EXCL - Il nostro viaggio ai Pixar Animation Studios alla scoperta di Coco

Abbiamo incontrato i realizzatori di Coco, il nuovo film dei Pixar Animation Studios

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I due giorni trascorsi ad Emeryville nella sede della Pixar per la presentazione del nuovo film Coco si aprono nel migliore dei modi. Dopo essere stati accompagnati nella sala cinema al piano terra dello Steve Jobs Building, assistiamo infatti a 50 minuti ancora del tutto inediti del lungometraggio d’animazione, il primo film originale Pixar dopo due anni. Usciamo dalla sala veramente colpiti dall’estratto del film che ci è stato concesso vedere. La storia racconta le avventure di un bambino di 12 anni di nome Miguel che vive in un villaggio messicano, San Cecilia. Mentre tutto il paese ama la musica, la famiglia Rivera, ovvero la sua famiglia composta da generazione di calzolai, la odia profondamente. Il bisnonno di Miguel infatti abbandonò sua moglie per seguire il sogno di diventare un musicista e da quel momento la bisnonna Imelda ha vietato la musica all’interno della sua famiglia. Proprio come il suo avo, però, Miguel sogna di suonare la chitarra e cantare come il suo idolo di sempre, il cantante Ernesto de la Cruz. 

Parliamo proprio della trama e del suo sviluppo con la produttrice Darla K. Anderson. "Un’azione impulsiva di Miguel scatena una magia che lo rende visibile solo a coloro che sono venuti a visitare dal Mondo dei Morti nella celebrazione del giorno dei morti," ci spiega. "Questo vivace e colorato mondo parallelo è popolato da generazioni e generazioni di persone che da tempo hanno lasciato il Mondo del Vivi, inclusi gli antenati di Miguel, che lo riconoscono istantaneamente e si offrono di aiutarlo - ma solo se accetta di abbandonare la musica per sempre. Cosa che Miguel non può accettare e che lo porta a fare amicizia con uno scheletro sgangherato, Hector, con il quale parte alla ricerca di Ernesto de la Cruz".  

 

Coco è ambientato in Messico in due mondi distinti, ma paralleli: il Mondo dei Vivi e il Mondo dei Morti. Per la maggior parte dell'anno, questi due mondi esistono separatamente ma armoniosamente fianco a fianco. Ogni anno si riuniscono in modo magico. “Il giorno dei Morti è come una grande riunione di famiglia che copre il divario tra i vivi e i morti", ci dice il regista Lee Unkrich. "Ma non si tratta di dolore, è una celebrazione. Si ricordano quei familiari e cari che non ci sono più. Quando siamo stati invitati a partecipare al Dìa del Los Muertos in Messico, abbiamo visto percorsi di petali di calendula che vengono sparsi nelle strade e arrivano fino agli altari, le ofrendas, sui quali ci sono foto dei parenti, il loro cibo preferito e oggetti speciali. Abbiamo appreso che tutto è volto ad aiutare e guidare gli spiriti a tornare a casa ". 

E sono proprio i bellissimi petali arancioni di calendula ad aver colpito così tanto i due registi, Unkrich e Molina, che quando hanno dovuto pensare a come collegare il Mondo del Vivi e quello dei Morti nella storia, hanno deciso di costruire un ponte fatto di brillanti petali d'arancio. “È elegante e magico", afferma Harley Jessup, produttore di design. "E ricorda gli acquedotti del Messico, della Spagna e dell'Italia." Quando ne parliamo con il team degli effetti speciali poco dopo, ci viene spiegato che proprio questa scena, quella il Mondo dei Morti si apre davanti agli occhi di Miguel, ha segnato per la Pixar il record di luci usate a livello grafico: 7 milioni.

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Ma come sono stati creati questi due Mondi? "Gli artisti hanno progettato i mondi in modo che si contrastassero ma allo stesso tempo si completassero," risponde Jessup. "Santa Cecilia è ispirata a veri villaggi del Messico, siamo rimasti fedeli alla realtà nel concepire il Mondo dei Vivi. È polveroso e la tavolozza dei colori è in qualche modo mutata. C'è una piazza dove si riuniscono le persone, il complesso dei Rivera dove la bisnonna di Miguel ha costruito l’attività di scarpe della famiglia e il cimitero". 

