Godzilla e Kong: il nuovo impero è un corso intensivo per amare di nuovo l’esagerazione

Godzilla e Kong: il nuovo impero è un grande omaggio alla fantasia infantile che ci siamo lasciati alle spalle ma che è parte di noi

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L’articolo contiene spoiler sulle botte di Godzilla e Kong: il nuovo impero. Leggete con cautela.

Alla fine ce l’ha fatta Adam Wingard. È riuscito a ottenere quello che con il più equilibrato Godzilla vs. Kong aveva solo sfiorato: un film generato interamente dalla mente di un bambino che gioca in camera sua lasciando andare la fantasia che è anche sfogo dalle frustrazioni della giornata. Botte da orbi, insomma. Dentro Godzilla e Kong: il nuovo impero c’è tutto questo. Kaiju che cavalcano altri kaiju portandone sulle spalle altri, ci sono palazzi lanciati di qua e di là come se fossero mattoncini di un giocattolo componibile trovato a portata di mano. Cinema da action figure. Persino gli umani sembrano di plastica e, per fortuna, sono relegati a un mero strumento di trama. 

Con i mostri grossi non può esserci compromesso. O si va nella qualità intellettuale di Godzilla: Minus One, o ci si butta tutto dall’altro lato: nell’esagerazione che solo il cinema può dare. 

Godzilla e Kong: il nuovo impero è il d’essai dei film ignoranti

Occorre che la premessa necessaria diventi anche una captatio benevolentiae. So bene che un blockbuster di questo tipo, dalla trama risicata e insensata, visivamente più vicino all'animazione che al live action, è improponibile per qualsiasi analisi di spessore. Però la mia formazione cinefila dice il contrario, me ne assumo la colpa. È avvenuta quando avevo pochi anni e poche visioni alle spalle, grazie ai film Pixar, ai Jurassic Park e alle meraviglie di Peter Jackson con Il signore degli anelli. Opere sublimi che dicevano tante cose che Godzilla e Kong non dice. Però al contempo affermavano una cosa che si ritrova anche in questo assurdo e coloratissimo kolossal: tutto ciò che può essere pensato, il cinema troverà un modo di filmarlo. È il suo dovere.

So che non tutti riusciranno a vederla in questo modo, ci sta. Eppure quella dell’esagerazione senza freni, del mondo all’interno della terra che contiene un altro mondo, del grosso che viene superato dal più grosso che viene ucciso dal gigantesco è una scelta stilistica ben precisa e difficilissima da ottenere. Immaginatevi di essere un regista che propone una striminzita sceneggiatura allo studio. Dentro c’è una sequenza che chiede di impegnare una decina di milioni di dollari (cifra con cui in Italia facciamo due film). Si chiama: “Kong esce da un portale e si fa asportare un dente malato”. 

Wingard ha scelto volutamente il modo più costoso, grottesco e indelicato per dirci una cosa che servirà nella trama: lo scimmione è invecchiato. Per lo più lo studio gli ha letto questa scena insensata e gli ha detto di sì! Se non è libertà creativa questa…

Tra iperviolenza e cinema muto

Godzilla e Kong: il nuovo impero è un film violentissimo. Solo che non ve ne accorgete. È la stessa cosa che succede con i Transformers. Sullo schermo si vedono delle uccisioni spaventose, solo che l’occhio adulto vede dei poligoni di computer grafica che se le danno di santa ragione. Non ci si impressiona. Nella fantasia di un bambino invece quello che si vede è pazzesco: Kong prende un nemico e lo spezza in due con le mani bagnandosi con il suo sangue. Decapita e mangia un mostro marino. Congela e spezza il proprio nemico, mentre è ancora vivo e pienamente consapevole di quello che gli sta per accadere. 

Per godersi il Suplex fatto da un mostro all’altro nei pressi delle piramidi, bisogna “risvegliare il fanciullino” (scusate) spento dalle troppe storie di fantasia controllata, irrigidita e calibrata al millimetro. In questo frame mentale, lo ripeto, non per tutti - ma chi non riesce ad entrarci non sa cosa si perde - il momento più sublime è quello di Kong che, senza preavviso, prende il tenerissimo Baby-Kong e lo usa come arma per menare i cattivi

Dov’è il buon gusto? Dov’è il senso del limite? Non ci sono. È questo il proposito esplicito sin dall’inizio che viene perseguito dal film con una coerenza da applausi. Come sempre la parte peggiore si chiama trama, qui più che mai superflua, e gli attori troppo qualificati per le battute che devono dire. Servono a intessere legami tra una scena con i mostri e l’altra. Riusciremo mai a farne a meno?

Quando Godzilla e Kong: il nuovo impero diventa praticamente un film di animazione muto, ne nasce un qualcosa di totalmente cinematografico. In sceneggiatura l'intero terzo atto avrà sì e no due o tre pagine di dialogo. Il resto sono versi (ma quanto sono importanti i suoni in questi film!) e rapporti di forza fisica. Adam Wingard ha una capacità notevole nel fare in modo che tutto il dramma che intercorre tra i kaiju venga espresso solo ed esclusivamente attraverso il corpo. Nemmeno con le espressioni del volto, Godzilla è piuttosto rigido nel muso nonostante abbia anche un primo piano alla Sergio Leone. Quando Kong sta per essere attaccato mette avanti le mani e sostituisce la battuta cliché “ehi amico, aspetta un attimo” in un modo esilarante che solo i mostri grossi possono regalare. C'è un mondo in un pugno.

La terra cava è la cameretta del regista

La terra cava è una grande idea del precedente film. Permette di entrare in un universo di possibilità e mostri infiniti. La manipolazione della gravità dà pure una buona varietà alle scene d’azione. Per due terzi di Godzilla e Kong: il nuovo impero viene da pensare che Wingard abbia ambientato quasi tutto lì per evitare il problema della conta dei morti causata dai combattimenti. Ma questo è un film girato per riprodurre le avventure nella fantasia di un bambino di sei anni, non una riflessione adulta sulla violenza. Perciò ecco per il gran finale un portale verso le spiagge di Rio de Janeiro, devastate senza pietà. Il problema delle conseguenze, era stato già affrontato dai precedenti film americani senza grande successo (meglio il risultato di Shin Godzilla). Possiamo mettercelo alle spalle, è un patto con lo spettatore.

Non si può valutare il periodo Shōwa di Godzilla sulla base di quanto compiace il pensiero adulto, ma per quanto riesce a essere un divertimento infantile veramente libero. Il nuovo impero lo è moltissimo. Godzilla e Kong è un film pensato per consumare popcorn. Però è anche un’esperienza di cinema puro perché per essere goduto richiede due elementi che solo la sala può dare. Prima di tutto serve uno schermo enorme. Non ha senso vedere i titani su uno schermo più piccolo dello spettatore! Soprattutto però è una festa che va celebrata insieme ad altre persone.

Ma cosa c’è da celebrare in un film inguardabile come questo? Dirà qualcuno. La fantasia. L’affermazione di un cinema che sa farsi pura immagine, dove si entra per sperimentare l’irrazionalità di questi sogni che da adulti facciamo ancora ma ci vergognano di raccontare alla mattina. È la dimostrazione della vitalità di un genere, quello dei mostri grossi, che sa fare di tutto. Godzilla è un dottor Stranamore al contrario. Con qualche suo film è stato in grado di farci temere la bomba. Ora ha fatto un corso intensivo per imparare a non preoccuparci e amare l’esagerazione.

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