Gli Artigiani del Fumetto: Dwayne McDuffie, precursore della diversificazione
Fabio Volino vi parla di Dwayne McDuffie, scrittore di Fantastic Four e fondatore della Milestone
Un tema caro a uno sceneggiatore purtroppo scomparso alcuni anni fa e che, utilizzando il medium fumettistico, ha concentrato i suoi sforzi come scrittore anche per sottolineare le tensioni e le disparità presenti in una società multiculturale come quella statunitense. Il suo nome è Dwayne McDuffie.
GLI ARTIGIANI DEL FUMETTO
Dwayne Glenn McDuffie nasce a Detroit nel 1962. Da piccolo sogna di diventare un astronauta, dopo essersi appassionato alla biografia di Jim Lowell (interpretato da Tom Hanks nel film Apollo 13) e riesce a entrare al college all’età di appena dodici anni; dopo essersi laureato e aver conseguito un master in Fisica, manda dunque una richiesta ufficiale alla NASA, ma viene scartato per via della sua altezza ritenuta eccessiva: quasi due metri.
Alla Marvel, dopo essersi occupato di alcuni progetti speciali, fill-in o albi singoli, lo scrittore riesce infine a farsi notare nel 1989 grazie alla miniserie a sfondo umoristico Damage Control, incentrata su una compagnia il cui scopo è quello di ripulire le macerie causate dalle battaglie tra super eroi e super criminali. Questa singolare idea ha un insperato successo e ad essa fanno seguito nei due anni successivi altre due miniserie.
Finito sotto i riflettori, a McDuffie viene commissionato nel 1990 il rilancio di un personaggio degli anni ’70, Deathlok, sempre tramite una miniserie, a cui dona una nuova identità e un nuovo scenario, ambientato nel presente e non in un futuro distopico. Per potersi dedicare a tempo pieno alla sceneggiatura, lo scrittore abbandona nel 1990 l’incarico di editor per diventare un freelancer al servizio sia della Marvel che della DC Comics.
McDuffie, tuttavia, ha in mente un grande progetto che condivide con alcuni suoi colleghi quali Christopher Priest e Denys Cowan. Lo sceneggiatore è convinto che non ci sia, all’interno dei fumetti mainstream, una sufficiente multiculturalità (cosa che in seguito diverrà addirittura di moda), cosicché ogni personaggio appartenente a una minoranza viene rappresentato come epitome di quella minoranza e non come un personaggio con differenti sfaccettature.
McDuffie scrive dunque una sorta di “bibbia” per un nuovo universo narrativo supereroistico interconnesso e composto principalmente da appartenenti a minoranze quali afroamericani o latinoamericani; non avendo un proprio canale distributivo per le fumetterie e i negozi, lo sceneggiatore stringe un accordo con la DC Comics: il copyright e il licensing rimangono in capo ai creatori dei personaggi, mentre la DC Comics ha diritto di veto su eventuali storyline a lei non gradite – ma non lo userà mai – in cambio di una percentuale sui profitti.
La nascita di questa nuova realtà editoriale, la Milestone Comics, giunge peraltro in un periodo abbastanza turbolento per McDuffie, il quale nel 1991 divorzia da sua moglie; inoltre, nel 1992, Christopher Priest, il quale avrebbe dovuto essere l’Editor-In-Chief della Milestone, decide di ritirarsi dal progetto e McDuffie ne prende il posto.
Nel 1993 esordiscono i primi titoli della Milestone, tra i quali si ricordano Static e Icon, e i primi, correlati articoli di merchandising. Sfortunatamente, questa casa editrice fa il suo debutto in un periodo decisamente turbolento per il mercato fumettistico americano e, dopo un primo anno di discrete vendite, già dal 1994 si assiste a un drastico calo. Oltre a un prezzo di copertina più alto rispetto ad altre concorrenti, le fumetterie percepiscono i titoli della Milestone come fumetti rivolti in primo luogo a un pubblico di afroamericani e dunque non fanno attività di promozione.
Due anni dopo, molti titoli della Milestone concludono la loro corsa e, nel 1997, le restanti serie chiudono in via definitiva i battenti, lasciando alcune trame in sospeso.
Tuttavia, la Milestone ha ancora alcune frecce al proprio arco, grazie a un mercato più florido di quello fumettistico dell’epoca: la Televisione. Il personaggio di Static, infatti, viene opzionato dalla divisione animazione della Warner Bros. e diventa protagonista, a partire dal 2000, di una serie televisiva, Static Shock, trasmessa su Kids’ WB.
McDuffie, pur scrivendone alcune sceneggiature, non viene coinvolto in via diretta nel processo creativo della serie animata e deve dunque accettare alcuni cambiamenti imposti al personaggio e al suo background perché risulti appetibile a un pubblico pre-adolescenziale.
Quest’esperienza apre tuttavia allo scrittore le porte del mondo della Televisione, permettendogli di sceneggiare dal 2001 in poi svariati episodi di due serie animate dedicate alla Justice League, occuparsi del rilancio del personaggio di Ben 10 e scrivere le storie per alcuni lungometraggi animati incentrati sugli eroi della DC Comics.
Questo gli permette di tornare a sceneggiare fumetti, a partire dalla miniserie Marvel del 2006 Beyond! e proseguendo con una breve run di Fantastic Four. Dopodiché scrive lunghi cicli di Firestorm e Justice League per la DC Comics. Quest’esperienza si chiude in modo brusco poco dopo la metà del 2009, quando McDuffie, a seguito di una intervista in cui si lamentava – seppur in maniera educata – dei continui cambi di direzioni alle testate impostigli dall’alto, viene licenziato in tronco.
Sempre nel 2009, McDuffie sposa la sua seconda moglie, Charlotte Fullerton, una sceneggiatrice televisiva da lui conosciuta mentre lavorava alle serie animate DC Comics.
Nel 2010, McDuffie sceneggia la sua ultima storia a fumetti, Milestone Forever, durante la quale gli eroi della casa editrice da lui fondata vengono proiettati nel DC Universe.
Nel febbraio 2011, Dwayne McDuffie viene sottoposto a un intervento chirurgico d’urgenza dovuto a problemi di natura cardiaca. Purtroppo, le complicazioni successive all’intervento portano alla sua improvvisa morte il 21 febbraio, all’età di 49 anni. Due lungometraggi animati da lui sceneggiati poco tempo prima, All-Star Superman e Justice League: Doom, escono postumi e vengono dedicati alla sua memoria.
McDuffie ha sempre cercato di tratteggiare ogni personaggio che sceneggiava come una persona in cui ognuno potesse rispecchiarsi, perché, come dichiarato da lui nel 1993, “C’è qualcosa di molto potente nel sentirsi rappresentati”.