Fumo di China: 40 anni di passione e competenza - Intervista al direttore Loris Cantarelli
Loris Cantarelli risponde alle nostre domande sugli ormai quasi quarant'anni di Fumo di China
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
La rivista che ha insegnato a molti a parlare e leggere di Fumetto in un certo modo, fatta da chi la Nona Arte la conosce e la frequenta quotidianamente per chi vuole approfondire e capire. Nata come fanzine e diventata, nel corso degli anni, un punto di riferimento per gli appassionati italiani, Fumo di China è a tutt'oggi un'istituzione di critica fumettistica e un atto di amore costante per questo linguaggio che ci siamo trovati ad amare.
Quasi quarant’anni di Fumo di China: quale credi sia stato il ruolo della rivista negli anni e qual è oggi, dopo otto lustri?
Be', incredibile ma vero! Anzitutto, e ormai da decenni, è il nome tuttora più noto fra le decine di pubblicazioni amatoriali che sono nate a partire dalla mitica – aggettivo che uso raramente, ma qui ci sta tutto – Comics Club 104, di Paolo Sala e Alfredo Castelli, nel 1966. Ma fin dal 1988, con il passaggio a prozine, edita da Alessandro Distribuzioni, e lo sbarco in edicola dopo soli otto brossurati ripartendo per la terza volta dal n. 1, va riconosciuto che si è sempre più resa professionale, tanto da portare decine di nostri collaboratori a lavorare per editori di fumetti o almeno rendere la loro passione un lavoro “vero”, cosa di cui tanti amici e genitori ancora non si capacitano! [ride]
Forse non dovrei dirlo io, però è indubitabile che sia per la longevità (solo Fumetto dell’ANAFI è più longeva, però lei è in abbonamento!) che per le centinaia di collaboratori nei decenni è stata quella che, in epoca pre-Internet, ha fatto scoprire non soltanto la possibilità di una critica fumettistica, ma a volte l’esistenza stessa di altri tipi di fumetti rispetto a quelli che il luogo di nascita e la vita ci facevano scoprire. Senza contare le varie procedure e competenze presenti nella filiera del Fumetto: molti scoprirono quanto tempo, quanto lavoro durante e quanti aspetti diversi ci fossero dietro una serie da edicola grazie al mega-dossier con interviste e tavole di prova che dedicammo sul n. 10 del 1991 a Nathan Never, dove per altro esordiva un giovane Luca Enoch...
Ci sono tanti nomi che potremmo citare, tra fondatori e collaboratori, fondamentali per aver dato lustro alla rivista. Se dovessi sceglierne un paio, chi dobbiamo davvero ringraziare, sopra ogni altro, per quarant'anni di approfondimenti, analisi e informazione?
Ah, soltanto due è praticamente impossibile! Diciamo che, a parte i quattro fondatori (Franco Spiritelli, Andrea Magoni, Andrea Plazzi e Mauro Marcheselli), se siamo qua oggi è anche grazie ad Alessandro Pastore (che, permettendoci di consultare la sua immensa fumetteria e diventando nostro editore, ha reso il tutto sempre più professionale) e a Marcello Toninelli (che insieme ad alcuni altri soci autoproduceva la rivista Fox Trot! con i loro fumetti e unì le forze per raggiungere le edicole) per aver scelto un formato che si è rivelato vincente e aver ideato l’Annuario del Fumetto nel 1995, per far quadrare meglio i conti. Ancora oggi è la nostra pubblicazione più venduta, oltre al fatto di essere tuttora l’unica di questo tipo nel settore: in oltre cento anni di storia dell’editoria italiana e nonostante i tanti sproloqui sui “graphic novel” è quanto meno curioso.
Poi però faremmo un torto a non nominare Sergio Bonelli, che ci presentò alla Marco (allora il più importante distributore italiano) e, quando si è trattato di realizzare approfondimenti su autori e personaggi del mercato italiano, non ci ha mai ostacolato, anzi... anche se poi si premurava di telefonare, anche a casa dei singoli redattori o collaboratori, per spiegarci perché non condivideva una cattiva recensione o quali logiche stavano dietro ad alcune scelte precise, arrivando perfino a scusarsi lui, alla fine della telefonata! Davvero una signorilità d’altri tempi, che ancora ci commuove.
