Venezia 2024: da Joker 2 a Queer, guida ai 20 film imperdibili!

A pochissimi giorni dall'inizio della Mostra, ecco la nostra selezione dei 20 film più attesi del Festival di Venezia 2024!

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L'81esima Mostra del Cinema di Venezia sta per cominciare, e come ogni anno è pronta a offrire una selezione ricchissima di titoli tra concorso, fuori concorso, sezioni competitive e parallele. Una selezione forse meno blasonata che in passato, ma dove non mancano i grandi ritorni e soprattutto gli sguardi più giovani e inediti.

Ma quali sono i titoli (tra film e serie tv) più attesi di quest’edizione, quali quelli da non perdere? Ecco la nostra guida!

The Room Next Door

In concorso. Ultimamente Pedro Almodóvar ha intensificato la sua presenza al Lido: per il Leone d’oro alla carriera nel 2019 (anno dello splendido Dolor y Gloria); nel 2021 in concorso con Madres paralelas; e in mezzo, fuori concorso, con il corto The Human Voice. Fu quello l’esordio in lingua inglese per il maestro spagnolo, una sorta di prova generale per The Room Next Door. Che qui ritrova proprio Tilda Swinton e ha occasione di concorrere per il primo riconoscimento (non onorario) dal 1988, quando vinceva per la sceneggiatura di Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Campo di battaglia

In concorso. Gran parte della filmografia di Gianni Amelio è dedicata a esplorare le ferite storiche dell’Italia, dagli Anni di piombo all’emigrazione. Dopo le meditazioni di Hammamet e Il signore delle formiche (presentato proprio a Venezia due anni fa) Campo di battaglia racconta un’altra epoca, quella della Grande guerra e dell’epidemia di Spagnola, con Alessandro Borghi nei panni di un ufficiale medico assegnato a un ospedale militare. In passato Amelio si è già aggiudicato un Leone d’oro, quello del 1998 per Così ridevano.

Vermiglio

In concorso. Ancora ambientazione trentina, ancora una guerra mondiale (la Seconda stavolta) per Vermiglio di Maura Delpero, al suo secondo lungometraggio dopo il promettente Maternal (2019). Se lì la regista aveva fatto tesoro della sua esperienza a Buenos Aires, stavolta la vicenda è tutta italiana e parzialmente autobiografica. Tre sorelle, figlie del maestro di Vermiglio (paesino in Val di Sole dove insegnava il padre di Delpero) devono confrontarsi con gli sconvolgimenti della guerra, nei panni di un soldato che viene a chiedere rifugio in casa loro.

Queer

In concorso. Adattare William S. Burroughs è un’impresa per pochissimi autori coraggiosi e dalla visione incorruttibile (David Cronenberg). Per fortuna Luca Guadagnino è in un momento di assoluta grazia dopo il successo artistico e commerciale di Challengers, che non potè presentare a Venezia (sua destinazione usuale) a causa dei recenti scioperi hollywoodiani. Questo Guadagnino ha le carte in regola per riuscire nell’impresa che sognava da 35 anni: portare sullo schermo uno dei libri-totem della beat generation. Grande curiosità per la prova di Daniel Craig, sempre più emancipato dal mito di 007.

The Order

In concorso. È una strana filmografia quella dell’australiano Justin Kurzel - alla prima esperienza veneziana dopo anni di fedeltà a Cannes. Si va dal cinema pop più smaccato (Assassin’s Creed) a sontuosi adattamenti shakespeariani (Macbeth) fino a viaggi oscuri nel lato violento del suo paese natìo (Snowtown, l’ultimo Nitram e l’affascinante The Kelly Gang). Sembra quest’ultimo lo spirito dominante in The Order, stavolta applicato però agli Usa degli anni ‘80, dove imperversava l’omonimo gruppo suprematista bianco. Grande cast guidato da JudeLaw e Nicholas Hoult.

Maria

In concorso. Riuscirà Pablo Larraìn a portarsi a casa il Leone d’oro? Per molti doveva vincerlo già nel 2010 con Post Mortem, il suo viaggio più cupo nell’eredità della dittatura di Pinochet. In seguito il regista cileno ha mancato ben quattro volte l’appuntamento col premio più ambito: con Jackie (2016), Ema (2019), Spencer (2021), e con l’ultimo deludente El conde (2023) premiato però con l’Osella alla sceneggiatura. Maria lo vede tornare al racconto di una grande donna del 900, Maria Callas (interpretata da Angelina Jolie) e segna una partnership inaspettata con lo sceneggiatore Steven Knight, showrunner di Peaky Blinders.

