Golden Globes: vincono tutti

Come sempre, i Golden Globes non scontentano quasi nessuno. Dreamgirls, Babel, The Departed, The Queen, Clint Eastwood, Meryl Streep e Forest Whitaker possono essere soddisfatti. Ma sono risultati importanti per gli Oscar? Probabilmente no…

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Curioso. Così come gli Oscar l’anno scorso, anche questa edizione dei Golden Globes è andata avanti come previsto fino alla fine, per stupirci solo con l’ultimo premio. Ma non si tratta, in realtà, di una sorpresa dello stesso livello. Babel aveva il maggior numero di nomination e fino a quel momento faceva segnare un triste 0 su 6. C’è da dire che gli 88 membri dell’associazione della stampa estera (numero incredibilmente basso, anche perché molti di loro sono degli sconosciuti, che provengono da Paesi con tradizioni cinematografiche inesistenti come Estonia, Bulgaria ed Emirati Arabi Uniti) ovviamente avranno amato un film girato in quattro nazioni e parlato in giapponese, marocchino e spagnolo. Qualcuno penserà che Martin Scorsese abbia perso ancora una volta, ma non è proprio così. Il fatto di aver conquistato il premio come miglior regista è importante, anche perché con Aviator (che si era aggiudicato il riconoscimento per il miglior film) non ce l’aveva fatta. Proprio la vittoria per quella pellicola (francamente mediocre) solo due anni fa, potrebbe essere stata il motivo per cui non ha avuto successo in questa occasione.

Ma i Golden Globes vanno veramente letti come indicatori agli Oscar? Francamente, non credo. Sostanzialmente, hanno premiato le tre pellicole più forti al momento (The Departed, Babel, Dreamgirls), lasciando fuori soltanto Little Miss Sunshine (che probabilmente otterrà qualche candidatura in più per gli interpreti, e magari la statuetta per la miglior sceneggiatura originale, agli Academy Awards). Poi, hanno riconosciuto il lavoro di attori come Helen Mirren, Forest Whitaker, Jennifer Hudson ed Eddie Murphy, ossia proprio quegli artisti che da mesi sono gli strafavoriti all’Oscar, anche considerando che hanno vinto praticamente tutto il possibile. E cosa ci hanno detto di nuovo? Praticamente nulla. Dovremmo considerare Cars il favorito all’Oscar per l’animazione, visto che si è aggiudicato il Golden Globe? Non credo, anche perché il fatto che si trattasse della prima occasione in cui veniva assegnato, mi fa pensare che sia più un premio alla Pixar per il lavoro di questi anni, che un riconoscimento al singolo film. Insomma, Happy Feet (che peraltro ha vinto il premio per la miglior canzone) resta a mio avviso il titolo da battere. The Queen favorito per la sceneggiatura agli Academy Awards, dopo il successo di stanotte? Non sono convinto, perché questo significherebbe quasi sicuramente lasciare a mani vuote un film come Little Miss Sunshine, che otterrà almeno 4-5 candidature, tra cui probabilmente quella per miglior film. E allora, forse i Golden Globes possono aiutare la colonna sonora di The Painted Veil, ma poco altro. La cosa migliore, quindi, è considerarli per quello che sono: un premio prestigioso (anche se assegnato da un gruppo fin troppo ristretto) e che dà vita solitamente ad una serata frizzante.

Dico solitamente, perché quest’anno non è che sia stata proprio memorabile e non mi riferisco ai pessimi gusti televisivi dell’associazione (Grey’s Anatomy che batte 24??? Ma siamo impazziti?). Se Alejandro Gonzalez Inarritu ha offerto la battuta migliore (“I miei documenti sono in regola”, ha detto al Governatore della California che lo premiava) e ovviamente Sacha Baron Cohen ha fornito il discorso più memorabile (realativo alla scena più sconvolgente di Borat, che quindi non sveliamo), per il resto molta noia e diversi momenti da dimenticare.
Intanto, c’è stata una delle peggiori gaffe che abbia mai sentito ad una cerimonia di questo genere, quando il presidente dell’associazione della stampa estera ha fatto un paragone allucinante (anche se involontario) tra Norma Desmond (il personaggio di Viale del tramonto) e alcuni artisti veterani come Jack Nicholson, Meryl Streep e Clint Eastwood (che, una volta premiato, non ha mancato di far notare la cosa). Le facce perplesse degli attori in questione e le risate sempre più forti del pubblico hanno fatto capire allo sventurato che avrebbe fatto meglio a tacere. Non vorrei essere nei panni di chi ha scritto quel discorso: magari, se è fortunato, è già stato licenziato.

Inoltre, i discorsi sono stati più penosi del solito. Alcuni si sono semplicemente limitati a dire la consueta serie di banalità, come America Ferrara, la protagonista della versione americana di Betty la cozza, che ha dedicato il premio a tutte le ragazze dotate di una bellezza interna (facile da dire, quando vinci un Golden Globe e sei tutt’altro che una cozza nella realtà). Jennifer Hudson (presa in giro anche da Eastwood successivamente) sembrava ancora rimasta nel personaggio, tanto era triste e piagnona. Per chi se lo chiedesse, la Florence Ballard a cui si riferiva era la cantante delle Supremes soppiantata da Diana Ross e morta in miseria a trentatré anni, che ha ispirato il suo personaggio (alla faccia degli autori del romanzo e del musical, che negano questo rapporto da decenni).
Per una volta, l’ipocrisia di alcuni attori è stata chiaramente evidente. E’ bello che Meryl Streep ricordi alcuni piccoli film del 2006 che sono usciti in poche sale, ma se per farlo ha bisogno di un elenco scritto, forse non ci crede molto (e magari non li ha visti neanche lei). E che dire di Forest Whitaker, che ovviamente inizia dicendo che è un grande onore essere in compagnia di attori così bravi, come “Leonardo DiCaprio, Will Smith e…” (segue pausa infinita, interrotta fortunatamente da un misericordioso suggeritore, che ha citato Peter O’Toole). E Helen Mirren, durante il discorso per il premio come attrice televisiva, aveva veramente bisogno di un foglietto per ricordarsi quelle banalità?

Ma il momento peggiore è stato sicuramente il premio alla carriera a Warren Beatty. Personalmente, avevo già delle perplessità nel conferire un riconoscimento del genere a chi era già stato onorato 3 volte dall’associazione della stampa estera. Ma bloccare la scena per venti minuti (o forse più), con Tom Hanks simpatico ma interminabile e un montaggio infinito dei suoi film precedenti (i professionisti che lavorano alla cerimonia degli Academy Awards sono molto più bravi) per poi arrivare ad un discorso non sconvolgente) del premiato, non è proprio il massimo.

Insomma, non mi aspettavo che i Golden Globes mi dicessero nulla di importante e sostanzialmente così è stato. Il vero indicatore per la corsa all’Oscar, ormai, saranno soprattutto i Directors Guild Awards. Se, come molto probabile, Scorsese si aggiudicherà quel riconoscimento (che non ha mai vinto, nonostante sei precedenti cadidature) allora l’Oscar alla regia sarà pressoché una formalità. E diventerà così il favorito (anche se non nettamente) per il miglior film…

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