Frankenstein Junior, una storia d'amore lunga una vita

E' arrivata in commercio una Special Edition a tiratura limitata del classico firmato Mel Brooks; più che una recensione, vi proponiamo una dichiarazione d'amore verso il film...

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Molte persone – ben più titolate del sottoscritto - nel corso di questi 39 anni che ci separano dall'uscita nei cinema del capolavoro di Melvin James Kaminsky e Gene Wilder noto come Frankenstein Junior, hanno scritto tutto e di più in merito.

Quindi se stessi qua a parlarvi del rigore filologico con cui Brooks ha omaggiato le pellicole dei Mostri Classici della Universal così fortemente volute dal fondatore della major Carl Laemmle, dell'umorismo yiddish di cui è intriso il film, degli aneddoti legati alle varie battute in lingua originale e al geniale adattamento italiano di Mario Maldesi o del viaggio produttivo che ha dato origine a questa gemma della cinematografia, risulterei solo ridondante.

Pertanto porterò tutto sui binari più intimi della stretta relazione d'amore che mi lega a questo film da tempo immemore.

Ergo, se non siete amanti del sentimentalismo più spinto, girate alla larga. Questo articolo ha più cartelli di “Sciò! Pussa via!” del terreno che circonda il Deposito di Zio Paperone.

Se non ricordo male, la prima volta che ho visto Frankenstein Junior, avrò avuto massimo 4 anni. Era il periodo delle feste di Natale, quello in cui ancora oggi viene riproposto dalla tv generalista e/o satellitare insieme ad altri classici come Una Poltrona per Due, un Biglietto in Due o Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato.

Proprio in relazione a quest'ultimo, ricordo di aver nutrito dei genuini dubbi sull'età di Gene Wilder. Non riuscivo ad afferrare pienamente come un attore che compariva in un film a colori, dunque MODERNO, che amavo alla follia potesse anche essere il protagonista di un film in bianco e nero, dunque VECCHIO. Ebbene si: alla tenera età di 4 anni collegavo automaticamente la cromaticità di un film alla sua età, anche se, curiosamente, l'opera di Mel Stuart e quella di Mel Brooks erano divise da solo tre anni di età di differenza.

Se fossi stato un fumetto, avrei avuto dei punti interrogativi tutt'intorno alla mia testa.

Specie nel momento in cui ho esposto il dubbio sull'età di Gene Wilder a mia madre domandandole come fosse possibile che fra Willy Wonka e il film “col mostro” non fosse per nulla invecchiato!

Ignoravo bellamente che negli anni delle prime VHS e delle magie dei televisori STEREO si potessero comunque girare lungometraggi con le stesse tecniche impiegati decenni prima.

Dopo aver appreso che un regista poteva comunque decidere di girare un lungometraggio in bianco e nero come se fosse “un film vecchio”, l'epifania.

Frankenstein Junior, insieme – per altri motivi – a I Predatori dell'Arca Peduta e Ghostbusters è stato il film che mi ha fatto comprendere come al cinema tutto sia possibile.

Che il tempo può essere azzerato, fermato, congelato dal grande schermo e dagli stregoni che si occupano di portare su di esso le loro magie di celluloide.

Poi vabbè, Gli Acchiappafantasmi e la parodia targata Brooks sono anche accomunati dal fatto che ero follemente innamorato tanto di Teri Garr quanto di Sigourney Weaver, ma quello si riconnette alla forza che il fascino femminile ha sempre esercitato sul sottoscritto fin dalla più tenera età; ma questo è davvero un altro discorso.

Probabilmente però, se adesso sto qua a parlare con voi, lo si deve anche a Mel Brooks oltre che ad Ivan Reitman e Steven Spielberg; per cui se non vi vado a genio e se non tollerate i miei elaborati, potete inoltrare proteste formali agli uffici e agli agenti dei suddetti.

Non se vi risponderanno e, nel caso, sono affari vostri.

Tornando a Frankenstein Junior era normale che mi attirasse a sé già dal titolo: fin dalla più tenera età avevo un vero e proprio debole per i “mostri classici” già citati, quindi qualsiasi cosa contenesse il nome Frankenstein nel titolo era per me l'equivalente del miele per Winnie the Pooh. Certo, magari a 4 anni, non potevo cogliere le raffinate allusioni e citazioni ai classici film gotici della Universal, ma l'umorismo e l'ironia della sceneggiatura di Mel Brooks e Gene Wilder, unite alla comicità fisica di tanti passaggi e della peculiarità estetica dei vari interpreti, erano, e sono, in grado di agire ad un livello che prescinde il cerebralismo analitico.

Non è certo un caso se, ancora oggi, mi ritrovo a citare battute del film con cadenza quasi quotidiana, magari strofinando il capo sulla spalla di qualcuno come fa Aigor con il suo datore di lavoro.

Impossibile quindi non tornare al cinema per la rerelease organizzata dalla Fox e dalla Nexo un paio di settimane fa (nonostante lo avessi già visto anche durante il precedente evento del febbraio del 2011), impossibile nascondere la contentezza quando ho aperto la porta al corriere che mi ha consegnato la mia copia N°1026 di 7500 della Limited On Stage Edition del capolavoro.

Questa speciale edizione propone gli stessi notevoli extra e l'ottima fattura tecnica del Blu-Ray uscito nel 2008. A tutto questo si aggiunge uno speciale approfondimento intitolati “Frankenstein Junior On Stage: dietro le quinte del musical insieme al cast e allo staff creativo della Compagnia della Rancia”.

Dal 2012 infatti, la celeberrima società produttrice di musical di Tolentino fondata da Saverio Marconi è in tour lungo lo sivale con la versione italiana dello spettacolo che ha trionfato a Broadway dal 2007 al 2009 con ben 485 repliche all’Hilton Theatre.

Naturalmente se siete già in possesso di una copia della precedente proposta in Blu-Ray, l'eventuale acquisto del disco è subordinato al vostro amore per il film, alla vostra curiosità in materia di musical e alla vostra cupidigia verso tutti quei prodotti che sono effettivamente prodotti in numero limitato.

Devo ammettere che per meno di 12 euro è difficile resistere alla tentazione di comprare un Blu-Ray che diventerà molto popolare sotto le feste.

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