Joker: Folie à Deux

In concorso. Budget che schizzano alle stelle (pare 200 milioni, di cui 20 a Joaquin Phoenix e 13 a Lady Gaga). Misteri sul tono del film (sarà o non sarà un musical?). Trailer che polverizzano record di visualizzazioni. Dopo il successo di Joker (2019) che ci si aspettava ma non così travolgente, era stato ovvio quasi subito che ci sarebbe stato un sequel. La curiosità intorno a Joker: Folie à Deux è immensa, sia perché segue uno dei film più amati e discussi degli ultimi anni, sia perché non è per niente ovvio quale direzione artistica abbia preso il team guidato da Todd Phillips. Scopriremo tutto a Venezia, dove il primo film si aggiudicò uno dei Leoni più controversi di sempre.

The Brutalist

In concorso. Prima attore di successo, poi regista giovane ma subito ambiziosissimo con L’infanzia di un capo – The Childhood of a Leader (2015) e Vox Lux (2018), entrambi presentati a Venezia dove il primo si aggiudicò due premi. Dopo due film così duri e complessi, sempre in collaborazione con Mona Fastvold per le sceneggiature, Brady Corbet sembra volersi superare con un opera-fiume di oltre 3 ore e mezza: trent’anni di vita di un architetto ungherese superstite dell’Olocausto, che negli Usa ha occasione di sfogare la sua smodata ambizione artistica. Nel cast Adrien Brody, Felicity Jones e Guy Pearce.

Phantosmia

Fuori concorso. A proposito di lunghe durate (una delle costanti di quest’edizione): Phantosmia di Lav Diaz si piazza sulle quattro ore. Ma per il regista filippino siamo appena nella media se pensiamo ai 540’ (9 ore) di Death in the Land of Encantos (2007). Come sempre grande attesa per uno dei beniamini della Mostra, vincitore del Leone d’oro nel 2016 per The Woman Who Left (primo filippino di sempre), che stavolta racconta di un ex-ufficiale dell’esercito tormentato da un bizzarro disturbo dell’olfatto.

Beetlejuice Beetlejuice

Fuori concorso. Presso una fetta di cinefili Tim Burton gode di un credito illimitato per i suoi primi incredibili vent’anni di carriera. Per quanti progetti fiacchi, poco sentiti, interlocutori possa mettere insieme, una parte di noi si aggrappa alla speranza di un guizzo, di un nuovo colpo di coda. Non muore neanche davanti alla profanazione di un mito, quel Beetlejuice (1988) che gli diede il primo grande successo, segnalando al mondo la nascita di uno dei filmaker americani più importanti della sua generazione. Il cast è immenso: sarà una bella rimpatriata o la definitiva (gotica) celebrazione di un funerale?

Broken Rage

Fuori concorso: Nonostante la breve durata Broken Rage si presenta quasi come una summa del cinema di Takeshi Kitano: metà yakuza movie su un killer che cerca di sopravvivere allo scontro fra mafia e polizia; e metà commedia sulle stesse identiche situazioni, rovesciate per trovarne il lato umoristico. Sono le due anime di “beat” Takeshi (Leone d’oro 1997 per il capolavoro Hana-bi – Fiori di fuoco e d’argento nel 2003 per Zatoichi), condensate in un plot dal sapore autoriflessivo e teorico.

Baby Invasion

Fuori concorso. Nel film, Baby Invasion è un videogioco multiplayer del tipo FPS (sparatutto in prima persona) dove una squadra di mercenari si introduce in una casa con maschere da bambini che celano l’identità del giocatore. Ma nell’idea di Harmony Korine c’è l’idea di un’altra “invasion”: quella del cinema da parte delle logiche del gaming, in continuazione dell’idea di superamento del medium già sperimentata con Aggro Dr1ft (2023), sempre prodotto dalla sua compagnia multimediale EDGLRD.

Cloud

Fuori concorso. L’“altro” Kurosawa è tornato. Non solo a Venezia, dove nel 2020 vinse un Leone d’argento alla regia per il film televisivo Moglie di una spia. Ma all’horror, genere che a fine anni ‘90 lo vide emergere come uno dei talenti più promettenti (e formalmente audaci) dell’ondata giapponese che ne andava rinnovando i meccanismi. In Pulse (2001) terrificante film di fantasmi digitale, Kurosawa aveva detto la sua sui lati inquietanti di una internet appena nata. Cloud torna su quei temi dopo più di venti anni e dopo che nel mondo dell’online è successo letteralmente di tutto.

