Furiosa: a George Miller Saga | Bad Movie

Il Bad Movie della settimana è Furiosa: a Mad Max Saga, il kolossal di George Miller al cinema dal 23 maggio

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Il Bad Movie della settimana è Furiosa: a Mad Max Saga di George Miller, al cinema dal 23 maggio.

Premessa

Qualcuno aveva visto arrivare da lontano questa catastrofe? La minaccia era stata individuata al cannocchiale inizialmente minuscola dentro un orizzonte sfocato come in tante inquadrature di Mad Max: Fury Road (2015)? Furiosa – A Mad Max Saga è partito malino assai nei botteghini di mezzo mondo. Il film è inferiore rispetto all'opera del 2015 di cui è prequel. Ma è comunque bellissimo. È il tentativo di George Miller di geopoliticizzare, tolkienizzare e guardare dall'alto un universo dentro il quale ci aveva sempre fatto entrare in medias res fottendosene delle continuità drammaturgiche, delle dinastie, persino della progressione esistenziale del suo antieroe Max Rockatansky. Mad Max non esisteva mai ed esisteva sempre, era il deserto opposto alla città, il nulla rispetto al tutto, il mito rispetto alla storia.

Da questo punto di vista i titoli italiani incasinatissimi per noi ragazzini gen x anni '80 servivano perfettamente a questa furiosa volontà di caos. I vecchi Mad Max erano sempre ad altezza uomo o cane o bimbo selvatico. Se trovavi un trabiccolo che si alzava 20 metri da terra rispetto a moto o macchine, strabuzzavi gli occhi e pensavi che veramente te ne potevi andare da quel deserto arancione con 90 gradi all'ombra. Ma volevamo realmente andarcene da lì? Assolutamente no, adoravamo quel deserto. Soprattutto se eri uno spettatore maschio condizionato da un'educazione al virilismo. Nel caso di questo quinto film del canone Mad Max il creatore George Miller, conscio che dal Signore degli Anelli in poi la saga fantastica pop si è fatta sempre più nozionistica e meno fancazzista e incongruente, ha voluto mettere ordine nella tempesta di sabbia.

“Se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda"

È la celeberrima frase de L'uomo che uccise Liberty Valance (1962) di John Ford e riguarda tutto il finale scelto da Miller. Furiosa ci appare come una lotta tra verosimile e inverosimile, blockbuster fancazzista e obbligo filologico, Realtà e Leggenda, azione e dramma, violenza e romanticismo. A volte tutti questi aspetti non sono perfettamente mescolati tra loro. I cinque capitoli esasperano questa identità episodica che Fury Road non aveva assolutamente.

È la storia di Furiosa, colei che deviava dal sentiero prestabilito nel filmone del 2015 dentro un action movie senza fiato contro il patriarcato, all'epoca in tempi non sospetti. A differenza di Fury Road che iniziava in medias res (si cominciava a metà del percorso e si spiegava allo spettatore mano a mano che si proseguiva), questa nuova avventura è raccontata come fosse una leggenda dal respiro colossale con più pause, più dialoghi, più minuti e più silenzio rispetto a quel capolavoro del 2015 in cui era difficile trovare un'inquadratura più lunga di 3 secondi. Il nuovo film di un signore ormai di 79 anni si sviluppa come digitavamo in cinque capitoli (prima volta nella saga Mad Max nata nel 1979), riguardanti gli anni da 8 a 18 della futura Imperatrice Furiosa, da che era una bimba coi capelli lunghi che coglieva le mele in una sorta di Eden (nella scena iniziale non capiamo se già altre volte ha visto dei trasgressori entrare lì) a che verrà rapita e poi venduta al clan di Immortan Joe come futura Pretoriana addetta alla guida della Blindocisterna.