E infine, a simboleggiare la decina di direttori e le centinaia di contributors negli anni, citerei Fabio Licari – che ancor oggi cura tre rubriche che sono un gioiellino, dimostrazione di come si possa scrivere tantissimo in poche righe e pure in maniera piacevole e arguta – e il compianto Salvatore Oliva, scomparso a 58 anni lo scorso 18 luglio, che con il sodale Giorgio Zambotto realizzava fin dal 1994 le celebri corrispondenze dal Festival di Angoulême, oltre alle più recenti “Letture d’Oltralpe”: aveva sempre la critica pronta anche su FdC, a cui voleva bene come un figlio, quasi più del suo amato Hugo Pratt. Credo davvero che la sua passione, per di più senza secondi fini, possa ben rappresentare tutti quanti si sono spesi in questi quaranta anni per far conoscere di più e meglio il fumetto.
Fumo di China è da sempre un baluardo della critica competente e di uno sguardo intellettuale alla Nona Arte. In un’epoca come questa, in cui i personaggi a fumetti sono quanto mai popolari, ti sembra che sia ancora una missione urgente, la sua? E in quanta parte è invece compiuta?
Sullo sguardo “intellettuale” si potrebbe discutere a lungo [ride], anche se, fino alla celebre copertina di Bill Sienkiewicz, intervistato da Marco M. Lupoi sul primo FdC di Alessandro, sembrava quasi “adolescenziale” trattare di supereroi, e MML dovette inventarsi la rubrica “Cuore di China” pur di poterne parlare.
Però, hai ragione: di questi tempi in cui, come scrisse il New York Times nel 2009, «Comics have finally joined the mainstream», ma anche in cui chiunque – ed è un bene! – può cogliere in fallo chiunque altro grazie al “giornalismo partecipativo”, si rischia spesso di scadere nelle polemiche di bottega o fatte solo per far parlar di sé, sull’esempio di Oscar Wilde. Così come sono in agguato la grossolanità e stupidità delle recensioni improvvisate, di cui si lamentava Henry James. Credo in realtà che la missione di FdC, come di chiunque abbia a cuore l’intelligenza e il buon senso, oggi sia in effetti quanto mai urgente, ma soprattutto anzitutto incentrata sulla verità sostanziale e sull’onestà intellettuale, visto il dilagare di creduloni, più che di fake news, che affligge l’intera comunicazione odierna e in ambiti ben più estesi e rilevanti rispetto al Fumetto (con tutto il rispetto, ovviamente).
Il trattare di argomenti poco indagati sul web, e ben al di là dei soliti copia-incolla, per ora continua a venirci riconosciuto dai lettori, dato che i numeri si mantengono stabili e anzi continuano ad affiancarsi alle e-mail che arrivano in redazione o i messaggi sui social network. Poi sono piani diversi: su blog, Facebook e Twitter si segnalano le notizie, sul mensile si approfondiscono i temi incontrando gli autori e raccogliendo impressioni dal panorama italiano e non soltanto. Ma, ripeto: allargando il discorso ma non tanto, è una battaglia contro la superficialità che ognuno di noi deve portare avanti ogni giorno.
Il Fumetto e il mercato sono cambiati, come anche l’attenzione dei media verso il nostro mondo. FdC ha, in qualche modo, anche la volontà di educare il pubblico? E quello di oggi è più maturo di quello di un tempo?
Personalmente ho sempre ritenuto che il pubblico si educhi da sé, a volte perfino senza accorgersi: nel senso che, almeno per la rivista cartacea, chi ci segue è già interessato a saperne di più e in genere con mentalità aperta. Poi, come diceva ancora Bonelli, se oggi inserisci qualcosa in un’epoca in cui non era ancora stata prodotta, il lettore medio se ne accorge molto più di un tempo, ed è normale visto il bombardamento di informazioni visive che riceviamo ogni minuto. Quindi da un lato è molto più facile raccogliere documentazione, ma l’altra faccia della medaglia è il confrontarsi con lettori molto più smaliziati.
