Fast & Furious – Solo parti originali è un reboot, e non accettiamo discussioni
Fast & Furious – Solo parti originali è un nuovo inizio per il franchise, e quello che detta il tono di tutti i capitoli successivi
Questo articolo fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla famiglia l’ho imparato da Fast & Furious
Certo, è collegato ai film precedenti, e in maniera anche abbastanza esplicita: comincia (cronologicamente) prima di Tokyo Drift, prima che Han torni nel suo Paese natale e incontri Lucas Black, e serve per sistemare alcuni passaggi narrativi che non tornavano del tutto. E certo, i protagonisti sono sempre loro. Ma dopo un secondo capitolo senza Diesel e un terzo anche senza Walker, nel 2009 finalmente Universal e Neal Moritz capirono che Fast & Furious non può funzionare senza le sue due star contemporaneamente. E che se avesse voluto avere un futuro, il franchise si sarebbe dovuto reinventare in profondità.
Il risultato, con il senno di poi, è che Fast & Furious – Solo parti originali è un “secondo primo Fast & Furious” (non a caso in inglese uscì senza sottotitolo, con quasi lo stesso titolo del primo film), e i tre film precedenti sono poco più che origin stories utili a creare i conflitti che caratterizzeranno il quarto. Affidato nuovamente a Justin Lin dopo gli ottimi risultati di Tokyo Drift, Solo parti originali ne è di fatto la versione adulta, dove la posta in palio comincia a trascendere i confini dell’incolumità dei protagonisti per allargarsi a traffici internazionali e organizzazioni criminali, e dove le ambizioni narrative crescono di conseguenza.
Quanto possono essere sceme le forze dell’ordine americane se continuano a offrire il posto a Bryan O’Conner, il quale ogni volta che ne ha l’occasione si schiera con quelli che dovrebbe in teoria catturare? Già con il secondo capitolo riproporre questo schema era una forzatura; con il quarto, e con il passaggio del timone saldamente nelle mani di Lin, Fast & Furious decide finalmente cosa vuole fare da grande, e con lui lo fanno Paul Walker e Vin Diesel. E quello che vuole fare da grande è abbandonare il mondo delle corse clandestine per spostarsi in quello più vasto del crimine internazionale: da Solo parti originali in poi, le gare che avevano caratterizzato i primi tre capitoli diventano strumenti narrativi, smettono di essere pura competizione per trasformarsi in “cose da compiere per portare avanti il nostro piano”.
Non che le corse in quanto tali manchino, anzi: un paio sono ancora ambientate nel vecchio mondo pieno di neon e ragazze poco vestite nel quale si gareggia per la macchina dell’avversario e non per un carico di droga o la propria sopravvivenza. Ma Fast & Furious – Solo parti originali è prima di tutto un film di vendetta, un thriller nel quale il nostro (anti)eroe vuole scoprire l’identità dell’assassino della donna della sua vita, e sfrutta quindi le corse come scusa per avvicinarsi gradualmente al suo bersaglio. Potreste obiettare che cose simili succedevano anche nei capitoli precedenti, ma quello che manca qui è l’aspetto genuinamente competitivo delle corse in macchina: non sono gare fatte per passione e perché l’alta velocità è la più potente delle droghe, ma prove da superare – che incidentalmente si svolgono in macchina, ma che potrebbero anche essere incontri di wrestling, partite di scacchi o gare di rutti.
Tutto quello che si perde in termini di pura adrenalina sportiva lo si guadagna però in investimento emotivo: per la prima volta nel franchise, i nostri due eroi hanno qualcosa di personale per cui lottare, non solo un colpo da portare a termine per arricchirsi (e/o salvarsi la vita). Più volte nei primi tre capitoli Vin Diesel parla di famiglia e comincia a definirla nell’accezione che caratterizzerà il franchise; ma è forse qui che la nasce la Vera Famiglia, e forse non è un caso che lo faccia a partire da un trauma. È qui per esempio che Bryan O’Conner capisce definitivamente qual è il suo posto nel mondo, e abbandona ogni velleità di essere un bravo ragazzo per abbracciare lo stile di vita di Dom Toretto (e già che c’è anche per abbracciare sua sorella: è in questo film che Mia Toretto smette di essere un grazioso love interest per laurearsi a membro effettivo della neonata Famiglia).
È qui anche che Vin Diesel muore e risorge in quanto Santo Padre della Famiglia: non solo perché deve affrontare il peggior momento della sua vita e decidere come uscirne, ma anche perché sul finale per la prima volta si arrende, decide che ne ha abbastanza, e viene riportato in vita dall’affetto dei suoi fedeli, in una scena che verrà ripresa subito all’inizio di Fast Five segnando un altro definitivo cambio di passo nel modo di raccontare questa storia, che da lì in avanti non avrà più bisogno di perdere tempo a presentarci i protagonisti e potrà procedere dritta come un fuso verso l’infinito e oltre.
Se c’è una cosa che si può rimproverare a Fast & Furious – Solo parti originali è proprio quella di essere venuto prima di Fast Five, che preso a sé stante (e forse anche nel contesto dell’intera saga) è il miglior Fast & Furious di sempre e quello con la singola sequenza più spettacolare di tutti e nove i film. Ma in fondo, che rimprovero sarebbe? Mica è colpa di Fast 4 se il suo successore lo sorpassa a destra. Anzi, senza le Parti originali, e lo straordinario successo che ebbe al botteghino, non avremmo avuto tutto quello che è venuto dopo: il progetto fu in qualche modo un azzardo, un modo per ricominciare da capo per uscire dal vicolo cieco nel quale ci si stava infilando ma anche un esperimento il cui successo, nonostante Vin Diesel, non era garantito.
In altre parole, prima di Fast & Furious – Solo parti originali non sapevamo ancora se Fast & Furious avrebbe avuto un futuro, e di certo non ci saremmo potuti immaginare quanto bene sarebbero andate le cose dopo la sua uscita. Fateci quindi chiudere con una considerazione: Vin Diesel è l’anima della saga e probabilmente il motivo principale per cui ha incassato palate di soldi. Ma tutto questo non sarebbe successo senza Justin Lin, che prende le sue arrogantissime driftate al neon giapponese e le riutilizza nelle gallerie del contrabbando che passano sotto il confine tra Messico e Stati Uniti: è questo incontro tra stunt assurdi e girati con la leggerezza di un video futurista e situazioni narrative da grande thriller internazionale che renderà via via sempre più grande Fast & Furious, ed è splendido che sia un’intuizione del regista del misconosciuto spin-off esotico.