Fargo dimostra che il western non ha bisogno del deserto

Fargo è un western lontano dalle tradizionali location western, ma davvero la neve ha qualcosa da invidiare alla sabbia?

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Fargo è su Amazon Prime Video

Se cercate una qualsiasi lista dei migliori film americani del secolo scorso, con ogni probabilità ci troverete anche Fargo, che tra le altre cose ha già avuto l’onore di essere inserito nella Biblioteca del Congresso come “opera da preservare”. Se però cercate una lista dei migliori western (e tutte le sue derivazioni), quasi certamente il film dei fratelli Coen non ci comparirà. Il motivo è semplice: Fargo non è un western, non del tutto almeno. Ha più attinenza con il thriller, il noir e la commedia nera, in altre parole è un classico film dei fratelli Coen, quasi un loro manifesto. E poi come fa a essere un western se manca il deserto?

Fargo non è un western, ma prende dal western alcune caratteristiche fondamentali e definenti, che trascendono anche il genere per diventare parte dell’identità di un intero Paese. Perché il western piace così tanto, e perché è un genere così intimamente americano? Alla base di tutto quanto c’è un’idea semplice e vastissima, quella della frontiera: il western, come genere e come immaginario, nasce prima di tutto dal senso di meraviglia e di opportunità provati dai primi coloni americani quando si accorsero che davanti a loro avevano immense distese inesplorate da sfruttare e devastare, e un popolo pronto al genocidio da scoprire e trasformare nella loro casa. È prima di tutto un genere che parla di esplorazione e delle sue infinite possibilità.

Buscemi

Ma è anche un genere che parla di pericolo: la sensazione, presente soprattutto nei primi rappresentanti del filone, che le pianure sconfinate e le montagne altissime non siano solo uno scrigno di possibilità, ma anche un luogo ostile che va domato e dominato, e che ti mangia vivo se ti distrai un solo istante; un luogo dove tornare a vivere, lontani dalla facile civiltà del continente europeo. Non a caso la morte del western è la ferrovia, la strada di metallo che congiunge punti lontani, accorcia le distanze e con esse riduce i pericoli. Persino il deserto arido e soffocante che ha ammazzato centinaia di persone che hanno tentato di attraversarlo può essere tenuto a bada con la ferrovia: il western è un genere che nasce morto, che parla di un mondo in corso di conversione e che uscirà dal processo irrimediabilmente cambiato; è un genere che racconta una transizione, non un punto d’arrivo.

E quindi, e qui torniamo verso Fargo, è un genere dove il pericolo si annida anche in ogni essere umano. Dove le comunità sono sempre di piccole dimensioni e ogni sgarbo, ogni violenza, ogni omicidio diventa una questione personale. Dove tra te e il resto della civiltà ci sono chilometri e chilometri di nulla. Il vecchio West, il selvaggio West, è anche un luogo dove la legge conta molto relativamente, non ancora del tutto toccato dalla civiltà; un luogo dove hai sempre la sensazione di poter farla franca dopo un omicidio, perché tanto non ci sono testimoni nel raggio di chilometri.

Fargo Frances

I luoghi di Fargo, il Minnesota, il South Dakota, sono luoghi di frontiera. Una frontiera diversa da quella del western più classico (ma, per esempio, una frontiera raccontata di recente da Tarantino in The Hateful Eight), ma pur sempre una frontiera, dove la legge arriva a intermittenza, dove anche il più mite impiegato di un concessionario (William H. Macy) può elaborare un piano criminale per rapire la moglie e incassare il riscatto. È un luogo dove solo lo sceriffo locale (in questo caso Frances McDormand) può ristabilire l’ordine, perché i veri centri del potere sono lontani e si disinteressano di quanto accade a Brainerd, Minnesota.

E siccome i luoghi di Fargo non sono il Texas, l’Arizona o l’Arkansas, non sembrano un luogo da western. E invece lo sono: vi basta sostituire la sabbia del deserto con la neve, il caldo estremo con il freddo estremo, Buffalo Bill con il taglialegna Paul Bunyan. Compiuta questa facile inversione climatica ritroverete gli stessi ingredienti, gli stessi archetipi. Non è un caso se Non è un Paese per vecchi, un film che ha molto in comune con Fargo, è stato catalogato, lui sì senza esitazioni, come western: lì c’era il caldo, il deserto e il bestiame, e il collegamento è facile e immediato.

Cena

Come tutti i film dei fratelli Coen, anche Fargo è popolato da imbecilli, da figure imperfette e spesso incapaci di compiere il più semplice dei lavori. Ma a differenza di altri film (pensate ad Arizona Junior, del quale abbiamo parlato di recente, o a Burn After Reading), qui gli imbecilli si muovono al di fuori della legge, o al di sopra; non solo sono incapaci di stare al mondo in un contesto civile, ma vivono in un luogo nel quale non ne troverebbero uno neanche se volessero. Steve Buscemi e Peter Stormare, i due rapitori/killer, possono esistere solo perché la terra di frontiera nella quale vivono glielo permette; e se, metaforicamente parlando, la ferrovia arrivasse anche da loro, sarebbero costretti a reinventarsi un’altra vita.

Visto dal punto di vista dello sceriffo interpretata da Frances McDormand, è come se fuori dalla porta (sempre metaforicamente) il mondo fosse ancora un posto selvaggio, imprevedibile, inesplorato e popolato di orrori e meraviglie. E non è un caso che il film si chiuda con la coppia serena a letto: lei aspetta un bambino, e lui, il marito, di nome fa Norm(al?) e ha appena vinto un concorso per avere le sue illustrazioni naturalistiche utilizzate su un francobollo da tre centesimi. Nel vecchio West la felicità è tra le mura di casa, mentre là fuori c’è l’orrore – e la sabbia, oppure la neve.

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