Focus On - "Io, Kara"

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Nella prima puntata della rubrica Focus On parliamo della tech demo di Quantic Dream presentata alla GDC...

Tra il 7 e l’8 marzo, con la GDC bellamente sullo sfondo, sono successe un paio di cosette importanti per il mondo del videogioco. Perché quindi non fare il punto della situazione e cercare di capirne i risvolti?

Per comodità, divideremo questa prima puntata di Focus On in due parti, la prima dedicata a “Project Kara”, la tech demo presentata durante la GDC, la seconda all’addio di Peter Molyneux a Microsoft Games Studios. Focus On continuerà poi, senza fissa periodicità, analizzando di volta in volta notizie interessanti dal mondo del videogame.

Cominciamo dalla tech demo firmata Quantic Dream, presentata proprio presso la GDC 2012. Anzi, cominciamo proprio da Quantic Dream stessa. Incubo di ogni investitore, la casa francese è ormai ben nota per seguire sentieri oscuri ai comuni mortali. Eppure, in qualche modo, alla fine ce la fa sempre a far parlare di sé (e a non fallire).

Parte di questo merito si deve senza dubbio al carismatico David Cage, fondatore della società e frontman. Sulle sue capacità di imbonitore non ci sono dubbi. La prima demo giocata di Heavy Rain, presentata a porte chiuse alla GamesCom del 2009, è rimasta negli annali del giornalismo non tanto per i contenuti (peraltro interessanti), ma più che altro per la capacità di mr. Cage di appassionare il pubblico in sala. Risultato? Anteprime entusiastiche e hype alle stelle. Che poi Heavy Rain sia stato, a mio personale parere, un prodotto molto interessante (seppur non privo di difetti) in questa sede ci importa relativamente: la critica l’ha promosso a pieni voti e il pubblico ha sborsato abbastanza soldi da garantire ulteriore futuro a Quantic Dream.

Ma cos’è che rende questa software house e i suoi prodotti così “diversi”?

La risposta è semplice: i videogiochi firmati QD sono videogiochi solo fino ad un certo punto. Prima Omikron: The Nomad Soul, ma ancor di più Fahrenheit, hanno proposto al pubblico delle “esperienze interattive”, più film che giochi. Controlli molto limitati, tesi ad imitare le azioni del personaggio a schermo, ma soprattutto motion capture con attori veri, sceneggiatura, inquadrature cinematografiche, dialoghi ricchi.

Un vero e proprio ponte tra il media del videogioco e quello del cinema, seppure non senza qualche grossa rinuncia. Proprio le sceneggiature, a detta di David Cage uno dei fiori all’occhiello della casa francese, lasciano alquanto a desiderare: piene di buchi e clichè, spesso inconcludenti e tendenti alla totale implosione di qualsivoglia senso logico (vedasi la seconda metà di Fahrenheit). Perché il successo, quindi? Perché, seppure lo slogan sbandierato di “facciamo giochi per un pubblico maturo con sceneggiature di qualità” sia stato abbondantemente smascherato, questo non impedisce ai giochi di QD di presentare personaggi credibili, sequenze interattive memorabili, belle scenografie che strizzano l’occhio all’appassionato di cinema e al tempo stesso incuriosiscono il giocatore hardcore.

Un gioco d’equilibri dannatamente difficile da tenere in piedi, sia dal punto di vista dello sviluppo di tali prodotti, sia da quello, non indifferente, di trovare fondi per produrli e soprattutto il modo per venderli. Finora, Quantic Dream ci ha saputo fare. Heavy Rain ha collezionato premi a destra e a sinistra e ha venduto oltre due milioni di copie. Può darsi che certe dichiarazioni di mr. Cage siano un po’ sensazionalistiche e che le sue doti di sceneggiatore lascino piuttosto a desiderare, ma poco conta: i suoi giochi funzionano e affascinano, fanno un uso della tecnologia interessante e la gente ne parla.

