Geostorm e la ricetta del perfetto guilty pleasure

Geostorm con Gerard Butler è un terribile pasticcio fantascientifico al quale è impossibile non volere bene

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Geostorm va in onda su Italia 1 e Italia 1 HD questa sera alle 21:20

Geostorm non sarebbe dovuto andare bene al botteghino... e in effetti non l’ha fatto. Se vi aspettavate tutt’altro, un attacco ottimista sull’imprevedibile successo di un film appartenente a un genere sempre più raro e prezioso, avete seguito il link sbagliato; nel 2017 Geostorm è stato uno dei flop più clamorosi dell’anno, e quattro anni dopo neanche il passaggio in streaming e home video ne ha risollevato le sorti di disaster movie dimenticato e, stando alla critica, dimenticabile. E a rileggere le motivazioni di certe stroncature si fa fatica a dar torto a chi le ha scritte: tutti i problemi di Geostorm dei quali potete leggere in giro sono verissimi, dal primo all’ultimo. Eppure secondo noi è impossibile non provare almeno un po’ di simpatia per il film con Gerard Butler, un po’ perché come dicevamo appartiene a una specie sempre più rara e quasi in via d’estinzione, ma soprattutto un po’ perché sembra costruito apposta per diventare uno scult, o, se preferite una definizione più anglofona e raffinata, un guilty pleasure.

Stando all’Oxford Dictionary, “guilty pleasure” significa “qualcosa, per esempio un film, uno show televisivo o una canzone, che ti piace nonostante tu ti renda conto che non gode di tanta considerazione”. È un’espressione che secondo noi ha qualche problema di fondo – perché ci si dovrebbe sentire in colpa perché si apprezza qualcosa, anche se questo qualcosa è stato stroncato in ogni dove? Il piacere di una visione o di un ascolto è personale e soggettivo –, ma che fa comodo per indicare genericamente tutti quei film che non dovrebbero piacerci ma tutto sommato ci piacciono.

Geostorm è uno di questi film.

Abbie Cornish

Geostorm è il sequel di un immaginario disaster movie di Roland Emmerich, che viene riassunto da Dean Devlin nei primi cinque minuti. In questo immaginario disaster movie di Roland Emmerich, il riscaldamento globale causa una serie di catastrofi ambientali che si susseguono in un’escalation mortale, fino a che un gruppo di scienziati capitanati da Gerard Butler inventano una soluzione e salvano il pianeta. Questa soluzione si manifesta sotto forma di un sistema di satelliti coordinati dalla ISS che avvolgono la Terra e, in caso di necessità, bombardano pezzi selezionati di pianeta di sostanze chimiche di varia natura, che servono per contrastare la specifica catastrofe naturale che si sta per verificare.

Giova ribadire a questo punto che quanto detto finora viene raccontato tramite montaggio, con tanto di voiceover della figlia di Gerard Butler (Talitha Bateman in quello che è il ruolo più intenso e credibile del film), nel corso dei primi cinque minuti di Geostorm. Dopodiché scopriamo, altrettanto rapidamente, che tre anni dopo il lancio del sistema chiamato Dutch Boy Gerard Butler (Jake Lawson, nel film) ha perso il suo posto di capo del progetto perché è uno scienziato, sì, ma è anche un ribelle, e suo fratello minore Max (Jim Sturgess), che lavora per il governo, l’ha licenziato vista l’impossibilità di tenerlo a bada. Jake quindi vive ora in una roulotte in mezzo al nulla, dove beve birra, costruisce motori per le macchine degli anziani del luogo e si rode il fegato perché è stato tagliato fuori dall’azione.

Geostorm Gerard Butler

Tutto cambia quando qualcosa comincia ad andare storto con Dutch Boy: prima un satellite sopra l’Afghanistan impazzisce e crea una tempesta di neve che congela un intero villaggio, poi a Hong Kong scoppiano le tubature del gas e mezza città viene distrutta in un fuoco infernale, infine uno dei membri dell’equipaggio della ISS muore in un incidente che tanto incidente non è. Il rischio è che l’umanità perda il controllo di Dutch Boy, e il sistema creato per risolvere i problemi si trasformi in una pistola carica e puntata contro l’intero pianeta; c’è una sola soluzione: convincere Jake Lawson a tornare nello spazio, risolvere la situazione e salvare un’altra volta il mondo.