Siamo posizionati 45 anni dopo l'apocalisse atomica che ha piegato gli alberi nell'incipit in bianco e nero e devastato l'Australia (che vediamo finalmente dall'alto con inquadratura satellitare modello mappa tolkienana). Non pensate più a Max Rockatansky, che faceva il poliziotto cui ammazzavano moglie e figli in un Australia dove l'asfalto era più del deserto nel primo film del 1979 (buffo: il compianto Hugh Keays-Byrne fu il primo villain Toecutter e dopo sarebbe stato Immortan Joe). Max compare anche in Furiosa per pochissimi secondi, di spalle dall'alto, ma era già chiarissimo che in Fury Road quello di Tom Hardy, in fuga da un imprecisato luogo popolato da bambini incavolati perché li aveva abbandonati, non fosse proprio lo stesso personaggio di Mel Gibson del primo Mad Max del 1979 e poi dei seguenti due del 1982 e 1985. Perché? Perché sennò sarebbe stato un immortale o qualcosa del genere e di queste creature Miller non aveva mai fatto menzione nel suo universo.

Quest'ultima opera ci ha ricordato la pittura preraffaellita perché cerca di ordinare il mito (infatti a Gastwon campeggia gigantesco il quadro Ila e le Ninfe del 1896 vergato da John William Waterhouse). Ma poi abbiamo pensato tanto anche al quarto film di John Milius ovvero quel Conan (1982) di cui abbiamo visto qualcosa anche nel nuovo Il regno del pianeta delle scimmie. Bambino traumatizzato che assiste alla morte dei genitori? C'è. Infanti fatti prigionieri? C'è. Divisione delle avventure in episodi? C'è. Futuro da capo di stato del guerriero individualista? C'è. Villain manipolatore e sciamanico? C'è. Narratore dalla presenza altalenante? C'è pure lui. Si chiama The History Man, è un vecchietto che sembra Gandalf disidratato, apre il film, assiste la crescita di Furiosa, le dà qualche consiglio e poi chiude preferendo la Leggenda alla Realtà. Mentre invece Miller prima ci ha fatto vedere la Realtà rispetto alla Leggenda. Cioè? The History Man racconta qualcosa di fantastico circa il destino dell'arcinemico di Furiosa. Come in Conan di Milius ci sono nel film scene di plastiche crocefissioni più pagane rispetto all'iconografia cristologica che ci hanno ricordato non poco quando Conan si mangia gli avvoltoi una volta impalato dopo che la missione nel Tempio di Set è andata storta e prima che Subotai gli salvi la vita.

Tutto già visto dunque? No perché c'è la donna al posto dell'uomo, Furiosa al posto di Conan (e di Max) e se qualcuno aveva storto il naso per quanto fosse rimbambito e secondario il mondo epico maschile di Max rispetto a quello femminile in crescendo di Furiosa in Fury Road… in questo caso preparatevi perché Miller torna sull'argomento ribadendo la tesi piuttosto che smentendola. È questo il motivo dell'inizio deludente al botteghino? Il femminile ancora non è accettato a livello di massa come protagonista dell'action movie epico? Si apra il dibattito. A Miller in Furiosa serve un papà villain simbolo del patriarcato. Un po' la stessa metodologia di Sofia Coppola in Priscilla. Lei lo trova in Elvis Presley, King di un favola perversa che non deve più ripetersi. Miller e il cosceneggiatore Nico Lathouris optano per un situazionista.

Dr. Dementus Show

Sicuramente doveva essere un grande fan del dj, etnomusicologo, collezionista di musica vintage, scopritore di Al Yankovic e amico di Frank Zappa al secolo Barret Eugene Hansen anche detto, dagli anni '70 in poi, Dr. Demento. Chi? Questo buffissimo energumeno interpretato alla grande da Chris Hemsworth, mix tra Lawrence D'Arabia e Charlie Manson. Ha il naso adunco, muscoloso, con orsacchiotto incatenato al corpo. Guida in modo caotico e umorale un esercito di bikers denominato Orda ma soprattutto se ne va in giro per il deserto con una biga trainata da tre motociclette (non deve essere stato facile collegare tra loro gli automezzi e probabilmente ci ha pensato The Organic Mechanic).

Chris Hemsworth ruba lo show a tutti nel film. E questo può essere un problema visto che la pellicola si intitola Furiosa e non Dementus. Tira fuori una vocina viscida nasale da venditore di macchine usate, è di notevole ignoranza (non sa nemmeno cos'è il Valhalla), diventa tutto rosso se un bel bagno dentro le polveri di un razzo segnaletico vermiglio lo convince a darsi una nuova tinta a barba e vestiti (situazionismo da action painting). Per il resto deve essere un grande fan dell'Iliade di Omero. Usa il metodo del cavallo di Troia (una scena decisamente scritta con debolezza visto che Gastown viene presa troppo facilmente e senza efficacia registica) e poi dedica a un suo rivale il trattamento Ettore (trascinato dalle motociclette e mangiato dai cani una volta cadavere per deturparne l'aspetto e umiliare i cari del morto). Tradisce tutti (pure se stesso), ha un ego smisurato e il trauma subito (l'orsacchiotto apparteneva alla prole) non lo rende un leader efficace anche quando arriva al potere. Se lui ha preso il nome da un protagonista della cultura pop del '900, la sua antagonista ha altri natali.

