Get Back: Peter Jackson ci racconta come ha ascoltato le conversazioni segrete dei Beatles grazie alla tecnologia

Con una tecnologia fatta apposta per Get back, Peter Jackson è riuscito ad ascoltare delle conversazioni che i Beatles cercavano di celare

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Per realizzare The Beatles: Get Back, la docuserie dedicata ai Beatles, in arrivo su Disney+ il 25, 26 e 27 novembre, Peter Jackson ha avuto accesso a un archivio sconfinato. 150 ore di registrazioni audio e 60 di video, che ritraggono la band chiusa negli studi di Twickenham per ideare e incidere l’album Let It Be. Le intere sessioni furono riprese in video continuativamente, senza filtri, spesso senza che nemmeno sapessero di essere filmati. 

In quel periodo il gruppo stava affrontando diverse tensioni che lo porteranno, di lì a poco, a sciogliersi. Il materiale d’archivio, a cui il regista ha avuto accesso esclusivo, è quindi una fonte inestimabile per andare a cogliere sia il processo creativo dei Beatles, che le dinamiche interne che ne hanno sancito la fine. Spesso infatti per non farsi registrare dai microfoni, posti ovunque nella sala, i musicisti suonavano gli strumenti e si parlavano francamente, confidando sul camuffamento sonoro della propria voce nel baccano.

Durante la conferenza global di presentazione di The Beatles: Get Back siamo riusciti a chiedere lumi a Peter Jackson sul processo di restauro della pellicola in 16 millimetri. Ci ha spiegato che, grazie alle nuove tecnologie, è riuscito ad ascoltare le conversazioni segrete, vanificando - a distanza di 50 anni - il loro tentativo di ricerca di privacy e creando una storia tutta nuova. 

Ci ha raccontato che lavorare sul materiale video in pellicola 16mm non è stato particolarmente complesso, nonostante la matrice non fosse conservata particolarmente bene. La tecnologia che ha ideato per il documentario They Shall Not Grow Old - Per sempre giovani, che presentava filmati risalenti alla prima guerra mondiale ben più rovinati, è venuta in aiuto. L’algoritmo sviluppato ha permesso di pulire le immagini senza troppe difficoltà. Avevano infatti costruito dei programmi per migliorare e correggere gli errori o i buchi del negativo e addirittura ricolorare la pellicola grazie all’intelligenza artificiale.

La vera sfida di Get Back, ha spiegato Peter Jackson, è stata invece restaurare le tracce audio. I suoni furono registrati infatti dalla troupe, spesso lasciando aperti i microfoni e andandosene. Siccome erano solo prove, non furono nemmeno registrati su un multi traccia. Erano tutti in mono, senza missaggio. I microfoni registravano tutto quello che succedeva nei dintorni. Se poi parlavano, suonando, mentre la troupe lavorava in sottofondo, quello che ne usciva era solo rumore confuso. 

Volevamo che suonasse meglio. Quindi abbiamo ideato una tecnologia che abbiamo chiamato “demiscelatore”. È un’idea che circola da tempo, ma che non ha mai avuto successo. Nello studio di Park Road abbiamo delle persone particolarmente intelligenti, e gli abbiamo fatto creare un software interamente basato sull’intelligenza artificiale. Si può insegnare al computer come suona una chitarra, qual è la voce umana, che rumore fanno la batteria e i bassi.

Così estraiamo una traccia dalla registrazione mono e possiamo prendere, ad esempio, solo la performance vocale. Perciò vedi Ringo suonare la batteria sullo sfondo, li vedi suonare le chitarre, ma non li senti. Non c’è nemmeno un sottofondo di rumore. Puoi ascoltare solamente la voce in modo chiaro. Allora abbiamo differenziato tra John e Paul in modo tale che potessimo passare dall’uno all’altro come se fossero entrambi microfonati. Prima con il microfono acceso solo di John, poi di Paul. Infine li abbiamo bilanciati in armonia. 

Grazie quindi alla nuova tecnologia sono riusciti a separare le diverse fonti di rumore, isolando e pulendo come se fossero tracce separate. Questo lavoro è stato fondamentale per permettere ai dialoghi e alle dinamiche interne al gruppo di fare da filo conduttore della storia. 

Peter Jackson, montando Get Back, si è trovato però di fronte a un problema che potremmo definire vagamente etico. Ora, dopo 50 anni, poteva sentire gli scambi che il gruppo non voleva venissero resi pubblici. 

Era piuttosto nervoso quindi quando mostrò a Paul McCartney e Ringo Starr il prodotto finito. Ma non ricevette nessuna nota da loro. Dopo tutto questo tempo i Beatles sono saldamente nell’olimpo della musica. Non si devono più preoccupare della loro reputazione di superstar, ha spiegato il regista.

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