Quello che abbiamo raccontato finora copre a malapena i primi quindici minuti di film: Geostorm, che Devlin ha anche scritto oltre che diretto, è appesantito fin dall’inizio da una sceneggiatura sovrabbondante e anche confusionaria, che si muove in mille direzioni contemporaneamente senza decidersi su quale sia la più importante. Andando a scavare si scopre che è la storia di due fratelli: Butler è quello geniale, creativo e incontrollabile, Sturgess è quello grigio dentro ma responsabile e affidabile, che infatti ha fatto carriera in politica e lavora a stretto contatto con il presidente (Andy Garcia). Per salvare il pianeta i due dovranno mettere da parte le differenze di vedute e riscoprirsi amici e alleati e fratelli, appunto; e per farlo devono attraversare un campo minato di quasi due ore nelle quali succede di tutto, e la maggior parte di quello che succede non ha alcun senso.

Tizia tedesca

La sottotrama dedicata a Jake Lawson è di fatto un thriller spaziale ambientato sulla ISS, nel quale Jake Lawson deve investigare su un omicidio prima ancora che sul malfunzionamento di Dutch Boy. Si tratta di sabotaggio? E se sì, chi c’è dietro? I cinesi? I russi? Quale dei tanti nemici classici degli Stati Uniti e dell’umanità intera sta cercando di sabotare il clima del pianeta? Come si dice in questi casi, “la risposta vi sorprenderà”. Come vi sorprenderà per esempio il fatto che Lawson capisca da subito che c’è qualcosa che non va, che c’è la mano dell’uomo dietro alle catastrofi, e cominci dunque a dubitare di chiunque stia sulla ISS – tranne che della persona che ha preso il suo posto a bordo, l’astronauta tedesca Ute Fassbinder (Alexandra Maria Lara), che per qualche motivo non meglio specificato è considerata al di sopra di ogni sospetto, gettando dubbi sulle capacità investigative del nostro eroe.

La sottotrama dedicata a suo fratello è ancora più piena di spunti più o meno random che danno vita a sequenze che quantomeno sono imprevedibili. Max Lawson ha una relazione segreta con l’agente dei servizi segreti Sarah Wilson (Abbie Cornish, che si diverte un mondo a fare la superspia in completo nero), ma ha anche una dipendente-amica hacker, Dana (Zazie Beetz, senza dubbio la cosa migliore del film), ed entrambe lo aiuteranno a... rubare i codici di accesso ai satelliti dal presidente degli Stati Uniti in persona? Geostorm vorrebbe essere non solo un film catastrofico, ma anche un thrillerone geopolitico, un intrigo internazionale che coinvolge anche un ingegnere di Hong Kong con la capacità di teletrasportarsi a Washington da una scena all’altra e una bizzarra sequenza nella quale Jim Sturgess subisce il fuoco incrociato della gelosia di Abbie Cornish e della sfacciataggine di Zazie Beetz e riesce comunque a non muovere mezzo muscolo facciale.

Zazie Beetz

E poi ci sarebbero le catastrofi, che sono altrettanto catastrofiche – nel senso che l’impegno e la voglia di distruggere tutto sono degne del miglior Emmerich, ma il risultato è un mezzo disastro, per colpa di una CGI di livello mediocre che toglie ogni peso gli edifici che crollano e alle onde di marea che sommergono le città. Non arriviamo a citare la Asylum perché stiamo comunque parlando di un film da 120 milioni di dollari, ma non c’è dubbio che ci sia uno stacco notevole tra le intenzioni e il risultato finale.

Riassumendo, quindi, Geostorm soffre di una scrittura eccessivamente involuta e che si affida troppo spesso a soluzioni scontate e prevedibili, e qualche volta a soluzioni assurde e improponibili, con un cast che ci mette tutto l’impegno del mondo per recitare battute tipo “non possiamo cancellare il passato, possiamo solo affrontare il futuro” o “i soldi non servono a nulla se non c’è più il pianeta”, una serie di sequenze di distruzione animate da ottime intenzioni ma rovinate da una fattura tecnica scadente, e persino Andy Garcia presidente degli Stati Uniti d’America.

Ma ha anche dei difetti.

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