Curiosa

Furiosa è curiosa fin dalla prima scena. È una Valvarini e abita una valle dominata da cognomi italiani stile Firenze medicea. Bizzarro come si avventuri pericolosamente in mezzo ai biker con amichetta come niente fosse al minuto 2. La presa di Gastown da parte di Dementus è scritta male ma anche l'incipit con Furiosa incosciente curiosa non è il massimo. Parte poi una vita da rapita, senza dire una parola da dopo la morte della madre (poi pronuncia un “No” deciso alla domanda se sia o no la figlia di Dementus), sfoggiando capelli lunghi e rossi per poi radersi e fingersi bambino muto una volta entrata nel clan di Immortan Joe (anche la transizione dalla sua fuga da Rectus alla consegna dei guanti di Scrotus non è il top come gestione degli spazi e credibilità drammaturgica). Qualcuno assaggerà la sue lacrime e le troverà intriganti mentre arrivata alla maggiore età parteciperà alla costruzione della Blindocisterna per poi imparare a conoscerne tutti gli anfratti. Eppure se la sceneggiatura ogni tanto in Furiosa lascia a desiderare, entrambe le attrici per impersonare la protagonista sono perfette: sia Alyla Browne (da piccola) che Anya Taylor-Joy (da grande). La ragazzina incosciente rapita diventerà una giovane donna che si staccherà un braccio da sola pur di liberarsi da un legaccio per poi partire a tutta velocità con la motocicletta. Stabilirà un legame estremamente corretto con un Pretoriano espertone della Blindocisterna che le farà da dolcissimo mentore. Potremmo dire che c'è del romanticismo etero tra i due se non che Tom Burke, attore femmineo molto elegante, non ci sembri più queer che macho nelle scelte di Miller. Furiosa parteciperà con lui a sequenze chiave capaci di ricollegarla a Dementus per il grande finale di inseguimenti, tempeste di sabbia e vendetta.

Conclusioni

Perché il film è partito così male? Forse perché, lo ripetiamo, è ancora ostico considerare il femminile alla stregua del maschile dentro il racconto action epico da budget faraonici (168 milioni di dollari) per larga parte della popolazione di spettatori mondiali? Furiosa ha dei difetti di coerenza (come mai Rectus, The Organic Mechanic e il Mangiauomini sono completamente identici ai loro corrispettivi di 15 anni dopo?) e una scelta incomprensibile: perché non investire di più sul pazzoide chitarrista fiammeggiante Doof Warrior visto il successo mondiale del personaggio interpretato dal cantante iOTA nel film del 2015? Questa non l'abbiamo proprio capita.

Ma nonostante qualche falla che lo posiziona sotto Fury Road, con questo film Miller ci riporta dentro il suo universo Wasteland con magnifici effetti speciali, scenografie e vfx perfettamente amalgamati alla puzza di benzina e furore analogico da cui viene questo grande cineasta sicuramente invecchiato meglio rispetto a tanti suoi coetanei appartenenti come lui ad altre ere cinematografiche. Davvero non ci spieghiamo l'indifferenza del pubblico di fronte all'uscita in sala di un film da sala e ci dispiace tanto perché George Miller chiaramente voleva farne un altro di neo-Mad Max prima di salutarci. Ma evidentemente le lamentele di tanto pubblico maschile di fronte alla subalternità di Max rispetto a Furiosa nel film del 2015 hanno generato negli anni questa freddezza di fronte all'apertura al cinema nonostante il successo riscosso dalla anteprima mondiale di Cannes. Forse stava nascendo un odio per la sgommata in nome del ginocentrismo del franchise che nessuno di noi aveva visto avvicinarsi all'orizzonte.

Nemmeno con un cannocchiale.

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