Focus On - Il caso Ubisoft

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Dopo il caso Watch_Dogs analizziamo cosa funziona e cosa manca nell'organizzazione del publisher francese...

Lo spostamento della data d'uscita di Watch_Dogs arriva in una settimana che, per Ubisoft, non è stata semplice: prima l'annuncio delle scarse vendite di Rayman Legends, poi gli ancor meno soddisfacenti dati su Splinter Cell: Blacklist. Sintetizzando al massimo si può dire che i due giochi più importanti pubblicati dall'azienda francese in questo inizio d'autunno hanno mosso numeri ben al di sotto delle aspettative, mentre Assassin's Creed IV: Black Flag, in uscita a brevissimo, rischia di fare la stessa fine. Il tutto nonostante le ottime qualità di tutti i titoli citati. Cosa sta succedendo in casa Ubisoft?

Il mancato successo di Rayman e dell'ultima avventura di Sam Fisher ha molte concause, forse l'arrivo di GTA V ha pressoché eclissato ogni altro gioco presente sugli scaffali, forse l'utenza sta risparimando per acquistare al lancio Xbox One e Playstation 4 oppure ancora i titoli Ubisoft non vengono percepiti come prodotti di prima fascia. Il caso dell'azienda fondata dai fratelli Guillemot è interessante perché racchiude in se molte delle contraddizioni che stanno colpendo molti publisher di medie dimensioni; Ubisoft, infatti, non ha la potenza di Activision o EA, tuttavia possiede alcuni dei brand più importanti della storia videoludica recente, mentre ha alle sue dirette dipendenze talenti enormi, a partire dal mai abbastanza osannato Michel Ancel. Dopo l'enorme successo del primo Assassin's Creed nel 2006, il publisher francese sembrava indirizzato verso un futuro più che roseo, fatto di sequel, bilanci in crescita e nuovi successi: in realtà gli ultimi anni si sono incancreniti in uno stallo creativo e culturale che Ubisoft sta ancora pagando.

La decisione di rendere AC una saga annuale ha messo il team sotto pressione e, lentamente, la qualità dei vari episodi s'è abbassata, facendo diminure anche l'interesse del pubblico. Con Splinter Cell la dinamica è stata ancora peggiore, dopo tre capitoli straordinari il brand è finito nell'abisso, basti vedere il pessimo Convinction, e solo con Blacklist sembra essere tornato ai fasti di un tempo. Anche con Rayman, dal punto di vista della critica, l'operazione è andata benissimo, tuttavia dopo anni di Rabbids e titoli mediocri il pubblico non se l'è sentita di fidarsi troppo e così sia Origins che Legends hanno venduto meno di quando ci si sarebbe aspettati.

Nel complesso Ubisoft sembra incapace di promuovere i suoi titoli perdendosi nell'ultimo miglio, ovvero in quella fase di marketing/distribuzione del prodotto che spesso fa da spartiacque fra successo e fallimento più nero. Inoltre la casa francese gestisce da anni un rapporto complesso e mai del tutto risolto con Nintendo, da una parte, al lancio di ogni nuova console made in Kyoto, Ubisoft propone esclusive e addirittura nuove IP (su Wii arrivò Red Steel, più recentemente Zombi U), salvo poi cambiare i suoi progetti in corsa quando si accorge che, spesso, il pubblico di Nintendo non apprezza molto alcuni concept ludici. Anche la gestione dei franchise denota una certa confusione interna, da una parte abbiamo prodotti ormai ben oltre il limite dell'inflazione, come Assassin's Creed o Splinter Cell, dall'altra brand che paiono ormai caduti nel dimenticatoio come Rainbow Six Patriots, annunciato e poi sparito, o Beyond Good & Evil 2, anch'esso chiuso in qualche archivio e li abbandonato. Pare quasi che Ubisoft faccia fatica a gestire le sue molteplici risorse, dando mano libera ai team e non riuscendo a coordinare date d'uscita, piattaforme e tempi di consegna. Da un lato questa libertà creativa si traduce in un fiorire di nuovi progetti, dall'altra espone a problematiche non banali come accaduto con Watch_Dogs.

Nei prossimi mesi Yves Guillemot (attuale CEO dell'azienda) dovrà correre ai ripari, razionalizzando il periodo di uscita dei giochi e coordinando al meglio i vari team di sviluppo. Con la nuova generazione alle porte i rischi sono ancora maggiori e per avere successo non basterà proporre i titoli migliori; non a caso EA ed Activision, negli ultimi anni, hanno limitato di molto la loro offerta ludica, concentrandosi su poche saghe ed annunciando nuove IP solo con tempi piuttosto lunghi. Ubisoft dovrà abituarsi a lavorare in maniera simile altrimenti rischia seriamente di condannarsi all'irrilevanza.

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