Se posso permettermi. Capitolo II

Fuori concorso. Dice la sua anche uno dei maestri del nostro cinema, seppure in versione “ridotta” (30’) con il seguito del suo corto del 2019 Se posso permettermi, anche stavolta realizzato in collaborazione con gli allievi della sua scuola di cinema di Bobbio. L’inetto Fausto (Fausto Russo Alesi) non ha mai lasciato il paese in cui era tornato nel capitolo precedente, e ne vede sfilare la varia umanità surreale. Marco Bellocchio torna a omaggiare i luoghi di tanto suo cinema con un lavoro tra amici, da lui definito “un bel gioco collettivo”.

Allégorie citadine

Fuori concorso. Altro corto (21’) per un’altra grande autrice italiana, Alice Rohrwacher, che però stavolta gira in Francia in coregia con JR (con una curiosa partecipazione da attore di Leos Carax). Allégorie citadine mette al centro lo sguardo infantile, fondendo la tradizione delle sinfonie urbane con una riflessione che guarda all’allegoria platonica della Caverna, per riflettere sulla capacità del cinema di risvegliare la nostra coscienza politica.

Disclaimer (episodi 1-4)

Fuori concorso. Con Roma nel 2018 Alfonso Cuarón si era preso tutto. Il Leone d’oro, tre oscar e un’ovazione critica pressochè unanime. Ben sei anni dopo – fra Gravity e Roma ne erano passati cinque - il regista messicano torna con una miniserie in 7 episodi, dove si racconta di una documentarista terrorizzata all’idea che un romanzo di prossima pubblicazione possa rivelare un suo segreto. Cuarón ha reclutato un cast sontuoso, guidato da Cate Blanchett, Sacha Baron Cohen e Kevin Kline. E dopo Roma, dov’era stato anche direttore della fotografia (da Oscar) è tornato ad affidarsi a Emmanuel Lubezki. A distribuire stavolta non è Netflix ma Apple TV+.

Los años nuevos (episodi 1-10)

Fuori concorso. Dieci anni di una storia d’amore, narrata lungo dieci episodi ambientati in dieci diverse notti di Capodanno. Ha un sapore quasi linklateriano la trama di Los años nuevos, che Rodrigo Sorogoyen ha realizzato “a sei mani” con Sara Cano e Paula Fabra. A Sorogoyen sono bastati un pugno di film per affermarsi come una delle voci più autorevoli del nuovo cinema spagnolo. Ma nonostante la giovane età è anche un veterano della televisione, dove ha una carriera parallela iniziata già nel 2008. Los años nuevos sarà l’occasione riscoprire questo lato del regista di As bestas.

Familier som vores (Families Like Ours, episodi 1-7)

Fuori concorso. Miniserie anche per Tomas Vinterberg, reduce dal successo di Un altro giro (2020) con cui era stato anche candidato all’oscar per miglior film straniero. Stavolta la Danimarca non affoga nel vino ma nell’acqua: in un ipotetico futuro prossimo i livelli idrici salgono troppo e la nazione deve essere evacuata, portando alla luce gli squilibri socio-economici fra chi ha le risorse per ricominciare e chi no. Su questo sfondo catastrofico scorre la vita di una liceale costretta a scegliere fra i genitori e il fidanzato. Produce come sempre Zentropa, mitica casa fondata da Lars von Trier e dietro il manifesto Dogma 95.

M. il figlio del secolo (episodi 1-8)

Fuori concorso. Abbiamo visto Luca Marinelli con l’inconfondibile look mussoliniano. Sappiamo che al timone c’è Joe Wright, veterano del period drama con in curriculum film come Orgoglio e pregiudizio, Espiazione e L’ora più buia. Forse non basta a rassicurare, ma la curiosità è tanta. Coproduzione italo-francese, la serie Sky M. il figlio del secolo è l’adattamento del romanzo omonimo di Antonio Scurati sull’ascesa al potere di Mussolini, vincitore del premio Strega nel 2019 e già portato a teatro nel 2022 da Massimo Popolizio.

Nonostante

Orizzonti. Apre la sezione Orizzonti il secondo film da regista di Valerio Mastandrea, a sei anni dall’esordio Ride (2018). Storia ambientata in un ospedale, sul diverso rapporto con la malattia di due pazienti, che Mastandrea ha dichiarato di “portarsi dentro da tanto tempo”. Oltre a dirigere Mastandrea è coprotagonista con Dolores Fonzi e coautore della sceneggiatura con Enrico Audenino.

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