Festival di Roma, più ombre che luci

Terminano oggi le proiezioni alla manifestazione capitolina. Una settimana di film anche interessanti, ma che rimarrà nella memoria per diversi problemi organizzativi e soprattutto per i costi spropositati

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Iniziamo dalla nota più sorprendente: i costi. Si era detto che l’intero Festival sarebbe stato pagato con fondi privati, arrivati alla ragguardevole cifra di 8 milioni di euro. Messa così, qualsiasi critica sarebbe risultata di poco conto, considerando che manifestazioni del genere vengono sempre sovvenzionate con fondi pubblici (a scapito magari di sanità, trasporti, istruzione). Eppure, un ottimo articolo di Traiano Bertollini della Stampa (disponibile, ancora non so per quanto, qui), racconta di una realtà ben diversa: un budget di 13 milioni di euro, di cui una parte consistente arrivata da regione, provincia e comune.

Per non parlare delle cifre spesa per spesa. Spaventose ed allucinanti. 490 mila euro per la comunicazione, con voci quanto mai fumose come ‘incontri’ e ‘tour promozionali’. Più di un milione di euro per i pernottamenti e il soggiorno degli ospiti, che dovevano essere veramente tanti (qualche migliaio?). Tenete conto che, normalmente, sono le case di distribuzione che pagano queste spese (in quanto considerate promozione per il film) e non i Festival. Insomma, se si pagano i soggiorni di Robert De Niro e Harrison Ford (venuti a Roma solo per presenziare e incontrare il pubblico), ok; se si finanziano quelli di Martin Scorsese, Leonardo Di Caprio, Richard Gere o Monica Bellucci, tutti arrivati a presentare delle pellicole, c’è qualcosa che non va.
Andiamo avanti. I sette responsabili delle sezioni del Festival (alcune delle quali sono delle retrospettive e che quindi non hanno certo richiesto un grande lavoro) hanno incassato in totale 523.750 euro. E’ interessante notare come alcuni di loro siano grandi firme giornalistiche (e se volete divertirvi, fate un controllo per verificare le testate che hanno criticato o esaltato il Festival e se c’è un collegamento con i responsabili in questione).
Ma l’aspetto più sconvolgente per chi scrive è la voce Internet. 126 mila euro sono andati via per la ‘redazione del sito’ (che è rimasto online due mesi e che aveva una facilità di navigazione molto discutibile), mentre altri 165 mila euro sono andati via in generiche ‘spese Internet’ (ma come si fa a spendere online, a parte avere dei computer collegati in loco?).
Va detto che il responsabile del Festival, Goffredo Bettini, ha contestato queste cifre e ha promesso chiarimenti (aspettiamo fiduciosi).

Comunque sia, l’impressione è che il Festival (in puro Veltroni style) voglia far contenti tutti. Si era già capito quando erano stati annunciati i membri del Comitato di Fondazione (gente come Luca Cordero di Montezemolo o Francesco Gaetano Caltagirone, di solito poco coinvolti in attività cinematografiche). Ma poi, quando, di fronte ai piagnistei di Sophia Loren, è stato annunciato che l’attrice (meglio, l’ex attrice) sarà la madrina della manifestazione il prossimo anno, si è visto come la tendenza sia quella di evitare a tutti i costi di fare scelte, ma accontentare tutti (anche lautamente): politici, imprenditori, ex star del cinema, giornalisti, architetti e chi più ne ha più ne metta. Certo, se si pensa che a Venezia si fa un festival che dura il doppio e che ospita il triplo o il quadruplo degli incontri e delle proiezioni, con un budget di meno della metà di quello capitolino, si rimane un po’ basiti.

Chiusa la questione economica (o meglio, rimanendo in attesa di sviluppi), parliamo dell’altro grande problema: l’organizzazione.
Intanto, non si capisce perché tutte le proiezioni per la stampa non siano avvenute nelle quattro sale dell’Auditorium, che invece venivano utilizzate a singhiozzo, costringendo a molti spostamenti non comodissimi a Piazza del Popolo, dove c’era l’altro cinema che mostrava film della manifestazione.

