Gli Anelli del Potere: anche il cuore può dire di sì alla serie sul Signore degli Anelli
Le emozioni contrastanti guardando Il Signore degli anelli: Gli anelli del potere sono normali. Non sono colpa della serie ma della nostalgia
La nostra riflessione a caldo dopo avere visto i primi due episodi de Il Signore degli Anelli: Gli anelli del potere, dal 2 settembre su Prime Video. La recensione uscirà il 2 settembre.
Sono parole che bisogna imparare a pronunciare più spesso. Non sono una “verità”. Sono una medicina. Una di quelle che permette di uscire indenni da un’epoca in cui la creatività audiovisiva parla al grande pubblico attraverso schemi già consolidati, che ci piaccia o no.
Che sia il vento inclusivo Marvel, o le saghe ambientaliste di Dune e di Jurassic World, o le complesse lotte (anche politiche) tra bene e male del Wizarding World e di Star Wars, il cinema si sta servendo dei migliori strumenti che ha trovato nel ripostiglio delle cose usate. Lo fa però per dire qualcosa di nuovo e che ritiene rilevante, ed è questo che conta.
GUARDA - La video recensione dei primi due episodi
Sono chiavi inglesi immediate e popolari, che aiutano ad arrivare subito all’attenzione del pubblico, e che non meritano scandali. Usandole si salta infatti un passaggio: si abbattono i rischi di produzione (e di marketing grazie alla notorietà dei franchise), si sfrutta una base di appassionati già esistente. È un metodo comodo e sostenibile. Ci sono spesso confini già tracciati, sono una rogna, danno però ordine alla narrazione.
Non sempre tutto fila liscio. Nei casi peggiori si è vittima di uno sfruttamento delle passioni ai fini esclusivamente economici. Ma questo modus operandi ha vita breve (nonostante a molti piaccia credere il contrario). Il pubblico capisce lo stratagemma e lo rigetta. Suvvia non sottovalutiamoci. Lo facciamo eccome!
Il più delle volte questi prodotti popolari sono invece delle belle basi fornite dalle produzioni per permettere agli artisti di esprimersi. Materiali pre esistenti che vengono consegnati nelle mani di chi li può plasmare e fare qualcosa di nuovo.
Qualcosa di nuovo
“Nuovo” è proprio la parola che viene in mente guardando i primi due episodi de Gli Anelli del Potere.
Il ritorno nella Terra di Mezzo colpisce forte. È un’emozione da (e per) appassionati, che prescinde dal giudizio sulla serie, provata da chi in quel mondo ha costruito le sue storie di fantasia (apocrife, ma bellissime). Altro che vedere, leggere, ascoltare passivamente qualcosa: delle grandi saghe bisogna fare esperienza!
Però ne Gli Anelli del Potere c’è anche un leggero straniamento. Come essere tornati a casa dopo un lungo viaggio mentre gli inquilini che l’hanno abitata hanno ridipinto le pareti e cambiato i mobili. Ci vorrà un po’ per sentirla di nuovo come il nostro luogo sicuro. Perché il Signore degli Anelli in cui gli Amazon Studios hanno infuso è ad oggi una cattedrale magnifica, ma senza inquilini. Ma loro hanno bene idea di chi dovrà essere.
Non è il racconto di Tolkien, il quale non ha lasciato molte informazioni "adattabili" sulla Seconda Era. Sono i confini di cui parlavamo prima, così importanti nelle storie immense, e su cui si costruiranno le future stagioni. Non è di Peter Jackson, la cui visione è una chiara base da cui partire, ma anche il metro con cui si misureranno le nuove idee. Non è nemmeno dei fan, che troveranno pane per le loro discussioni con un occhio particolare ai tradimenti, alle fedeltà e alle aspettative rispettate o deluse.
Di chi sarà Gli Anelli del Potere?
E allora di chi sarà Gli Anelli del Potere? Chi può desiderare un’operazione del genere, fatta per rilanciare una piattaforma streaming, senza veri e propri libri come riferimento, con un nuovo cast e nuovi registi? Chiunque lo vorrà, ovviamente, e qualcun altro.
Juan Antonio Bayona, il regista delle prime due puntate, imposta la serie come un nuovo inizio. Sa che ha tanto da raccontare e ancora di più ha da mostrare e dimostrare. Lo deve alle nuove generazioni, coloro che magari non hanno ancora conosciuto il genio di Tolkien. Così, sin dalla splendida sequenza di apertura, si concentra sul piccolo. Il dettaglio di una barchetta posta sulla corrente di un fiume. Magicamente si apre, pronta per salpare. Ecco dove siete capitati, ci dice.
Segue un prologo imponente, cinematografico, che dimostra fino a dove si può spingere l’afflato epico degli Anelli del potere. Ritorna poi nel mondo poetico e fiabesco dei Pelopiedi, dove le grandi battaglie sono sostituite dalla reazione ai cambiamenti della natura tutta intorno a loro. È un lavoro di scala che salta dalla storia globale ai personaggi. Fa vedere la dinamica delle emozioni, gli estremi che può toccare. Ha fatto la stessa cosa Peter Jackson per far conoscere agli spettatori Il Signore degli Anelli (si badi bene non Lo Hobbit, che invece aveva un pubblico ben preciso). C’è una terra da presentare, con regole, abitanti, e una cultura che deve emergere dalle immagini. Così succede nelle prime ore della serie, e viene voglia di restarci ancora un po’.
È in quel momento che scatta qualcosa con Gli anelli del potere. Quando ci si rende conto che tutto sta ricominciando daccapo, con nuovi personaggi da conoscere, nuovi intrecci, relative arrabbiature per i possibili tradimenti al materiale originale e nuovi entusiasmi per le grandi aggiunte. È una sensazione un po’ amara perché carica di invidia. Non ci si può innamorare se si è già innamorati. L’affinità può continuare come prima o diminuire.
L'inizio di un viaggio
L'idea dei ricordi rovinati è solo per coloro che pensano che il presente possa inficiare il passato. Comunque andrà il progetto de Gli anelli del potere, nessuno toglierà quello che i film del Signore degli anelli sono stati per molti. E le parole di Tolkien non avranno meno valore: resteranno sempre lì, sulla libreria, pronte per essere lette o rilette da chi già ne conosce il valore.
Invece per i nuovi spettatori da qui può solo iniziare un magnifico viaggio.
Chi non vorrebbe dimenticare la propria saga del cuore e riviverla da zero una seconda volta? Forse, con Gli anelli del potere, qualcuno si ritroverà travolto per la prima volta da un impulso che non sa descrivere.
Scriverà su Google “Terra di mezzo”, o chiederà ai genitori. Magari acquisterà un libro, guarderà un film, giocherà a un videogioco. Si appassionerà. Conoscerà amici che condividono la stessa passione. Litigherà, si appassionerà ad altre saghe, e poi senza sapere perché, tornerà a casa preso dalla nostalgia.
Un giorno nel futuro, sarà anche lui, o lei, di fronte a un nuovo adattamento di quell’opera che ha così tanto amato. Dovrà ripetersi poche parole di rassicurazione e poi decidere se stare al gioco.
Le emozioni restano, le storie si tramandano. Il cuore non sa se dirà di sì, ma sa che può farlo.
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