Gli Anelli del Potere: i 5 momenti più Tolkieniani della seconda stagione finora

Abbiamo cercato cinque punti in cui Gli Anelli del Potere rende onore all’opera Tolkieniana in questa prima metà della seconda stagione

Condividi

Mentre Gli Anelli del Potere arriva al giro di boa e si inoltra nella seconda metà della seconda stagione, con molti dei suoi filoni narrativi che iniziano a convergere verso la risoluzione e i conflitti finali, la discussione sulla serie e sui suoi contenuti prosegue. Uno dei temi più ‘caldi’ che spesso infervorano il dibattito tra spettatori e appassionati è la ‘fedeltà’ della serie all’opera tolkieniana originale.

Premesso che tale fedeltà assoluta è più un’esigenza ‘pretesa’ dal pubblico che non una dichiarazione di intenti ufficiale della serie, che non ha mai fatto mistero della sua intenzione di narrare un misto tra vicende ufficiali e linee narrative originali, l’argomento vale comunque la pena di essere approfondito. Quanta fedeltà c’è nella serie ai temi e allo spirito delle opere tolkieniane origini ne Gli Anelli del Potere? Saremmo tentati di rispondere sinteticamente dicendo che c’è una fedeltà di fondo nell’essenza, meno nella forma, ma per amor di dialogo abbiamo voluto tentare di seguire un’altra strada. Di analisi, liste e commenti che si premurano di elencare in cosa la serie non sarebbe fedele all’opera tolkieniana originale ce ne sono fin troppi. Una ricerca di quelli che invece sono momenti, scene e temi che recuperano e si avvicinano al corpus letterario della Terra di Mezzo è qualcosa che ancora non si è visto.

Abbiamo quindi deciso di cercare almeno cinque punti in cui la serie rende onore all’opera primigenia, nella credenza che anche Gli Anelli del Potere abbia un ‘lato luminoso’ che a volte non viene riconosciuto come merita. Ecco i nostri cinque momenti più ‘tolkieniani’ della serie!

La Caduta di Celebrimbor

Una delle trame portanti di questa stagione è la venuta di Sauron/Annatar nel regno di Eregion per manipolare il grande forgiatore elfico Celebrimbor e indurlo a forgiare gli anelli del potere dei Nani e degli Uomini. Gli scritti originali narrano necessariamente la vicenda limitandosi agli eventi e ai temi essenziali, mentre la serie esplora l’evento in grande dettaglio, concentrandosi non solo sulla forgiatura degli Anelli in questione, ma soprattutto sulle due figure coinvolte nella tragedia in fieri. Buona parte del merito va ai due attori, Charlie Vickers e Charles Edwards, che danno vita ai loro personaggi con forza. Ma soprattutto è il tema trattato che si ricollega a uno dei temi per eccellenza nell’opera Tolkieniana: la partecipazione del “corrotto” alla propria corruzione. Il tentatore di turno, che sia Sauron in persona, l’Anello, un Palantir, un Silmaril o altro ancora, può essere la scintilla che dà il via al tutto, ma chi cade fa sempre la sua scelta, o porta in sé un difetto fatale che esisteva ben prima dell’intervento del tentatore di turno. Lo abbiamo visto in figure grandi e piccole, da Gollum a Saruman, da Isildur a Denethor a Feanor, e la vicenda di Celebrimbor è una rilettura in chiave più antica e drammatica dello stesso dilemma morale: nel suo caso vanno in scena la superbia, l’illusione del controllo e l’intenzione di fare del bene, subordinate alla necessità di perseguire il potere. Tutti temi che hanno un posto in prima fila nell’opera del professore.

Il Popolo di Durin

Diciamocelo chiaramente: negli adattamenti precedenti, i Nani hanno estratto, se ci perdonate la pessima battuta, la pagliuzza corta. Pressoché assenti nella trilogia Jacksoniana originale ad eccezione di un Gimli simpatico quanto vogliamo, ma tristemente relegato alla ‘linea comica’, e gestiti in modo discontinuo, bislacco o estremizzato nella trilogia dello Hobbit, sono forse il popolo che più è stato sacrificato nella storia degli adattamenti degli ultimi anni. Gli Anelli del Potere fa almeno parzialmente giustizia di questa negligenza, aprendo le porte sul regno di Khazad-Dum e dei suoi abitanti e regalandoci una civiltà nanica che non è fatta solo di macchiette e battute a effetto. Qualche sprazzo di umorismo sagace non manca, perché alla fine i Nani sono anche quello, ma c’è spazio anche per tutto il resto: testardaggine, onore incrollabile, tradizione, politica, fierezza. Non si tratta di un’elegia, anzi, tutt’altro. Le vicende di Durin padre e figlio sono anche una finestra sui lati meno virtuosi del popolo nanico: orgoglio, ostinazione, cinismo, avidità, isolazionismo. Ma nel bene e nel male, i Nani prendono finalmente il posto che meritano come terzo grande popolo della Terra di Mezzo in tutte le loro sfaccettature, e in modo decisamente fedele alla visione tolkieniana originale.

