Gigi Proietti e il 1976, come la vita cambia in un anno solo
Dopo 22 anni nel mondo dello spettacolo la vita professionale di Gigi Proietti in un anno svolta in teatro, al cinema e nel doppiaggio contemporaneamente
Nel frattempo lavora più che altro in teatro e praticamente con chiunque (fino pure a Carmelo Bene), fa cinema e anche sceneggiati televisivi, sempre sul lato sperimentale e drammatico. È ad esempio in L’urlo, uno dei primi film di Tinto Brass (quelli della fase anarchica e ancora non softcore), è in La proprietà non è più un furto di Elio Petri ed è molto spesso dietro, raramente protagonista. Quando pure è in prima fila però non c’è mai un vero grande successo. Ad esempio è Sandokan in Le tigri di Mompracem, una versione sfortunata dei romanzi di Salgari di due anni precedente a quella nota e di successo con Kabir Bedi.
In più aveva già iniziato a doppiare, una carriera meno esposta ma in cui eccelle comunque.
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Fino a quel momento Proietti aveva fatto tantissimi lavori comici ma anche un’infinità di più seri e, come scritto, molti sperimentali. Da questo momento invece la sua carriera sarà più che altro comica, anche grazie alla tv.
Ma il 1976 è anche l’anno in cui escono ben 5 film in cui è presente: L’eredità Ferramonti (di Mauro Bolognini con Anthony Quinn), Languidi baci… Perfide carezze, Chi dice donna dice donna, Bordella (di Pupi Avati con Christian De Sica) e Febbre da cavallo. Quest’ultimo sarà al tempo stesso la sua svolta al cinema e l’inizio della fine di quella carriera. Febbre da cavallo forse è il più piccolo e umile di questi 5 film, una commedia semplice di Steno con Montesano e alcuni altri caratteristi che tuttavia intercetta meglio di tutti gli altri un successo potentissimo e duraturo.
Lì Proietti sembra quasi prolungare A me gli occhi please, interpreta un truffatore (come gli altri protagonisti) caratterizzato da trasformismi, imitazioni e idee “geniali” che risolvono situazioni con abili giochi e vocine. Aveva già fatto più personaggi in una medesima produzione, mostrando grande versatilità ma il personaggio di Mandrake gli dà l’aria da sbruffoncello in difficoltà che vince la partita. Sempre nel 1976 sarà sul set di Casotto, l’altro film memorabile della sua carriera, scritto da Vincenzo Cerami, diretto da Sergio Citti e con un cast incredibile (Paolo Stoppa, Mariangela Melato, Ninetto Davoli, Ugo Tognazzi, Michele Placido, Carlo Croccolo, Franco Citti, Catherine Deneuve e Jodie Foster).
Dopo questi due film le esperienze al cinema saranno meno fortunate (per quanto sarà in Un matrimonio di Robert Altman), poi pochissime, poi quasi nulle, gli andrà meglio in televisione (dove già aveva iniziato a lavorare da un po’ anche come presentatore), ma sarà proprio il cinema a cementare la sua fama e notorietà. All’epoca ancora era il grande schermo a produrre le star e la televisione a sfruttarle. Proietti crea un pubblico sofisticato e affezionatissimo in teatro, ne trova uno molto più popolare e grande al cinema e in televisione li mette tutti insieme.
Ma non è ancora finito il suo 1976. Perché quello è anche l’anno di Rocky, assieme ad Aladdin (del 1992) la sua miglior impresa nel mondo del doppiaggio. Aveva doppiato tutti, da Marlon Brando al giovanissimo De Niro in Mean Streets, da Gregory Peck a Dustin Hoffman fino a Richard Burton. Ma nel 1976, oltre a dare la voce a Paul Newman in Buffalo Bill e gli indiani, accetta il primo (vero) film, dopo tanta gavetta, di Sylvester Stallone. È uno dei film più importanti dei suoi anni, la fondazione stessa del cinema sportivo e un mattone nel mondo dei nuovi autori statunitensi. Proietti imita senza renderlo una caricatura il fare bolso e spento di Stallone, crea un Rocky con la parlata impastata e grida Adriana con la stessa struggente convinzione drammatica di chi è sul set.
In quello stesso anno doppia anche Donald Sutherland in Il Casanova di Fellini. Era un ruolo che originariamente doveva interpretare e che era finito a doppiare. Tuttavia, visti i forti dissapori tra Fellini e Sutherland sul set e vista la maniera in cui Fellini lavorava al doppiaggio, ovvero presenziando e dirigendolo come fosse a tutti gli effetti parte del lavoro sul set, si rivela un’esperienza incredibile, di fatto aveva lavorato con Fellini come un attore. Lo si capisce bene da come lo dirige in questo estratto.
I successi del 1976 dopo 22 anni nel mondo dello spettacolo nei generi e nelle produzioni più varie impostano quello che sarà di Proietti, segnano tutto il resto della sua carriera e creano la figura che oggi conosciamo. È in quell’anno che nascono tutti i suoi tormentoni più noti, i suoi personaggi più noti e le gag che ripeterà. L’unica novità vera e grande che la vita gli riserverà saranno le fiction televisive degli anni ‘90, con le quali conoscerà l’ultimo dei suoi successi “nuovi”.