Gli anni più belli, di Gabriele Muccino | Bad Movie
Il Bad movie della settimana è Gli Anni Più Belli di Gabriele Muccino, remake non dichiarato di C'eravamo tanto amati di Ettore Scola con Favino, Santamaria, Rossi Stuart e Ramazzotti
Gli anni più belli, l'analisi del film di Gabriele Muccino
C'eravamo tanto desiderati
Scola
Muccino
Giulio Ristuccia (Piefrancesco Favino), Riccardo Morozzi (Claudio Santamaria), Paolo Incoronato (Kim Rossi Stuart) e Gemma (stavolta è la donna a non avere un cognome costantemente presente nelle battute). Giulio è un avvocato degli ultimi passato a difendere un ex Ministro della Sanità ("Questo qua ha ammazzato più gente del kgb") nel 1994, Riccardo è un giornalista cinematografico senza una lira negli anni in cui il mestiere comincia a crollare economicamente anche se a differenza di Nicola lui può firmare i pezzi ("Ho venduto a Primissima l'intervista a Carlo Verdone"), Paolo lotta per diventare professore di ruolo di italiano al liceo alla ricerca dello sguardo attento dei suoi studenti e Gemma arriva in biglietteria al Teatro dell'Opera (dove entra un uccellino come segno premonitore del ritorno di fiamma tra lei e Paolo visto l'amore di lui, da giovane, per i volatili). La storia si svolge dal 1982 ("Nel 1982 avevo 16 anni" inizia a raccontare il personaggio di Giulio da un capodanno dei nostri giorni) fino al presente coprendo addirittura un arco temporale superiore a Scola, di circa 40 anni. Assisteremo alla storia dell'amicizia, amori, litigate e tradimenti tra Giulio, Riccardo, Paolo e Gemma con passaggio da attori giovani (Centorame, De Buono, Pittorino, Noce) alle quattro star mature Favino, Santamaria, Rossui Stuart, Ramazzotti con tre ingredienti essenziali al centro della ricetta: melodramma, autobiografia (Muccino nel 1982 aveva 15 anni) e famiglie. Lo struggimento sentimentale la fa sempre da padrone sulla comicità (vedere per credere il pathos dalle parti dell'attacco di panico della scena in cui Giulio comunica a Paolo il suo amore per Gemma rispetto all'ironia con cui Scola declina il momento in cui Gianni e Luciana vanno a dire ad Antonio che "si vogliono bene"). Le litigate sono più sul tradimento sentimentale che non ideologico. A differenza di Scola c'è un pullulare di genitori, figli e parenti attorno ai quattro protagonisti che rendono il film molto più corale, con costanti attacchi alla condizione soprattutto economica dei tre maschi tra mogli e genitori a volte animati da violenta spietatezza ("De che cazzo campi a morto de fame?" il padre meccanico a Giulio). Si urla, si corre, si bacia con più impeto. L'autobiografismo è l'azzardo che proponiamo come chiave di lettura principale. Ci sembra che Muccino abbia voluto riflettere, superati i 50 anni e tornato dal suo avventuroso viaggio hollywoodiano, su se stesso mettendo qualcosa di sé dentro Giulio (l'ambizione a tratti spasmodica), Riccardo (la difficoltà di mantenere un rapporto con i figli dopo lancinanti separazioni) e Paolo (la costanza e concentrazione sul lavoro contro tutte le disavventure esistenziali). Gemma di Ramazzotti rispetto a Luciana di Sandrelli è molto più delineata, meno passiva e assai più amata da copione e regia con tante scene dedicate alle sue burrascose esperienze e traumi personali che la caratterizzano a livello psicologico ben più di quella anonima friuliana di Scola. Splendido finale in cui Muccino vuole e ottiene una riconciliazione tra i quattro anche grazie all'aiuto delle rispettive famiglie (che bella la scena in cui Giulio porta la figlia Sveva nella casa della sua infanzia povera come fase di un'autoanalisi che gli rende più chiare alcune tappe del suo percorso). Arriviamo così a un'inquadratura conclusiva in cui il ruolo di Gemma dentro il gruppo è enfatizzato dalla sua posizione in primo piano, con sguardo pensieroso ma potente nei confronti del mistero della vita che verrà. Lei è in primo piano davanti ai nostri occhi, il suo innamorato Paolo in fondo e, tra loro due, il figliol prodigo Giulio e lo spensierato Riccardo. Il blocco è roccioso tanto che ricorda il complesso scultoreo del Monte Rushmore. Un epilogo, a differenza di Scola, più conciliatorio in cui ex amici ed ex amanti si sono ritrovati a un capodanno di oggi meno furenti, più saggi e capaci di perdonarsi.
Conclusioni
Noi appassionati di cinema potremmo passare ore e ore ad analizzare C'eravamo tanto amati e Gli anni più belli. Sul fronte politico è geniale ciò che fanno Muccino e Costella in sceneggiatura. Mentre Scola vedeva l'ideologia come qualcosa di così importante, sacro e impraticabile a livello ufficiale se non avevi fatto formazione dentro i partiti, Gli anni più belli attraverso il personaggio più tragicomico, e divertente, di Riccardo mostra un italiano che dopo aver provato a fare l'attore (Muccino recitava giovanissimo nella sitcom prodotta dagli Avati È proibito ballare), lo sceneggiatore, il critico e il giornalista di cinema... per sfruttare un vittimismo personale che lo sta trasformando nel perfetto demagogo prova ad entrare in politica candidandosi con grande naturalezza a delle elezioni dei primi anni 2000 dentro un fantomatico movimento del cambiamento con cui si ferma al 39%. Ce l'avesse fatta ad essere eletto... non avrebbe più avuto problemi economici come le tante meteore della politica italiana dall'inizio della Seconda Repubblica (1994) a oggi.
Ed è così che, dopo tanti anni da quel primo trattamento "americano" del capolavoro scoliano, l'autore de L'ultimo bacio è finalmente arrivato a fornirci questa versione del film del 1974 in una chiave italiana.
Anzi mucciniana.
Potete commentare qui sotto o sul forum