Focus On - Cosa sta succedendo a Youtube

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Google ha dichiarato guerra agli youtuber?

I nostri lettori che seguono la stampa videoludica straniera si saranno accorti che, da qualche giorno, le principali testate americane (a partire dall'ineccepibile Kotaku) si stanno occupando in maniera intensiva di YouTube e, in particolare, della recentissima stretta sui video dedicati al gaming. A quanto pare la mannaia del copyright è arrivata anche nel nostro settore e aziende come Sony o Warner hanno deciso di reclamare la loro parte degli utlli. Sui social, nei forum e online si leggono i commenti più disparati, da chi promette lotta dura ad ogni tipo di regolamentazione, fino ai soliti disfattisti che stanno già pronosticando la morte di YouTube in favore di siti di sharing video meno restrittivi in maniera di copyright.

Quello che accade in America, di norma, arriva in Italia con qualche mese di ritardo. Dunque, per evitare polemiche, ecco un piccolo riassunto della vicenda e qualche considerazione riguardo le scelte di YouTube e le conseguenze per noi giocatori, per la stampa e per la community online.

Per amore di brevità riassumeremo qui solamente i passaggi fondamentali della vicenda ma, se volete scendere nei dettagli tecnici, il solito Kotaku ne parla qui e qui. In buona sostanza, Google ha sviluppato un algoritmo, chiamato ContentID in grado di analizzare in maniera automatica i milioni di video presenti su YouTube ed accorgersi se al loro interno sono presenti contenuti protetti da copyright. Il sistema, manco a dirlo, si concentra in particolare su canzoni ed elementi musicali, dato che l'upload sul tubo di canzoni o addirittura interi album è da sempre uno dei grandi crucci dell'industria discografica mondiale. ContentID, però, non fa nessuna distinzione fra le violazioni del diritto d'autore vere e proprie e l'uso di brani famosi per colonne sonore o come accompagnamento musicale per video che parlano d'altro. Per questo motivo, dall'oggi al domani, centinaia di youtuber si sono trovati notifiche che segnalavano la rimozione di alcune parti dei loro video. Inutile dire che la rete è esplosa: qualcuno ha gridato al boicottaggio, mentre altri hanno già sentenziato che siamo davanti all'ennesimo colpo di mano delle multinazionali. Cedere questo tipo di interpretazioni è semplice e anche un po' autoassolutorio ma, come sapete bene, noi di BadGames non siamo mai a favore della spiegazione più comoda.

Pur sapendo che la disciplina del copyright ha bisogno di una riforma profonda, infatti, nel caso degli youtuber siamo davanti, in molti casi, a persone che, grazie alla loro abilità, sfruttano una zona grigia in cui non siamo davanti né a produzioni amatoriali né a professionisti nel vero senso della parola. Gli autori di maggiori successo infatti, grazie a GoogleAds e altri sistemi, hanno la possibilità di incamerare cifre piuttosto consistenti (non esistono dati ufficiali ma, da stime calcolate per i siti commerciali, un canale con 50.000 iscritti può già garantire un introito mensile abbastanza consistente), sfruttando, de facto, produzioni videoludiche o cinematografiche per cui non hanno mai pagato un centesimo di diritti. Questo modello di sfruttamento non poteva durare e, infatti, oggi le major hanno deciso di limitare gli abusi, chiedendo a YouTube di prendere provvedimenti.

Qui non si tratta di essere a favore o contro le multinazionali, si tratta di essere onesti rispetto al ruolo di ognuno all'interno dell'industry. Con Playstation 4 ed Xbox One le aziende hanno dimostrato di voler incentivare al massimo la condivisione di video e la creazione di contenuti originali, tuttavia era impensabile che tollerassero a lungo la continua cannibalizzazione dei propri prodotti con walkthrough, guide, commenti e recensioni. La solidarietà pelosa agli autori non serve a nulla, c osì come il pugno duro delle major non farà altro che contrapporre ancora di più il vasto mondo dei content creator con quello dei professionisti. In realtà la grande questione ruota ancora attorno all'ormai antico concetto di diritto d'autore: una riforma è necessaria tuttavia, nell'era di internet, sarebbe necessaria almeno una minima armonizzazione delle norme fra Europa e Stati Uniti. Per ora, tuttavia, non ci sono buoni segnali in questo senso e, dunque, casi come quelli riportati in questi giorni rischiano di diventare la norma. Almeno per ora, inoltre, Google non sembra avere intenzione di fare neppure un passo indietro rispetto ai colpi di scure lanciati negli ultimi tempi. Vedremo nei prossimi mesi se la situazione avrà degli sviluppi ma, almeno per ora, il mondo reale ha bussato alla porta degli youtuber, ora bisognerà vedere se risponderanno da persone adulte o se preferiranno la strada della caciara.

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