Fast X, a un quarto di miglio dall’autoparodia

Fast X è talmente tanto tutto da arrivare sempre a un passo dallo spoof, e da ricaderci dentro con tutti e due i piedi almeno un paio di volte

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Questo articolo fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla famiglia l’ho imparato da Fast & Furious

Arrivati al decimo capitolo di una delle saghe più longeve e redditizie di sempre, può sembrare un esercizio retorico un po’ vuoto quello di analizzare nel dettaglio un film che reitera una formula già perfezionata anni fa, quella dell’alzare il volume un po’ di più a ogni nuova avventura della Famiglia. E può sembrare capzioso cercare differenze tra Fast & Furious 9, un film dove due personaggi finiscono a guidare nello spazio, e Fast X, un film dove due personaggi si lanciano giù da una diga in fiamme che sta cadendo a pezzi e sopravvivono. Eppure riguardando il penultimo (nel senso che il prossimo sarà, o dovrebbe essere, l’ultimo) film su Dom Toretto e compagnia è impossibile non domandarsi se questa volta non abbiano esagerato.

Fast X e il gigantismo

Intendiamoci: ce lo chiediamo a ogni film, almeno a partire dal sesto (considerando il quinto una sorta di apice e insieme il vero inizio del franchise come lo conosciamo). Però finora la risposta è stata ogni volta “no dai, non ancora”. Fast & Furious ci piace anche perché ogni volta si inventa qualcosa di più assurdo ma che al contempo sembra la naturale prosecuzione di quanto visto fin lì. E non parliamo solo di stunt, esplosioni e sparatorie: l’approccio inflazionista con cui la saga è cresciuta di capitolo in capitolo si applica anche al drama, ai rapporti interpersonali, ai colpi di scena, al rapporto tra i membri della Famiglia. Nella sua trama orizzontale, Fast & Furious gioca spesso secondo le regole della telenovela, e se chiedete a noi finora è riuscito sempre a mantenersi un pelo sopra il confine dell’accettabile – esagerando, sì, ma organicamente.

L’impressione è che Fast X (che occasione persa non averlo intitolato “Fast-Ten Your Seatbelts”) invece faccia una serie di salti più lunghi delle proverbiali gambe. Che per una volta la necessità di creare qualcosa di gigantesco per dare l’addio a una saga che del gigantismo ha fatto una ragione di vita abbia preso il sopravvento, e che di conseguenza il film sia appesantito da una serie di scelte creative e narrative che sono degli attentati alla nostra sospensione dell’incredulità. A partire dalle scene d’azione, che sono da sempre il cuore della saga.

Le sospensioni dell’incredulità

È chiaro che le scene d’azione in Fast & Furious sono diventate, a un certo punto, un mix di veri stunt spericolati, di finti stunt aiutati da cavi e altri trabiccoli, e da un sempre più generoso uso del digitale. È altrettanto chiaro che nessuno ha creduto davvero che Tyrese Gibson e Ludacris fossero nello spazio a girare quella scena. Il punto è un altro: il segreto di F&F è che è sempre riuscito a farci credere a quello che vedevamo mentre lo vedevamo, e a farci dimenticare di tutto l’artigianato che ci sta dietro. Anche gli stunt più assurdi dei primi otto film sono… plausibili è la parola sbagliata, perché nessun essere umano può saltare da una macchina all’altra come Michelle Rodriguez in Fast 6, ma quantomeno rispettosi delle regole di quell’universo.

Fast X invece riesce in un’impresa che sembrava quasi impossibile: quella di farci andare di traverso il concetto di plot armor, quella particolare protezione della quale sembrano godere certi eroi action (e non solo: Game of Thrones, per esempio, è un intero show dedicato alla plot armor) e che permette loro di sopravvivere dove una persona normale invece morirebbe. La Famiglia ha sempre goduto di questo superpotere, che però ha un grande problema di fondo: va continuamente aggiornato e stuzzicato con sfide sempre più impossibili, perché quando sopravvivi illeso a un’esplosione la logica conseguenza è che nel capitolo successivo tu sopravviva illeso a due esplosioni. E con Fast X siamo arrivati oltre il limite dell’accettabile, in quella zona dove si scade nell’autoparodia.

Fast X, volume a XI

C’è una bomba? Non è una bomba normale: è una gigabomba che se esplodesse raderebbe al suolo quattro colli e mezzo su sette a Roma. Vin Diesel se la vede esplodere a pochi metri di distanza, e ne esce senza neanche un graffio. I personaggi presunti morti possono tornare in vita? Ecco che ne resuscitiamo uno che non solo era morto, ma che avevamo visto morire in presa diretta (resuscitare chi muore fuori campo è più facile). Ma anche: Roman Pearce è la spalla comica della Famiglia? Diamogli un’intera missione da gestire così da infarcire l’intera sequenza di battute e battutine sulla sua presunta incapacità, e facciamogli fare la figura del cretino ogni volta che apre bocca, de-umanizzandolo ai limiti dell’irriconoscibile.

E poi: c’è la Famiglia? Eccovi anche la Nonna Toretto. Vi mancava Elena, anche se ormai è morta tre film fa? Abbiamo sua sorella, ma ve la faremo solo intuire, per poi farla sparire e tenercela calda per il prossimo capitolo. Sembra che Fast X sia scritto senza alcuna capacità di selezionare, di decidere cosa recuperare dai capitoli precedenti e cosa lasciare lì dove sta. È un po’ il vizio di tutti i finali di una saga moderna, che devono riannodare tutti i fili rimasti in sospeso pena una rivolta collettiva del fandom. Ma il punto è che nell’arco di dieci film Fast & Furious ha accumulato talmente tanti fili che Fast X finisce per sembrare un elenco di caselline da spuntare, ciascuna con un segno il più grosso ed evidente possibile. E così facendo perde gran parte della sua umanità: se non ci fosse Vin Diesel sarebbe un film interessante quanto uno Hearts of Stone o The Gray Man o uno qualsiasi di questi action contemporanei pieni di tutto tranne che di personalità, e sempre a un passo dall’autoparodia. Speriamo che Fast XI, o come diavolo si chiamerà, i passi li faccia indietro. (chiudiamo con una parentesi: Jason Momoa è un discorso a parte, ed è l’indiscusso dominatore del film pur essendo ben oltre il confine dell’autoparodia. Il punto è che lo è in maniera pienamente consapevole, e che comunque ha il carisma dello psicopatico senza scrupoli che lo rende macchiettistico, sì, ma anche terribilmente inquietante)

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