Chiamata così per la patrona della musica, Santa Cecilia ospita Miguel e tutta la famiglia Rivera. "Anche se piccola, ha una grande vanto" dice il co-regista Adrian Molina. "Il musicista più famoso in tutto il Messico è nato in questa città e cominciò proprio nella loro piccola plaza. Molti anni fa, Ernesto de la Cruz è diventato una stella e amato in tutto il mondo. Di conseguenza, musicisti provenienti da tutto il Messico arrivano a Santa Cecilia per rendere omaggio al loro idolo, che viene venerato anche dopo la sua tragica morte". 

Mentre la maggior parte delle scene nel Mondo dei Vivi si svolgono durante il giorno, in Coco il viaggio di Miguel nel Mondo dei Morti avviene di notte. "Quando Miguel arriva in questo mondo magico, abbiamo voluto che fosse un'esplosione di colore", dice Jessup. "La terra dei morti è verticale, che è in contrasto con il layout piatto di Santa Cecilia. Le torri rappresentano strati di storia: le piramidi mesoamericane sono alla base mentre l'architettura coloniale spagnola è costruita in cima. E diventa sempre più alta, strato per livello, perché la gente continua ad arrivare ".  

Con Daniel Arriaga, direttore d’animazione, parliamo della comunità ricca e variegata del Mondo dei Morti. Ci spiega come sono stati creati gli scheletri che popolano l’aldilà:

Abbiamo dovuto capire come dare loro personalità senza pelle, muscoli, naso e persino labbra. Abbiamo giocato con le forme e abbiamo fatto un sacco di dipinti. Abbiamo studiato i crani da ogni angolo per capire come potevamo renderli belli!

Come avete fatto a non renderli spaventosi?

Abbiamo deciso di farli molto dettagliati ma non super realistici. Abbiamo fotografato varie ossa che giravano per lo studio per qualche motivo (ride). La faccia dipinta che è parte integrante della festa ci ha aiutato molto a dare a ogni personaggio una sua individualità.

Li avete vestiti e hanno delle forme. 

Sì, non volevamo farli senza vestiti, è buffo perché sono scheletri ma senza vestiti avrebbero dato l’impressione di essere nudi. Lee è stato molto chiaro a riguardo. Hanno anche delle forme, abbiamo un po’ imbrogliato sulla struttura del corpo umano dando a vari personaggi una struttura più larga per dare l’idea che fossero più cicciotti.  

Come avete gestito le scelte sulla faccia? 

Le labbra e le guance non li hanno ma hanno i denti. Siamo stati tutti d’accordo a non mettere “cose organiche” sugli scheletri, abbiamo tenuto i denti e gli occhi e basta. E nemmeno i capelli, se li hanno, compresi i baffi, sono finti.  

Hanno anche diversi colori come ossa? 

Sì, indicano le varie età e soprattutto ci hanno dato la possibilità di giocare molto sulla diversificazione dei vari scheletri. Abbiamo disegnato più di 10.000 ossa per i circa 80 personaggi.  

Come vi siete ispirati al personaggio del cane Dante? 

Bolt di Disney, il cane di Up, anche se lui non ha il pelo. Ne ha un pochino, è spelacchiato. Gli manca anche qualche dente, infatti la sua lingua spunta di fuori. Dante è un cane Xolo, abbreviativo di Xoloiyzcuintli, che è il cane nazionale del Messico. Per crearlo abbiamo fatto portare vari cani di questa razza in studio.  

E quello di Pepita? 

Pepita è una “alebrije”, opere d’arte che sono state inventate da Pedro Linares, artista nato ai primi del 1900, e che iniziò a farle nel 1930 dopo aver fatto un incubo quando aveva la febbre in cui animali colorati lo attaccavano. Sono fatte con copal, un legno morbido. Non sono religiose e ogni artista le fa come vuole, con la sua personale simbologia. Non sono legate al giorno dei morti, fanno parte della cultura del Messico. Nahuales è la credenza che ognuno di noi abbia un animale che ci rappresenti nel mondo dei morti. Abbiamo preso ispirazione da questa cosa.  

Coco è al cinema da oggi, 28 dicembre.

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