classica situazione di letto da commedia viennese, quella in cui qualcuno è sorpreso con un amante da qualcun altro. Le ambizioni degli arricchiti da tempo sono di continuare la scalata sociale arrivando anche al cosmopolitismo come i veri nobili, solo che sono ancora ancoratissimi alle piccolezze popolari e dopo aver mandato il figlio all’estero non accettano i modi internazionali e il distacco dalla tradizione (rappresentati dall’omosessualità in un modo molto antico, passato e demodé).
Contrariamente a qualsiasi altro film italiano (dell’epoca e non) Vacanze di Natale non incensa la famiglia popolare a discapito di quella borghese, attribuendo solo a loro i valori di sincerità, affetto e autenticità, ma le mette sullo stesso piano, entrambe affannate a rincorrere il nuovo status conquistato e dimostrarlo a tutti con foga.
Decenni dopo nessuna commedia più racconta questo, perché la società non è più questo, ci hanno provato ogni tanto gli stessi Vanzina (o il solo Enrico) ma sempre meno (Sotto il sole di Riccione non aveva grandi conflitti di classe). Vedendo oggi Vacanze di Natale rimane il racconto di altri anni in cui la fiducia nel futuro era grandissima e il benessere qualcosa di scontato che contaminava tutti a tutti i livelli. Il culmine di 20 anni di crescita che, cosa più interessante, era coinciso con 20 anni di liberazione dei costumi ed aveva portato ad un desiderio di piacere che in Italia ha preso la strada dell’esaltazione delle corna.
Le commedie più instant di oggi, quelle più legate al presente e che pretendono di raccontarlo (non sono tante), non solo non mettono in scena il benessere perché non è qualcosa che il pubblico ritrova nella sua vita, ma mettono in scena sempre meno anche il desiderio di vivere il piacere come un’esigenza da rivendicare invece che come una colpa. La lussuria di Jerry Calà, il brutto ma simpatico che conquista le donne perché le brama troppo, perché le fa ridere e perché le soddisfa, è totalmente sconosciuta a qualsiasi film contemporaneo. Non solo non ci sono quei personaggi ma sembra d’altri tempi proprio quell’atteggiamento nei confronti della vita.