I falchi della notte è un film di passaggio, per Sylvester Stallone e non solo

I falchi della notte, forse il primo vero ruolo action di Sly, sta a metà tra la New Hollywood e la nuova americana reaganiana

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Questo speciale su I falchi della notte fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone.

La scorsa settimana ci siamo lasciati con Taverna Paradiso, una sorta di prototipo di Rocky che per una serie di sfighe fu costretto a uscire dopo Rocky, con tutte le conseguenze del caso sulla sua fama (sostanzialmente nulla). Oggi invece facciamo un passo avanti importante, sia per la carriera di Sly sia – con il senno di poi – per il cinema americano tutto: nel 1981 Sylvester Stallone interpreta il suo primo ruolo action da protagonista, un anno prima di quello che è IL suo ruolo action da protagonista, cioè Rambo. I falchi della notte, titolo probabilmente ispirato all’omonimo quadro di Hopper (non Dennis), è un film imperfetto ma tremendamente affascinante, non solo per quello che ci dice su Stallone, ma anche e soprattutto perché segna, nel suo piccolo, uno degli ultimi atti della New Hollywood, e si prepara a celebrare il passaggio all’America degli anni Ottanta, quella reaganiana degli action iper-muscolari dei quali proprio John Rambo diventerà il simbolo (un po’ suo malgrado).

I falchi della notte si apre con un inseguimento notturno a piedi nella metropolitana di New York, e se vi è appena venuto in mente Il braccio violento della legge avete vinto una caramella: la sceneggiatura del film nasce infatti per essere quella di Il braccio violento della legge III, nel quale Gene Hackman sarebbe stato affiancato da un poliziotto nero (si parlava di Richard Pryor). Il progetto saltò perché a Gene Hackman non andava di interpretare Popeye Doyle per la terza volta, e lo sceneggiatore David Shaber (lo stesso di I guerrieri della notte, tra gli altri) prese baracca e burattini e si presentò a Universal con uno script modificato e trasformato in film indipendente.

Da un lato, quindi, I falchi della notte nasce in linea con altri polizieschi della New Hollywood, con quell’idea di centralità della figura dell’autore che alla fine degli anni Settanta stava però già sfumando, come dimostrato dal fatto che il progetto iniziale era un “terzo capitolo”, e quindi un passo deciso in direzione della franchise-izzazione e di quel modo di intendere il cinema (action ma non solo) che caratterizzerà gli anni Ottanta del quale proprio Rambo è un esempio perfetto. È un film che si colloca esattamente a metà tra due epoche diverse, nato in un momento di trasformazione profonda: se poteste guardarlo senza sapere in che anni è uscito, e vi chiedessimo di indovinarlo, potreste rispondere “pieni anni Settanta” o “pieni anni Ottanta” a seconda di quale scena vi dovessimo mostrare.

La storia che racconta è pericolosamente simile a quella del film di Friedkin, forse un po’ troppo anche per un pianificato terzo capitolo. Ci sono due poliziotti con metodi poco ortodossi da un lato, e un terrorista che arriva a New York per fare casino dall’altro. La chiave di volta è la parola “terrorista”: I falchi della notte segna tra l’altro il debutto hollywoodiano di Rutger Hauer, che interpreta appunto un terrorista inglese in trasferta. È una figura di passaggio, e anche una novità per il cinema di allora: negli anni Ottanta gli Stati Uniti vedevano il terrorismo come una cosa distante, da vecchia Europa se non da Paesi ancora più esotici; era impensabile che una minaccia del genere potesse manifestarsi per le strade di New York, fantascienza più che thriller. Ovviamente le cose cambiarono nel giro di pochi anni (un solo nome: Hans Gruber), ma il Rutger Hauer di I falchi della notte fu in un certo senso un pioniere.

Come fu pionieristica, anche se ancora un po’ timida, la scelta dei protagonisti. I falchi della notte non è un buddy cop strictu sensu, ma ne anticipa molte caratteristiche: prima di tutto, una coppia di protagonisti (Sylvester Stallone e Billy Dee Williams) con metodi diversi che si completano a vicenda. Siamo ancora lontani dagli scambi folgoranti dei migliori rappresentanti del genere, e il film tutto sommato si concentra più sul lato strettamente poliziesco che su quello comedy. Ma ancora una volta la strada è quella, e I falchi della notte anticipava una direzione che sarebbe stata poi intrapresa con più decisione nel decennio successivo, con i vari Arma letale, 48 ore e Beverly Hills Cop.

“Sì, ma Stallone?” ci chiederete voi: in fondo siamo qui a parlare di lui. Be’, anche Stallone è in fase liquida: da un lato il suo Deke DaSilva riprende alcune caratteristiche dei suoi predecessori, dall’altro se sei Sylvester Stallone è difficile costringerti a un ruolo troppo classico e senza veri guizzi action. E infatti in I falchi della notte ci sono più stunt e sequenze spettacolari della media del genere, e parecchi di questi stunt sono stati eseguiti da Stallone in persona, che addirittura girò in prima persona la succitata scena dell’inseguimento in metropolitana (beccandosi peraltro una bella multa per ragioni sindacali perché non avrebbe potuto farlo).

Pur senza sfondare alcun record, I falchi della notte andò ragionevolmente bene al botteghino, incassando il quadruplo del suo budget: insieme all’altro film stalloniano dell’anno, Fuga per la vittoria (ne parliamo la settimana prossima), diede una bella iniezione di fiducia al Nostro, e in qualche modo gli servì da abbrivio sia per Rocky III (che però forse di abbrivio non aveva bisogno), sia soprattutto per Rambo. Rambo che a sua volta è ancora un film in odore di New Hollywood e distante dagli eccessi reaganiani dei capitoli successivi; ma questo è un altro discorso che abbiamo affrontato qui.

C’è un ultimo grande rimpianto relativo a I falchi della notte: in questa recentissima intervista, Stallone lo cita a fianco di Rocky V e Taverna Paradiso tra i suoi film che gli piacerebbe rimontare, perché secondo lui la prima versione era meglio di quella finita al cinema. Non sappiamo se succederà, né se avremo mai la possibilità di vedere il film nella sua forma primigenia, ma tutte le volte che Stallone ha detto di un suo film “ne esiste una versione migliore” e ce l’ha fatta vedere ha avuto ragione lui. Sarebbe bello scoprire se il discorso vale anche per I falchi della notte, ma è più probabile che moriremo senza mai saperlo.

E quindi, come sempre, ci fidiamo di Stallone.

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