Giustizia per il Trono: Cersei Lannister

Iniziamo da Cersei la nostra carrellata dei personaggi di Game of Thrones per capire cosa ha funzionato e cosa no...

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Sono ormai passati cinque anni dalla conclusione di Game of Thrones. Non è esagerato dire che la serie ispirata ai romanzi di George R.R. Martin è stata una delle vette più alte tra le serie tv del decennio scorso. È altrettanto inevitabile però, riconoscere che le due stagioni conclusive, la settima e l’ottava, hanno barcollato nel dare alle vicende dei casati di Westeros un finale degno delle cime qualitative toccate nelle stagioni precedenti. Una parte di responsabilità è innegabilmente dovuta alla natura incompiuta dell’opera letteraria ispiratrice, ma è anche vero che pur dovendo creare da zero i capitoli finali dell’opera si poteva tentare di mantenersi più vicini agli stili, alla sofisticazione e alla qualità che avevano contraddistinto le stagioni precedenti.

Vogliamo quindi provare a condurre una carrellata sui personaggi storici della serie e sugli eventi che li hanno coinvolti per cercare di capire, ora che è passato del tempo e la polvere si è depositata, cosa ha funzionato e cosa no: la speranza è quella di non indulgere in un vacuo rant a prescindere, ma di analizzare i passi finali dei percorsi narrativi dei vari personaggi, evidenziandone momenti riusciti, momenti critici, qualche curiosità dietro le quinte e i tratti essenziali della loro storia a percorso ultimato. Iniziamo con una dei villain per eccellenza, la crudele regina di Approdo del Re, Cersei Lannister, interpretata da Lena Headey.

Una partenza col botto

Alla fine della sesta stagione, Cersei si era congedata dal pubblico con una delle sue azioni più epocali e scellerate: radunati tutti i nemici e avversari politici nel Tempio di Baelor per quello che doveva essere il suo processo finale, “sceglie la violenza” e orchestra la distruzione del tempio in questione sfruttando le riserve di altofuoco custodite nei sotterranei della città. Un atto di distruzione che spazza via ogni opposizione alle sue mire di potere e chiude in modo improvviso e drammatico le vicende di molti comprimari, da Margery e Loras Tyrell all’Alto Passero.

Inizieremo col dire che la distruzione del Tempio di Baelor rientra giustamente nel novero delle scene più potenti e memorabili di tutta la serie: montaggio, tensione crescente, azioni e reazioni dei vari personaggi e un commento musicale di sottofondo ineguagliato, quel capolavoro di Light of the Seven di Ramin Djwadi, fanno della scena uno dei momenti storici di Game of Thrones. L’obiettivo degli showrunner era indubbiamente quello di voler aggiungere un momento di grande shock ad altri momenti storici come l’esecuzione di Ned, le Nozze Rosse e le Nozze Viola, e da questo punto di vista l’obiettivo è stato indubbiamente raggiunto.

Coerenza e Conseguenze

Poste queste basi, Cersei si candida a villain della fase conclusiva della storia, e anzi, ci riesce: diventa il nemico finale da sconfiggere, addirittura successivamente al tenebroso Re della Notte e alla sua armata di non morti. Qui il giudizio del pubblico è diviso: da un lato, Thrones è sempre stato un drama più politico e sociale che non fantasy, quindi ha un senso che a chiudere la vicenda sia una guerra ‘terrena’ e la chiusura dei conflitti politici tra casati; dall’altro, c’era chi vedeva nella calata dei White Walkers un’apocalisse finale che avrebbe dovuto mettere in secondo piano i giochi di potere tra casati per trasformare la serie in una lotta per la sopravvivenza del mondo. La risposta scelta dagli showrunner è chiara, ed è Cersei Lannister il nemico finale da abbattere nella stagione 8.

A merito del percorso narrativo di Cersei va riconosciuta una cosa: è coerente. È evidente la nascita di una vena di follia e di vendetta oltre i confini razionali generata dall’umiliazione inflittale dal Credo dell’Alto Passero nella celebre camminata della vergogna, e gli atti finali del regno di Cersei sono la logica conseguenza di quella sete di vendetta scatenata senza che ci sia più nessuno a tenerla a freno. Ha anche senso la sua progressiva perdita di umanità: l’ancora che teneva la regina di Approdo del Re alla normalità, o quanto meno a sentimenti più umani, era data dai suoi figli. Scomparsi quelli, ha senso che muoia anche il lato migliore, o quanto meno quello più comprensibile, che la caratterizzava. Cersei Lannister arriva quindi al traguardo potendo vantare uno sviluppo narrativo coerente e logico, un lusso di cui non tutti i personaggi potranno fregiarsi.