Tuttavia credo che molti sottovalutino quanto si stia perdendo il lettore diciamo “generalista” o “di bocca buona”, che non ha letto migliaia di fumetti ma soltanto poche serie e magari distrattamente. Perciò, sul web come su carta, spesso e volentieri cerchiamo di aiutare il più possibile a “unire i puntini”, per capire meglio quello che leggiamo e amiamo. Poi spesso apriamo finestre su quanto in ambito internazionale il Fumetto stia sempre più conquistando rilevanza artistica a tutto tondo.
FdC è una rivista specialistica che si occupa di un universo vastissimo e complicatissimo. A ogni numero da comporre e da proporre, rimarranno fuori moltissimi argomenti di cui si potrebbe o vorrebbe parlare, ma lo spazio manca. Se avessi a disposizione due mesi in più all’anno, di quali temi non trattati ti piacerebbe parlare? O non hai mai rimpianti sulle scelte fatte?
Ah, argomenti da trattare ne rimangono fuori a bizzeffe. Si potrebbero aggiungere pagine extra ogni mese, come successo nel doppio estivo appena uscito. Quello che manca è sempre il tempo! La vitalità del mondo indipendente italiano, i sempre intriganti exploit del fumetto franco-belga, il multiforme rinnovarsi del manga, certe nicchie misconosciuti dei comics USA li cogliamo pur riuscendo a segnalarli soltanto in parte. Il che è già qualcosa, anche se ci piacerebbe fare molto di più.
E poi ci sono ancora tanti mondi da esplorare. Ad esempio, in autunno, approfondiremo il fumetto polacco che, come s’è intravisto al Napoli Comicon, non è soltanto Grzegorz Rosinski. Così come del cosiddetto “graphic journalism” e del fenomeno graphic novel, che stanno dando vita al curioso ibrido di non poche biografie, musicali ma anche scientifiche. Un esempio è la collana da edicola I grandi della Scienza a fumetti, che proseguirà con inediti realizzati in Italia dalla Symmaceo, la stessa che sta portando avanti da tempo il progetto Comics & Science. Sono tutti aspetti poco indagati anche se molto interessanti, meno roboanti di film e telefilm, ma che chi è curioso e ama i fumetti non può non apprezzare.
Quali sono le prospettive future della rivista? Quali le iniziative per seguire i cambiamenti in atto?
In questi mesi abbiamo intervistato personalità italiane che, pur esterne al mondo del Fumetto, lo amano e lo seguono da sempre: dopo Luca Telese, Giulio Giorello e Maurizio Nichetti ne incontreremo altri. Inoltre, in ogni numero chiacchieriamo con autori che hanno debuttato proprio su FdC: finora Giuliano Piccininno, Max Bertolini e Luca Enoch, ma non mancheranno sorprese.
Poi stiamo pensando ad alcune iniziative particolari per la prossima Lucca di ottobre, al numero del quarantennale di febbraio 2018, mentre sui social stanno già uscendo alcuni omaggi-divertissement di amici disegnatori con l’hashtag #FdC40. In prospettiva c’è sicuramente l’idea di rendere disponibili in formato PDF i vecchi numeri, non soltanto per evitare che finiscano «perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia», ma anche perché in alcuni casi sono ancora validissimi (in particolare alcune interviste ad autori molto amati, come Magnus). Poi ci stiamo attrezzando per un’app dedicata, anche se ormai è difficile pensare anche soltanto pochi anni più in là.
Certo, pensare che il ciclostilato di dodici pagine, tirato in sole trenta copie quel febbraio 1978, abbia portato a tutto quel che facciamo oggi – compresa dal 1998 la mostra mercato Riminicomix, di fatto è rimasta l’unica gratuita in Italia, fa un po’ girare la testa...
La foto è stata scattata da Giovanni Nahmias.