Finalmente arriva da noi...

Un regista che aveva fatto sensazione con i suoi primi due film, un protagonista vincitore all'Oscar, l'altro candidato. Eppure, abbiamo atteso un anno e mezzo per vedere questo film in sala in Italia. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

... The Soloist di Joe Wright, con Jamie Foxx e Robert Downey jr. Non è difficile capire perché questo titolo abbia fatto così fatica a essere collocato nel listino della Universal. D'altronde, già in patria ha avuto grosse difficoltà, prima con un rinvio ai primi mesi del 2009 (doveva uscire a fine 2008 per gli Oscar, poi evidentemente i distributori non ci hanno creduto molto) e poi con un'accoglienza, tra pubblico e critica, che potremmo eufemisticamente definire freddina.

Così, non è certo sorprendente che l'attesa termini soltanto il 23 luglio in Italia, con il titolo Il solista. D'altra parte, sebbene sia lontanissimo dal capolavoro che regista e interpreti hanno così chiaramente cercato di realizzare, non è neanche un prodotto da buttare nella spazzatura senza ripensamenti.

In effetti, per chi si preoccupava del futuro di Joe Wright (che si era segnalato con il discreto adattamento di Orgoglio e pregiudizio e che esploso con Espiazione), direi che è il caso di non agitarsi troppo. The Soloist è semplicemente un film non riuscito, ma che comunque rappresenta il tentativo del regista di affrontare un argomento diverso, peraltro mantenendo uno sguardo a metà tra un autore europeo e un mito degli anni settanta come Hal Ashby.

In effetti, la prima mezz'ora della pellicola sarebbe anche promettente, con i due protagonisti che funzionano bene insieme. E in generale, la prova di Jamie Foxx (che riesce a contenersi bene in un ruolo da schizofrenico che poteva facilmente scivolare nella macchietta) e di Robert Downey jr. (nella classica parte che potrebbe venir trascurata perché troppo 'normale', ma in cui offre una bella prova del suo talento) è decisamente apprezzabile.

Il problema è che Wright ha una sola parola in mente: arte. C'è insomma il desiderio di far diventare la pellicola un trattato di poesia, tra la bellezza della musica e lo squallore delle zone in cui vive (arraggiandosi) il protagonista, ma il risultato finale è un esibizionismo fastidioso. Se è facile fare il paragone con Shine, qui l'indulgenza è decisamente superiore, tra cuori che battono ascoltando la musica e una scena sui titoli di cosa che è francamente insopportabile.

A un certo punto, addirittura in una scena sembra di essere finiti in Fantasia della Disney (pellicola contro cui non ho nulla, ma che non era proprio il caso di citare). Peraltro, i passaggi temporali tra presente e passato non funzionano come dovrebbero, mentre nella seconda parte chiaramente non si sa bene dove andare (e lì i problemi nascono probabilmente già in sceneggiatura). Insomma, titolo che non funziona come si sperava. Ma non è il caso di dare per morto Joe Wright...

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