Tom Bombadil

Il grande assente degli adattamenti precedenti trova finalmente il suo spazio nelle vicende della serie e la sua venuta è generalmente stata applaudita dalla maggior parte del pubblico, sia per la resa fornita dall’attore Rory Kinnear, sia per come è stata colta l’essenza del personaggio. A voler essere onesti fino in fondo, non tutto è perfetto nel cameo di Tom: la sua ‘trasferta’ nella regione del Rhûn è fumosa e lascia intravedere ineludibili necessità di trama, e da un certo punto di vista, la sua ‘fedeltà’ al testo scritto è perfino eccessiva, ricalcando parola per parola molti dei suoi dialoghi nell’apparizione primigenia ne Il Signore degli Anelli e inscenando anche un salvataggio da un albero malevolo fin troppo simile al Vecchio Uomo Salice. Detto questo, la resa del personaggio è ottima: il giusto equilibrio tra arguzia e saggezza, la forte affinità col mondo naturale e un certo distacco dalle vicende ‘politiche’ attuali e il ruolo di ‘instradatore’ discreto ma sapiente ci sono tutte, e non manca neanche, seppur con discrezione, il suo spirito ‘musicale’. Altri personaggi letterari, anche nella trilogia cinematografica classica, hanno spesso subito stravolgimenti anche drastici, ma in Tom Bombadil l’essenza dell’alter ego letterario è stata ben preservata e tradotta sullo schermo.

La Natura

Elemento che forse tende a passare più in sordina rispetto agli altri più appariscenti, ma presente e ricorrente in quasi tutti i filoni della trama. Da sempre nell’opera tolkieniana il mondo naturale, sia nelle forme più semplici e dimesse, sia nelle espressioni più antiche e potenti, è sinonimo di virtù, là dove le forze dell’Ombra corrompono, devastano, inquinano o si perdono tra le fiamme dell’industria e del progresso. Gli Anelli del Potere, molto generoso dal punto di vista estetico, ci regala gli scenari naturali mozzafiato che siamo abituati ad aspettarci dalla Terra di Mezzo, ma l’elemento naturale non si limita a una presenza puramente visiva. Il tema della preservazione (o della perdita) della natura affiora in continuazione: può trattarsi delle antiche e luminose foreste elfiche, che il popolo fatato è però costretto a preservare con metodi sempre più artificiosi, o del cuore delle montagne del popolo nanico, dove si combatte per cercare la luce necessaria a far crescere la vita, oppure della neonata Mordor, che si insedia facendo scempio con cenere e fiamme delle terre fertili di un tempo, o dell’altezzosa Númenor, dove tutto è sì maestoso e imponente, ma anche interamente artificiale, cittadino e freddo, il contatto col mondo naturale è ormai perduto e i suoi messaggi vengono (in buona o in cattiva fede) fraintesi.

Gli Anelli del Potere

Può sembrare scontato, ma non lo è affatto: una serie che porta il titolo Gli Anelli del Potere mette finalmente al centro... i suddetti. Ancora una volta, quando si parlava degli anelli diversi dall’Unico, gli scritti originali si limitavano a una cronaca asciutta degli eventi e ai dati essenziali, ma all’epoca delle vicende della Guerra dell’Anello, i Sette e i Nove appartengono ormai al passato, e i Tre si limitano a nascondersi e a resistere: tutto ruota (com’è giusto che sia) attorno alla figura e al potere dell’Unico.

Qui però abbiamo finalmente modo di vedere gli Anelli all’opera: l’effetto che hanno sulle terre e sui regni dei popoli d’appartenenza, l’effettivo potere salvifico che possono fornire a quelle terre in crisi, e il prezzo spesso indefinito o nascosto che comporta il loro uso. Non solo, ma vediamo anche l’effetto che hanno sui sovrani e le grandi figure dell’epoca: il dissenso che creano tra i punti di vista opposti, la tensione tra la scelta di usarli e quella di rifiutarli, le conseguenze della loro forgiatura e del loro uso. È probabile (anzi, auspicabile) che dopo avere visto gli altri Anelli all’opera e i loro effetti sui popoli e sulle figure della Terra di Mezzo, l’inganno di Sauron con la forgiatura dell’Unico e tutte le implicazioni del suo potere su di essi ne escano perfino rafforzati. Uno dei pochi casi in cui – osiamo dirlo? – ciò che è stato inventato per la serie andrà ad arricchire e ad ampliare la storia che già conosciamo.

Continua a leggere su BadTaste