Gli anni più belli: il film di Muccino ha cambiato il suo significato prima e durante la pandemia

Ricordiamo i giorni dell'arrivo in sala de Gli anni più belli, per molti l'ultimo film visto al cinema prima della pandemia

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Gli anni più belli, diretto da Gabriele Muccino, va in onda stasera in prima tv su Rai 1 alle 21.25

Da qualche parte nelle pieghe del multiverso c’è una dimensione in cui il 2020 è stato un banale anno liscio come l’olio, in cui nessuna pandemia ha sconvolto la percezione dell’esistenza. 12 mesi di meme, polemiche online, eventi mondani e dei soliti tafferugli politici. Qui il cinema ha vissuto un secondo anno, dopo un ottimo 2019, molto incoraggiante come numeri. Ha goduto della scia lunga di successi tra cui Tolo Tolo, l’inaspettato Parasite tornato con forza in sala fresco di Oscar e uno dei film più belli del “trio” da molti anni a questa parte: Odio l’estate. In mezzo a questa annata partita con il botto c’è anche Gli anni più belli

Il film di Gabriele Muccino è diventato un fenomeno generazionale. Un teen drama per gente che teen non è più. Un viaggio nostalgico nei tempi che furono e nel presente dell’età matura che ha conquistato il pubblico diventando “la cosa di cui si parla”. Si è garantito così una corsa lunghissima in termini di tenitura su grandi schermi dello stivale. Gli anni più belli è riuscito a vivere grazie al passaparola delle persone, al dibattito che si è generato intorno alla storia dei quattro amici: Gemma, Giulio, Paolo e Riccardo, in cui ci siamo rivisti.

Sanremo, poi, lo aveva aiutato ad arrivare anche a chi raramente va al cinema. Quel momento con il cast completo sul palco dell’Ariston, a cantare la colonna sonora e poi a mostrare le clip del film nelle varie trasmissioni ha ripagato. Sapeva di grande promozione, quella che si fa per i film in cui si crede tantissimo, quelli che segnano una stagione. Ha innescato un effetto domino mediatico tramutatosi in una campagna magistrale che ha po dato nuova vita e un nuovo coraggio per emergere ai film italiani.

Come è andata in realtà.

Purtroppo però noi siamo dalla parte sbagliata del multiverso e le cose non sono andate proprio così. Oggi Gli anni più belli arriva in televisione per la prima volta in chiaro su Rai 1 a poco più di due anni dalla sua uscita in sala. È una celebrazione dolceamara. Non per il risultato economico, che fu comunque ottimo tutto considerato, ma perché fu l’ultima occasione di vedere la sala piena senza distanziamento e mascherine. Per molti Gli anni più belli è tuttora l’ultimo ricordo del cinema in sala.

https://twitter.com/GabrieleMuccino/status/1495719564910501892

Come ogni film di Gabriele Muccino divise in due il pubblico, ma non fece in tempo ad allargare questa discussione. Il suo potenziale espresso nelle prime settimane fu tagliato in due dalla contingenza. Il 23 febbraio chiusero i cinema della Lombardia, seguirono poco dopo quelli del nord, il 9 marzo arrivò il lockdown nazionale. Il film subì così un taglio netto degli incassi mantenendo sempre la testa della classifica mentre pian piano si spegnevano i risultati economici del settore insieme alle luci sugli schermi. 

Quando poi le sale hanno dovuto fare i conti con la possibilità di riaprire, timidamente, con tutte le cautele possibili, hanno provato a riproporre i titoli che avevano in calendario prima dello stop. La ripartenza (mai veramente finita, o forse mai veramente iniziata) è corrisposta a una lunga estate di fatiche. E a sorpresa Gli anni più belli, tornato sul grande schermo il il 15 luglio 2020, ha continuato il suo viaggio nelle arene estive. Nonostante i mesi trascorsi c’era ancora voglia di vederlo. Ma questa volta il film funzionava per ragioni completamente diverse rispetto al pre pandemia. La storia è la stessa, le emozioni cambiano.

Gli anni più belli... sono cambiati nel tempo

Perché quello di Gabriele Muccino è un film a cui è stato messo un nuovo vestito che non si aspettava e che gli veste molto bene. Perché, prima che il mondo cambiasse, era un omaggio a C’eravamo tanto amati di Ettore Scola. Un film sulla nostalgia intriso di citazioni e di “Tempi delle mele” tutti italiani. Copre un arco di 40 anni, per quattro vite. Amici che si sono promessi il mondo e poi si sono traditi, hanno perso questi sogni, un po’ per volontà un po’ per destino. La storia personale che si intreccia con quella nazionale non si tramuta in un poema collettivo della coscienza di classe. Il discorso è più sottile, e per questo a volte fastidioso e contestabile: perché attraverso le promesse non mantenute, i sentimenti traditi ancora più dei sogni lasciati nel cassetto, esprime una ricerca spasmodica di stabilità.

Che cos’è la bellezza a cui attaccarsi? Dove la si può trovare quando tanti anni sono passati davanti ai corpi e ai volti? Cosa ne è della filosofia dell’esistere ormai scolorita, non più fatta di estremi, ma di dilemmi?

Qui rinasce Gli anni più belli. Qui ritrova degli spettatori nuovi, non più alla ricerca di ricordi a cui aggrapparsi, ma di una nuova ragione per esser presenti. Fuori dalle case, dentro la vita. In quel momento lo stile funambolico, i drammi gridati fino a stonare, le gambe che si inseguono e i pensieri che ruotano intorno senza mai toccarsi, è stato uno shock cinematografico importante. È questa la caratteristica che ha riaccompagnato il film nella sua seconda vita.

Una storia privata di una nazione

L’eccesso di sentimentalismo, prima percepito con stridore, è diventato in quell’estate una scorpacciata di adrenalina emotiva in risposta all’apatia. Gli anni più belli è sembrato un’opera di reazione, come se fosse stato girato dopo mesi in cui, anestetizzati dalle notizie e dalle luci artificiali, abbiamo navigato a vista senza più certezze. Che, guarda caso, sono proprio quelle che cercano i protagonisti.

E questa voglia di scuotere per far tornare la sensibilità a chi è intorpidito di fronte allo schermo, per quanto accidentale, è simmetricamente coerente con quanto sta facendo Gabriele Muccino in questa sua fase della carriera. Ovvero provare nuove vie (la serie tv A casa tutti bene) e soprattutto smuovere le acque. Le indelicate polemiche per i premi mancati, i tweet e i commenti senza peli sulla lingua, sono quelli cantati da Franco Battiato: “segnali di vita nei cortili e nelle case all’imbrunire”. Tornare ad appassionarsi, a combattere per qualcosa. 

Per questo riguardare Gli anni più belli porta con sé un’emozione non sempre direttamente legata a quello che c’è al suo interno. Quel senso di libertà dei ragazzi che con una macchina arrugginita si sentivano i re del mondo è la nostalgia. La ricerca di una costante nella vita, di un qualcosa che possa ridefinire il concetto di “per sempre”, ha presso il sopravvento. Mentre cambiavamo noi cambiavano anche i personaggi e il film stesso. Prima sembrava il poema di vite sgretolate, oggi è il canto di cosa significhi restare saldi, anche quando tutto intorno si stravolge.

Guarderete Gli anni più belli questa sera? Vi ricordiamo che potete trovare tutte le informazioni sul film nella nostra scheda.

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