Ora, dopo due anni di totale silenzio, Cage è riapparso sul palco della GDC con una tech demo intitolata Project Kara. Non un video pre-renderizzato, attenzione, ma una sequenza non interattiva completamente in real time e su hardware Playstation 3, senza alcuna modifica né post-produzione. Tecnicamente impressionante dal punto di vista del rendering e dell’illuminazione dinamica, la sequenza è stata creata (come ormai abitudine per la casa francese) partendo dal motion capture di un’attrice in carne ed ossa, Valorie Curry. Contro le 25 videocamere utilizzate per Heavy Rain, Project Kara è stato realizzato filmando con 65 fatte girare contemporaneamente, catturando in una sola passata movimenti del corpo, facciali e voce (a differenza di quanto fatto per HR, dove i movimenti del corpo venivano filmati separatamente da qelli facciali e dalla voce).

Il risultato è una vera e propria performance recitativa, con notevole naturalezza nei movimenti e nelle espressioni facciali, unita a un lavoro eccezionale dal punto di vista puramente grafico.

Non manca nemmeno il lato “umano” e introspettivo che da sempre caratterizza i lavori firmati QD: Kara è infatti una cyborg prodotta in serie, un modello da “intrattenimento” e aiuto casalingo, le cui mansioni possono andare dal lavare i piatti sino a sollazzare il proprietario. Tuttavia, durante la normale routine di assemblaggio e test pre-vendita, il cyborg sembra sviluppare in un istante la capacità di pensare: alla voce del tecnico che meccanicamente le chiede di compiere questa o quell’operazione motoria di base, lei risponde facendo domande molto umane.

Un malfunzionamento, dal punto di vista del tecnico, che immediatamente sente puzza di bruciato e preme il proverbiale panic button: le stesse braccia che prima assemblavano delicatamente le parti di Kara ora minacciano di farla a pezzi.

Al di là del mero lato tecnico, Project Kara funziona anche come cortometraggio: chiarifica immediatamente un preciso contesto narrativo, rende credibile lo scambio tra i due personaggi (per quanto davanti all’inquadratura ci sia sempre e solo Kara) e soprattutto lascia che sia il giocatore a elaborare da sé la visione più ampia, rubando qui e là concept ben impressi nell’immaginario collettivo e quindi immediatamente comprensibili e “applicabili” (le pellicole di Io Robot e Blade Runner su tutti).

Il risultato è una sequenza sorprendente dal lato tecnico e interessante dal punto di vista narrativo: un modo originale per mostrare la tecnologia su cui QD sta  sperimentando, simile nella forma, ma più efficace, di The Casting, la tech demo che a suo tempo introdusse Heavy Rain.

Le indiscrezioni giunte successivamente alla presentazione hanno inoltre rivelato alcuni interessanti dettagli: innanzitutto, la tech demo è vecchia di ben un anno. La decisione di mostrarla solo ora deriva dalla volontà di introdurre il pubblico all’idea di un nuovo lavoro targato QD senza però svelare troppo.

La decisione invece di sviluppare su Playstation 3 e non su hardware di nuova generazione viene dalla convizione di Cage e del suo team che l’attuale console Sony abbia ancora un certo margine non sfruttato: la tech demo sembrerebbe dargli ragione, ma bisogna considerare che un gioco vero e proprio richiede ulteriore potenza di calcolo per gestire interazione, intelligenza artificiale, fisica e molti altri aspetti, dunque tale affermazione andrà verificata in futuro.

Per quanto Project Kara non rappresenti in alcun modo i contenuti e la giocabilità del nuovo titolo in lavorazione presso Quantic Dream, la tech demo ha colpito nel segno, dimostrando che la software house è pienamente al lavoro e non in “blocco creativo” come alcuni detrattori avevano recentemente suggerito.

Perdipiù, David Cage sta dimostrando notevole coraggio: nonostante il successo commerciale di Heavy Rain, lo sviluppatore si è guardato bene dal percorrere la strada del “sequel”, più sicura ma contraria alla sua idea di costante sperimentazione.

Terremo d’occhio con grande attenzione i risvolti della vicenda, fornendovi come sempre tutte le notizie di prima mano.

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