Fast & Furious 6, tra carri armati e soap opera
Fast & Furious 6 è Fast & Furious 5 con il volume alzato a mille, tra stunt ancora più assurdi e clamorosi momenti da telenovela
Questo articolo fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla famiglia l’ho imparato da Fast & Furious
“Fast & Furious in generale è grosso!” obietterete. Ma Fast & Furious 6 lo è di più. “Fast & Furious 5 era già più grosso di Fast & Furious in generale!” protesterete: è verissimo! E Fast & Furious 6 lo è di più, anzi: è volutamente più grosso del suo predecessore in particolare, e inaugura la nuova linea del franchise che prevede che ogni nuovo capitolo sia prima di tutto una corsa a superare il precedente in dimensioni e assurdità degli stunt. Nel 2013 non c’era niente di più grosso di Fast & Furious 6; nel 2023 stiamo aspettando l’arrivo del decimo film del franchise, che dovrà essere più grosso del nono, che era più grosso dell’ottavo…
Fast & Furious 6 non è solo grosso: è anche uno dei maggiori successi commerciali e di critica della saga, che sfiorò gli 800 milioni di incasso e fece entrare ufficialmente F&F nel ristretto novero dei franchise miliardari – nel senso che il miliardo totale di incassi era stato superato, e c’erano tutti gli indizi perché il capitolo successivo fosse il primo a infrangere da solo quella barriera. Ma ne parleremo! Per ora siamo a Fast & Furious 6, un film arrivato dopo un game changer clamoroso come Fast & Furious 5, che aveva dimostrato che con tempo, pazienza, un sacco di soldi e altrettanto sprezzo del pericolo la saga avrebbe potuto raggiungere livelli di parossismo mai visti prima.
In altre parole: Fast & Furious 6 è tanto un film action con le macchine (e un carro armato, e un aereo) quanto una telenovela. Gli ingredienti ci sono tutti, a partire dal personaggio che ritorna dal mondo dei morti con una terribile amnesia e si ritrova quindi invischiata in un triangolo pericoloso tra lei, il suo ex amante e l’uomo che le ha salvato la vita e che incidentalmente è un terrorista sociopatico che vuole nuclearizzare il pianeta. C’è la poliziotta doppiogiochista, la nuova power couple divisa tra la voglia di avventure e la scoperta dell’amore, e c’è la parola “famiglia” pronunciata con la stessa frequenza con la quale si vede gente cambiare marcia o pigiare il pedale dell’acceleratore.
La sceneggiatura di Chris Morgan calca talmente tanto la mano su questo lato da soap da arrivare a tratti a sfiorare l’autoparodia, ma Fast & Furious 6 ha anche abbastanza consapevolezza di sé e controllo dei suoi personaggi e delle loro dinamiche da schivare il proiettile all’ultimo istante. Dopo lungo tempo passato a sistemare, modificare e aggiustare, in questo sesto capitolo la Famiglia è per la prima volta al massimo del suo potenziale, in termini di controllo della scena, di intesa reciproca e di tempi comici, ma anche in termini narrativi: F&F6 è forse il primo capitolo del franchise che assomiglia senza vergogna a un film di supereroi, che ci vende senza fatica l’idea del supergruppo che risolve superproblemi in giro per il mondo.
Ovviamente tutto questo (scusateci il termine) “lato umano” non varrebbe nulla se non fosse accompagnato da un’azione all’altezza, perché Fast & Furious rimane pur sempre una serie che parla di macchine molto veloci. Per fortuna, arrivati al sesto film Neal Moritz e Justin Lin sanno di avere carta bianca, e non si risparmiano nulla. Tornano le classiche corse clandestine, per esempio, tra le strade di Londra questa volta ma con la loro estetica intatta, e la solita regia ipercinetica e sempre creativa di Lin. Compaiono anche un po’ di botte vecchio stile, senza pistole o automobili, solo a pugni e calci: merito di Johnson, che già ci aveva regalato uno splendido combattimento con Vin Diesel nel 5, ma merito soprattutto di Gina Carano (debutto discreto ma un po’ sfigato, il suo), alla quale Michelle Rodriguez fa un paio di volte da sparring partner e che ha quindi modo di mettere in mostra le sue doti. E, lasciatecelo dire, merito anche di Joe Taslim, sottosfruttato come capita spesso agli artisti marziali che provengono dall’Asia e vengono infilati a forza in un franchise americano, ma che comunque ci regala una discreta scena di arti marziali nella metropolitana di Londra.
Ovviamente tutto quello che abbiamo citato finora è solo un antipasto: come sempre in Fast & Furious, il piatto forte è il finale, e come sempre dopo l’uscita del 5 il paragone è con quella cassaforte. Fast & Furious 6 non fa fatica a superare quella sequenza quantomeno in ambizione, visto che ha non uno ma due inseguimenti finali che tirano in ballo prima un carro armato, poi un aereo, poi un aereo in fiamme, e ancora botte e un po’ di drama strappalacrime. Per il resto è questione di gusti: c’è chi continuerà a trovare le scene a Rio più creative seppur meno ambiziose in termini di pura grossezza, chi continuerà a distanza di dieci anni a criticare la scena del carro armato per questo motivo, chi invece esulterà ancora, oggi come allora, per un film nel quale un aereo in fiamme partorisce un’auto da corsa guidata da Vin Diesel prima di esplodere.
Ci sono insomma ottimi motivi per pensare che con il sesto capitolo la saga salti definitivamente lo squalo, ed è una scelta che si può apprezzare oppure odiare, ma alla quale è impossibile restare indifferenti. C’è un prima e un dopo Fast & Furious 6, più ancora di quanto ci sia per il 5: se siete ancora a bordo, siete famiglia. E a proposito di famiglia, fateci spendere sul finale due parole sul villain del film, Owen Shaw, il povero Luke Evans, che avrebbe tutto quello che serve per distinguersi ma che viene un po’ schiacciato dalle continue riunioni familiari che lo circondano. Alla fine, quello che poteva diventare il Blofeld di Dom Toretto si rivelerà essere soltanto una scusa per far scendere in campo Jason Statham in una delle scene post credits più crudeli della storia delle scene post credits. Peccato, per Luke Evans più che altro (a noi va bene così, visto che ci ha regalato Giasone).