Get Out ha capito dove va la società americana, dalla discriminazione dei neri all'appropriazione

Oggi Get Out è una storia di successo al botteghino ma da domani probabilmente sarà uno dei film più influenti per il cinema afroamericano

Critico e giornalista cinematografico


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Spoiler Alert
La battuta chiave di Scappa - Get Out è quella che riportano tutti in tutti gli articoli (e giustamente), la pronuncia Allison Williams nei momenti iniziali del film, quando vuole rincuorare il suo fidanzato afroamericano spaventato dall’andare a conoscere i genitori di lei senza che questi sappiano in anticipo la sua razza: “Mio padre avrebbe votato Obama una terza volta se avesse potuto”.

Le coordinate sono impostate nella maniera più chiara possibile: ad essere raccontata non è, come siamo abituati, l’America dei più condannabili, dei razzisti spietati, violenti uomini dai pregiudizi sempre affilati, ma quella di chi si identifica nella parte più civile, i buoni, i tolleranti e i progressisti. Non è “l’America di Trump”, che non vuol dire niente, ma l’America del dopo Obama. Get Out mette i democratici nel ruolo di “mostri” della sua storia horror con un’aderenza a quel che Jordan Peele percepisce essere la nuova disparità razziale che è così diretta, chiara e cristallina da valere al film il suo successo.

I bianchi avevano paura dei neri, li discriminavano e li tenevano lontani o sottomessi (ancora accade), ora i bianchi della upper class, quelli “illuminati”, desiderano i neri. Sembra una situazione ideale ma Get Out è fantastico nel descrivere quanto in realtà sia un altro modo di promuovere “omologazione”, di creare una tendenza ad un’unica grande soluzione. I bianchi che vogliono essere neri, che venerano la black culture, che la vampirizzano. Quello di cui Spike Lee (e non solo) accusa Tarantino.

E non c’è bisogno di pensare che il regista di Fa’ La Cosa Giusta abbia ragione per capire di cosa parli.

Il post-Obama per la parte afro dell’America è un ribaltamento che non cambia il risultato e Get Out lo riflette.
Un gruppo di bianchi aspira ad essere nero, non teme più di essere posseduto dal corpo black (inteso non solo come colore ma come “black culture”) invece desidera possederlo. Letteralmente. Giovani e anziani sono ossessionati dalla perfezione del corpo nero e lavorano di chirurgia oltre i limiti della scienza per trasferirsi nei corpi degli afroamericani che sequestrano e rapiscono, che attirano e tengono prigionieri. Il risultato sono degli ibridi senza vita, zombie che vanno in giro con aria persa, volti dietro i cui occhi si agita un cervello intrappolato.

I bianchi che vogliono i neri e i neri che subiscono la tentazione di imbianchirsi, di piegarsi alla razza padrona per essere accettati. Quest’anno O.J.: Made in America ha raccontato meglio di qualsiasi altro film mai questo meccanismo, quest’annullamento dell’appartenenza razziale finalizzato alla scalata sociale e mediatica (che poi significa solo riaffermare l’importanza del discorso sulle razze, quanto sia in realtà determinante). Get Out è il lato istintivo della questione, non fa propriamente un discorso ma come per tutti i grandi film, specie se di paura, genera immagini che sintetizzano sensazioni.

Ed è il timore di essere “preso” e “svuotato” che ha il protagonista la sensazione che domina. Il sorriso sadico e bramoso dei bianchi, l’isteria del fratello della fidanzata fino alle lacrime ad occhi sbarrati che vediamo in tante immagini promozionali.
Se “sbiancati” i neri perdono il loro potere, come Sidney Poitier che in Indovina Chi Viene A Cena si propone come innocuo, perdendo ogni tratto di black culture, o come La Famiglia Robinson di Bill Cosby, così tesa a dimostrare che “i neri sono come i bianchi” e non che “i neri hanno una loro individualità, una loro cultura e una loro unicità”, sono allora i bianchi a dover entrare dentro ai neri per “potenziarsi”.

Il cambio di prospettiva è epico per il cinema che questo nuovo movimento non l’aveva mai raccontato. Prelevata dalla vita vera, riflessa dal cinema, la situazione razziale post-Obama ritorna nel discorso sociale tramite Get Out e influenzerà sicuramente i prossimi film alzando la barra della discussione. Se ormai i diritti non sono più una questione da dibattere (ma semmai da applicare, visto che non sempre vengono rispettati) è semmai il diritto all’unicità il terreno del contendere.

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