Il primo problema che affligge la fase finale della storia è la mancanza di conseguenze. L’atto ‘terroristico’ con cui si chiudeva la sesta stagione lasciava presagire quanto meno una situazione destabilizzata ed… esplosiva ad Approdo del Re e una crisi del casato. Era stato sterminato l’ordine religioso più potente e sostenuto dal popolo (immaginatevi i Medici o i Borgia che fanno saltare in aria Papato e Piazza San Pietro!), sterminati molti rappresentanti di spicco di un presunto casato alleato (i Tyrell) e perfino alcuni membri minori di casa Lannister stessa. Il popolo di Approdo del Re non è mai stato un elemento passivo o di poco conto in Game of Thrones (nelle prime stagioni della serie, perfino un despota assoluto come Joffrey Baratheon aveva difficoltà a gestire la situazione e rischiava la pelle se si aggirava per le strade della città), ma ogni conseguenza di carattere politico/sociale/diplomatico dell’atto di Cersei viene volutamente ignorata da parte degli autori ed è il grande assente della Stagione 7: ritroviamo la nuova Regina dei Sette Regni tranquillamente assisa e stabile nella posizione conquistata col sangue, senza che nessuno le rimproveri l’atto in questione o nessun problema scaturisca dalla strage compiuta. In una serie che aveva fatto di questi elementi uno dei suoi cavalli di battaglia è una nota di demerito non trascurabile, e ahimè, ricorrente: la connessione tra azioni e conseguenze di tali azioni è un’epidemia dilagante che colpirà molti dei protagonisti.

Atto finale: un personaggio passivo

Se ci siamo concentrati più del dovuto sulla strage di Baelor che chiude la stagione 6, è anche perché crea un “precedente” che complica le cose per il finale. Lo sviluppo degli eventi ha appena fissato che Cersei è più pericolosa che mai, non ha più niente che la ancori al suo lato più umano ed è appena assurta a nemico finale di tutta la serie. Se per eliminare dei semplici nemici interni ha orchestrato qualcosa di devastante come l’esplosione del tempio di Baelor, tutti ci aspettiamo mosse terrificanti per quella che sarà la guerra finale contro Daenerys e i suoi alleati.

Ed è qui che Cersei fa il suo passo falso peggiore, perché nella fase finale della saga stupisce (e delude) per la sua passività. Non c’è nessun piano segreto, nessun asso nella manica, nessun desperate last stand che renda la sua uscita di scena memorabile e particolare. A livello strategico, l’unica iniziativa che prende è l’ingaggio dei mercenari della Compagnia Dorata, che ahinoi passeranno alla storia per la loro inutilità a livello di trama, e una mezza relazione detta/non detta col pirata Euron Greyjoy, personaggio che forse più di ogni altro incarna l’autoindulgenza ostentata dagli showrunner nelle fasi finali della serie, sopra le righe grossolanamente caratterizzato, e senza mai un vero collante che lo inserisca in interazioni importanti col resto del cast.

La ritroviamo ondivaga in uno dei pochi rapporti personali che le rimangono da chiarire, quella con l’odiato fratello Tyrion, per il cui omicidio ingaggia… il mercenario che lo ha servito personalmente per molti anni (altra mossa sconclusionata, dettata solo dal motivo di mandare Bronn in trasferta presso il ‘fronte dei buoni’, ci saranno pur stati altri sicari che non avevano trascorsi con la vittima, no?) per poi ritrovarselo a diro di balestrieri due puntate dopo, ma rinunciare a sparare. Resta relativamente coerente nel morboso rapporto col fratello/amante di sempre, Jaime, con cui condivide un’uscita di scena particolarmente lackluster, sepolta da una banale frana nei sotterranei del castello durante un tentativo di fuga in extremis. Per il resto la vediamo giocare d’attesa per tutte le fasi finali della guerra, a sorseggiare il proverbiale calice di vino dal proverbiale balcone, ma l’ultima fase resta caratterizzata da una passività e da un’inazione quanto mai anomali per il personaggio e per l’irruenza delle iniziative che aveva sempre preso.

Chiudiamo questa prima carrellata con un paio di curiosità dietro le quinte: la Headey, a sua volta poco convinta dall’uscita di scena del suo personaggio, si era divertita a immaginare con Maisie Williams, l’interprete di Arya, un’uscita di scena per Cersei sotto le lame della giovane assassina del Nord, magari sfruttando le sue capacità di cambiare volto per assumere identità inaspettate.

E chissà che non ci sia del vero nella voce che vedrebbe gli showrunner avere assegnato in tarda fase a Daenerys e Jon la sorte che in origine doveva toccare a Jaime e Cersei. Perché l’ultimo bacio accompagnato da una pugnalata al cuore sarebbe stato una chiusura perfetta per i due amanti, avrebbe fornito una chiusura migliore al personaggio di Jaime e avrebbe anche compiuto la profezia che da anni aleggia sul destino di Cersei, che la vedrebbe morire per mano del valonqar, un imprecisato ‘piccolo fratello’. Come tanti altri misteri, la risposta definitiva è racchiusa in un volume che forse non leggeremo mai…

Trovate tutte le notizie su Il trono di spade nella nostra scheda.

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