Fuoco assassino, compie trent’anni il Top Gun dei pompieri
Fuoco assassino compie trent’anni: è ancora uno spettacolo incredibile, ed è ancora oggi il motivo per cui molta gente sceglie la carriera di pompiere
Naturalmente un film basato esclusivamente sulla cronaca della vita professionale di un pompiere non può reggere, a meno di non trasformarlo in un documentario; e quindi Widen immagina una storia che ruota intorno a una caserma, ma che parla anche di famiglia, amore, corruzione, vendetta. Fuoco assassino è un film corale, nel quale si intrecciano almeno tre o quattro storyline differenti, un’epopea di oltre due ore (e nella versione home video trovate altri tre quarti d’ora di scene tagliate) che avrebbe beneficiato di qualche taglio, ma alla quale si perdona ogni lungaggine in cambio di una serie di prove attoriali di primissimo livello.
Ma è solo uno dei tanti tasselli del puzzle. Che coinvolge anche le rispettive consorti o aspiranti tali: la moglie di Stephen (Rebecca De Mornay) l’ha lasciato per via del suo carattere incontrollabile, fin troppo simile al fuoco che combatte tutti i giorni; Jennifer (Jason Leigh) è invece la persona di cui Brian è più o meno segretamente innamorato, e che finora l’ha tenuto a distanza perché lo ritiene inaffidabile – ancora una volta, come il fuoco che tutto il resto della caserma è convinto che Brian non sia pronto a combattere. C’è una vena thriller che esplode sul finale: Robert De Niro è il capitano Rimgale, che di mestiere investiga i luoghi degli incendi per capire se siano di origine dolosa, e che aiuterà Brian a scoprire una rete di corruzione e doppiogiochismo che sale fino ai livelli più alti della politica di Chicago (a proposito: la scelta di ambientare il film a Chicago è conseguenza della reputazione del Chicago Fire Dept., “il migliore d’America”).
C’è, ed è curioso per un film uscito lo stesso anno di Il silenzio degli innocenti, un esperto piromane interpretato da Donald Sutherland che aiuta il dipartimento a risolvere il caso, e in cambio chiede di poter comunicare esclusivamente con la giovane recluta – come accade a Jodie Foster nel film di Jonathan Demme. La scontatissima definizione “film corale” non rende l’idea di quanto il film di Ron Howard sia sorretto dalle prestazioni del cast, che tiene a galla la storia anche quando Widen la appesantisce con infiniti rivoli narrativi: in mano a un altro cast, e a un altro regista, Fuoco assassino sarebbe potuto risultare eccessivo, sovrabbondante, fin troppo barocco. Invece Howard compie il miracolo di tenere la tensione alta per oltre due ore, senza rinunciare a tocchi umoristici o di generico calore umano. E gran parte del merito va a Industrial Light&Magic.
“Il 95% degli effetti visivi del film sono incendi veri” secondo il produttore Richard Lewis; ci sono solo due o tre sequenze nelle quali il fuoco è stato girato a parte e poi sovrapposto al resto del girato. Vale la pena ricordare che stiamo parlando di un film del 1991: questo significa che per girare Fuoco assassino, Ron Howard e compagnia hanno dato fuoco a qualsiasi cosa, attori compresi (chiedete a Scott Glenn). Hanno costruito set dentro palazzi abbandonati, li hanno incendiati e hanno chiesto agli attori di gettarsi nell’inferno di fuoco senza paura – se aspettate i titoli di coda noterete che i nomi di Kurt Russell, William Baldwin e del resto dei pompieri sono accreditati come “stunt”, perché hanno girato in prima persona le scene tra le fiamme. Il fuoco che cammina sul pavimento? In realtà è un soffitto al quale era stato fissato il mobilio, e l’inquadratura è stata ribaltata in montaggio. Pareti che esplodono e crollano? È successo davvero, non era previsto ma nonostante questo la sequenza e rimasta nel film.
Non siamo certi che tutto questo sia una grandissima idea, e probabilmente oggi riprese del genere non verrebbero autorizzate (né servirebbero, visto che si può ricreare un incendio in CGI); ma dà l’idea della dedizione all’argomento, della voglia di tutta la produzione di far vedere cosa significa davvero fare il pompiere, di che razza di rischi si corrono ogni giorno quando si va in caserma. È impossibile non parteggiare per loro, e non infuriarsi con il candidato sindaco interpretato da J.T. Walsh, “l’uomo dei tagli”, una figura ben nota anche da noi e villain perfetto perché mette i bastoni tra le ruote agli eroi della città. Ed è impossibile non vedere nel fuoco una sorta di animale selvatico, incontrollabile, ma dotato di una personalità, di una volontà: Fuoco assassino lo tratta come se fosse il mostro di un horror, che lascia vittime carbonizzate e una scia di distruzione dietro di sé. Ci sono degli eroi, quindi, c’è una creatura malvagia da sconfiggere, c’è il traditore al soldi della creatura da incastrare, e ci sono famiglie da ricomporre e innocenti da salvare: trent’anni dopo, non è difficile capire come mai Ron Howard sia riuscito a convincere così tanta gente a intraprendere la carriera da pompiere.