Ferdinand, il regista Carlos Saldanha a Roma: "i problemi non si risolvono con la forza"
Carlos Saldanha, uno dei principali registi dei Blue Sky Studios, ed è giunto a Roma per presentare il suo ultimo film animato: Ferdinand
Nato a metà degli anni '90, appassionato di cinema, serie TV e fumetti, continuamente in viaggio e in crisi con se stesso. Ama i pinguini e non certo per questo si è ritrovato a collaborare con BadTaste tra festival, interviste e approfondimenti.
Dopo aver iniziato la sua carriera negli studi nel 1997 come Creative Supervisor, ha diretto alcuni tra i maggiori successi dei Blue Sky Studios sia in termini di incassi che di critica come L’Era Glaciale, L’Era Glaciale – Il Disgelo e L’Era Glaciale – L’Alba dei Dinosauri, Rio e Rio 2.
Prendendo ispirazione dal libro di Munro Leaf (La Storia del Toro Ferdinando) uscito per la prima volta nel 1936, il film racconta la storia di un toro dal grande cuore che sogna di ribellarsi al destino che attende i suoi simili, seguendo le proprie aspirazioni.
In uscita nelle sale italiane in tempo per il Natale, il prossimo 21 dicembre, vi lasciamo di seguito una serie di domande alle quali il regista ha risposto durante la conferenza stampa che l’ha visto protagonista.
Che domanda si pone un regista davanti a un film d'animazione?
La prima domanda è sempre il motivo per il quale voglia fare quel determinato film. L'animazione è un genere ben definito che richiede una lavorazione molto lunga e complessa. Anche quando non sono necessari ricerche approfondite o non bisogna sviluppare da zero personaggi e ambientazioni il tempo minimo che si impiega a realizzare un film animato è di quattro anni. Bisogna esser molto concentrati, dunque. In questi casi, poi, devi capire qual è il messaggio che vuoi che arrivi e soprattutto se si è in grado di farlo arrivare correttamente. Queste sono sfide che ti stimolano e che vanno affrontate quando ti trovi davanti a un nuovo film ed è quello che è accaduto anche a me con Ferdinand.
Quindi qual è il messaggio che volevi arrivasse con Ferdinand?
Sicuramente che i problemi non si risolvono con la forza e la violenza, che bisogna sempre dare per primi il buon esempio. Proprio per questo motivo ho iniziato a realizzare il film partendo dal terzo atto. Ho lavorato a ritroso perché mi era chiarissimo che nella pellicola volevo quel momento specifico che vedrete in sala, assolutamente nobile, dove Ferdinand mostra il meglio di sé.
Il libro originale ha un peso particolare: fu vietato nella Spagna franchista e messo al bando da Hitler, per i suoi temi e le illustrazioni che ha al suo interno. Con che spirito hai affrontato questa eredità? Ti sei in qualche modo rapportato con i disegni di Robert Lawson o con il cortometraggio di Walt Disney del 1938?
Quando lessi il libro per la prima volta amai fortemente il messaggio che mandava, più di ogni altra cosa. Tuttavia non ero sicuro di voler trasporre una storia simile non avendo mai realizzato adattamenti cinematografici ma sempre opere originali. Per questo decisi di rivolgermi direttamente ai parenti di Leaf e avere un loro parere. Mi dissero che ero libero di “farlo mio”, di creare ciò che più sentivo fosse in linea con il mio estro, con il mio stile (e avrei dovuto farlo in ogni caso perché la storia è relativamente breve e le intenzioni erano quelle di realizzare un lungometraggio. Mi son chiesto molte volte perché il libro fu proibito… Per il senso di libertà che trasmette? Per il pacifismo che spinge? In realtà penso perché le persone si siano identificate prima di ogni altra cosa nei personaggi che vedrete, reggendo così a oppressioni e ingiustizie. E l’aspetto più affascinante è che in base al luogo dove ti trovi questo viene vissuto in modo diverso, dalla censura europea all'esaltazione asiatica (dove il libro viene spesso collegato agli ideali di Gandhi). Questo mi ha spinto a creare nuovi personaggi per ampliare la storia. Il libro viene letto ancora oggi, è un classico in grado di passare di generazione in generazione, letto e riletto da nonna/o a nipote. La nostra società cresce così rapidamente che probabilmente da quando ho iniziato a lavorarci su (nel 2010, circa, mentre ero ancora alle prese con Rio) il mondo è cambiato… e negli Stati Uniti c’è decisamente bisogno di ricordare com'è cambiato con messaggi di tolleranza, uguaglianza. Sapete cosa intendo. Bambini e genitori hanno bisogno di un momento per riflettere, per ricordare che i cambiamenti non sempre sono positivi.
Dunque "con coraggio e gentilezza si può combattere la violenza e andare avanti". Chissà se sarà proiettato alla Casa Bianca, come spesso accade con film simili!
La mia idea resta sempre, davanti a ogni film, quella di fare un buon lavoro. Mai qualcosa di politico. Però spero che qualcuno gli abbia letto questo libro, a lui o ai suoi figli. Effettivamente non sarebbe male una proiezione lì ma chissà quale messaggio ne trarrebbero per quanto anche avere diversi punti di vista è uno dei messaggi di Ferdinand.
Qual è stata la sfida tecnica più grande del film?
Lo stile del film, senza dubbio.
In Rio mi ero abituato a utilizzare colori molto forti, accesi, d'impatto. Con Ferdinand, invece, i colori sono caldi, confortevoli. Difatti in Spagna i colori più usati sono rossi, arancioni e gialli, a volte accompagnati da verdi e blu, come potrete vedere nel film. In particolare è stato difficoltoso realizzare una sequenza “flashback”, dove Ferdinand immagina l’arena. Per farla l'abbiamo prima animata in CGI e poi renderizzata per farla sembrare dipinta come le locandine spagnole di una volta, dedicate alla corrida.