E proprio questa scelta ha portato all’episodio più grave di tutto il Festival. L’imbroglio (The Hoax), pellicola con Richard Gere, era stata programmata per la stampa in due proiezioni in una sala del cinema Metropolitan da 150 posti. Il risultato è facilmente immaginabile (da tutti, tranne che dall’ideatore di questa magnifica scelta, che speriamo riceva un taglio allo stipendio): 500 persone che volevano entrare di pomeriggio e rissa sfiorata per riuscirci. Non era, peraltro, la prima volta che succedeva un episodio del genere (il giorno prima era capitata una situazione simile – anche se meno estrema – con un film italiano). Questo ha portato a una riprogrammazione in corsa di diversi titoli importanti, che sono stati proiettati (fortunatamente) nelle sale più grandi dell’Auditorium.

Ma tante piccole scelte hanno reso la vita meno facile per chi assisteva al Festival. Perché di domenica arrivano praticamente in contemporanea Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese e Richard Gere, mentre negli ultimi giorni non ci sono praticamente film di rilievo? Chi è che ha pensato bene di mettere The Prestige (sicuramente, una delle 4-5 pellicole più importanti della mostra) ad un orario assurdo come le 13.30, che ha significato soltanto un centinaio di spettatori in una sala da mille posti? In generale, poi, molti film (anche importanti) erano in concomitanza e rendevano praticamente impossibile vederli entrambi. Per esempio, chi assisteva a N (Io e Napoleone) non poteva vedere Iosseliani e viceversa. Insomma, si può capire perché un anonimo responsabile del Festival di Venezia si sia lamentato con Michele Anselmi de Il Giornale, sostenendo che “a noi fanno le pulci anche per una fila al metal detector o un bagno che non funziona, qui invece passa tutto in cavalleria. Sarà l’ottobrata romana…”.

Che senso ha, peraltro, creare un ‘concorso’ se poi i film che vi fanno parte sono per lo più di autori sconosciuti (o noti soltanto ai cinefili più estremi), senza inserire neanche un titolo americano (o inglese o francese) di peso? Così, si rischia di creare un ghetto che non interessa a nessuno.
Ci sono poi dei piccoli particolari, magari non fondamentali, ma che danno meglio il quadro della situazione (e che rendono la definizione di ‘festa popolare’ un po’ discutibile).
Va bene far entrare prima in sala i quotidianisti e i giornalisti televisivi (avviene dovunque), ma che senso ha riservare a loro i 300-400 posti più vicini allo schermo, cosa che francamente non mi è mai capitato di vedere (e che nelle proiezioni poco affollate diventa ridicola, con centinaia di posti vuoti, ma in teoria non sfruttabili)? E qualcuno dovrebbe spiegare all’organizzazione che far pagare 2 euro per un cappuccino in piedi (roba che neanche a via Veneto), è un ottimo modo per farsi massacrare dalla stampa.
Poi, la sorveglianza antipirateria (anche con visori notturni da James Bond) sarà anche comprensibile, ma qual era il senso in caso di pellicole come The Departed, già uscita in America? Se uno vuole una copia scadente ripresa con una videocamera, la trova facilmente su Internet, ed essendo la proiezione in originale, non c’è neanche la possibilità di registrare l’audio italiano…

Veniamo alle note positive. A differenza di Venezia, la struttura dell’Auditorium sembra perfetta per ospitare un Festival di Cinema (anche se, per prepararla a dovere, sono serviti quasi 1.200.000 euro supplementari: a questo punto, forse era il caso di noleggiare il Warner Village di Piazza Esedra). L’importante sarebbe puntare forte su questa sede e non disperdere la manifestazione altrove.

I film interessanti sono stati diversi, qualcuno più convincente (The Departed, The Prestige, Borat), qualcuno decisamente meno (The Fur, ma era un’anteprima mondiale e sarebbe stato impossibile scartarlo). Medusa e Rai Cinema, i due più importanti distributori di prodotti nostrani, hanno sostenuto fortemente l’iniziativa (con quattro film a testa) e in effetti un Festival del Cinema nella capitale (magari un po’ più distanziato dal periodo veneziano) è una ricchezza per tutti. I biglietti venduti sono stati quasi cinquantamila, cifra notevolissima, anche se non si capisce come mai alcune proiezioni fossero esaurite praticamente da subito. Bisognerà però vedere come saranno i dati delle pellicole presentate al box office complessivo: per ora, il pur apprezzato N (Io e Napoleone) non ha avuto fortuna.

Insomma, aspettiamo il solito resoconto degli eventi trionfale e populista da parte degli organizzatori, ma speriamo che (anche senza farlo notare) l’anno prossimo vengano fatti degli aggiustamenti fondamentali. Allora, si potrà parlare di un grande Festival…

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