EXCL - Veloce come il Vento, ecco come sono stati "costruiti" i personaggi!
In attesa della grande intervista a Matteo Rovere che arriverà domenica vi sveliamo quattro documenti esclusivi sui personaggi di Veloce come il Vento
Il nostro Francesco Alò ha incontrato il regista e sceneggiatore, e con lui ha parlato a lungo del film ma anche di altri progetti. Troverete l'intervista qui su BadTaste.it domenica, ma nel frattempo oggi vi proponiamo un interessante documento che ci ha girato proprio Rovere che ci porta dietro le quinte del film.
Questi testi sono molto interessanti in particolare perché ci testimoniano quanto sia importante, in fase di scrittura, descrivere personaggi credibili con retroscena e aspetti caratteriali che permettano agli attori di calarsi al meglio nella parte. Attenzione: se non avete visto il film sappiate che nei documenti sono presenti numerosi dettagli.
LORIS
ETÀ: 38-40 anni.
DESCRIZIONE FISICA: Magro, pelle trasparente, capelli incolti, poco puliti. Movimenti dinoccolati, tiene la testa leggermente piegata in avanti come se gli pesasse sempre, come cercasse, invano, di anticipare il mondo o i colpi che il mondo può infliggere. Sul polso destro porta un tutore che ha poco dell’ortopedico in verità, è un incrocio tra un tutore vero e proprio e un vecchio polsino da tennis liso e consunto dal tempo. Tende a non toglierlo mai, neanche quando fa il bagno, almeno così si lava. È una strana protesi, un monito e una scusa, più che una necessità. C'è chi dice che sia l'ultima fasciatura lasciata sul corpo, e sulla mente, da un grave incidente occorsogli anni prima, quando correva le strade elettriche e impossibili del rally Gruppo B.
CARATTERISTICHE DEL PERSONAGGIO: Loris De Martino, di professione niente. Ex pilota, tossicodipendente con una sua logica nell’uso scomposto di sostanze: tendenzialmente si fa di crack, non disdegna tuttavia droghe sintetiche e qualche volta si fa in vena. Non fuma le canne perché il fumo lo deprime. Vive in una roulotte che ha rimediato anni fa da un amico, doveva restituirgliela, ma alla fine gliel’ha lasciata. È fidanzato e molto innamorato di Annarella, e da quando sta con lei frequenta il giro dei suoi amici di qualche anno più giovani: tutti tossici. Vivono d’amore, droga ed espedienti. Figlio di Mario e Laura, non parla mai della sua famiglia, che non vede da dieci anni. Di sua madre e suo padre ha un ricordo nitido, che tenta disperatamente di rendere nebuloso. Di sua sorella Giulia ha un ricordo nebuloso, che tenta invece di rendere nitido. Suo fratello Nico non lo ha mai visto, non sa nemmeno della sua esistenza. L’ultima volta che è passato di casa, quando suo padre lo ha minacciato di morte brandendo una chiave inglese numero 38, sua madre era gonfia e nervosa, aspettava Nico, quando era già sicura di essere finita in menopausa.
Laura lo aveva avuto che era poco più che una ragazzina, non era mai stata una madre capace, Loris lo aveva amato molto, ma come si ama un amico, un cucciolo, non un figlio. Non era mai stata in grado di assumersi davvero il peso della responsabilità degli altri. Suo marito del resto bastava a tutti, anche se nella testa non riusciva ad andare a meno di 200 km/h, e soprattutto non riusciva a non pensare di mandarci lui, Loris, a quella velocità. E Loris fin da piccolo correva forte, la madre non sembrava affatto preoccupata. Lui non era tipo da preoccuparsi della macchina, dell’assetto. Lui montava sopra a quei bolidi e danzava, dimenticandosi tutto e puntando soltanto a tirare più possibile. Dimenticandosi anche di quella madre che andava e veniva a volte per un tempo lunghissimo, per anni e la colpa era di quello lì, di quello stronzo presuntuoso, pazzo maniaco di Mario. Ma la pressione di quell’aspettativa del padre, del traguardo, lo logorava dentro. Farsi era come stare in macchina, ma senza aspettative, senza un mondo a cui rispondere e senza quella testa di cazzo del padre da ascoltare, senza una madre da cercare da qualche parte, quando per di più lei per prima non voleva essere trovata.
Lui non aveva neanche fatto in tempo ad accorgersi che la madre era tornata che era già incinta. Quella ragazzina, la sorella, sembrava uscita da un altro mondo. Aveva camminato prima degli altri, sapeva parlare prima degli altri, ma diceva poco. A un anno e mezzo sapeva fare tutto e Loris rimaneva stupito a guardarla.
Era ancora piccola quando il padre la portava con loro a vedere le gare del fratello. Rally estremo, terra che sporcava le mani e la gola, incidenti. E ogni vittoria di Loris sembrava essere l’unica ricompensa possibile per la vita storta di quell’uomo pazzo per i motori.
E così un giorno Loris si era fatto in vena prima di una gara, era scivolato in una rissa, alla gara non c’era mai arrivato. Il padre aveva perso un sacco di soldi e lo aveva cacciato a calci in culo. La madre si era dispiaciuta, ma non aveva mosso un dito. La sorella si era dimenticato di salutarla, e lei si ricorda che lui è scomparso dalla sua vita che era ancora una ragazzina, senza nemmeno dirle ciao. E così è toccato a lei prendersi cura di quella donna che non sapeva restare, e diventare per suo padre l’ultima speranza di sentirsi il mentore di un grande campione. Di quel giorno Loris si è raccontato una versione falsa e mitica, che lo mette al riparo da ogni colpa.
Loris è un uomo completamente inaffidabile, convinto che il futuro non vada oltre le ore che segna il quadrante di un orologio. La sua mente non è in grado di proiettarlo al di là dei meri bisogni materiali, giornalieri. Non regge le responsabilità, ma ama il ritorno narcisistico che si prova ad essere guardati come un esempio, non capisce le regole di funzionamento del mondo e non ne ha grande rispetto. È profondamente sentimentale e ogni piccolo o grande dolore lo riporta a un’attitudine istintivamente infantile, a ricercare ovunque, in oggetti, gesti, persone, droghe, il riempimento di quella ferita che dilaga e si propaga in lui come un aconito micidiale, come un enigma feroce che non sostiene e a cui non ha mai saputo dare risposta.
Per questo ragiona secondo il proprio istinto e tende a non concettualizzare mai nulla della sua esistenza, ma da qualche parte quella vita interrotta in un istante lo logora dentro. E quando la vita arriva a bussargli alla porta e lo riscaraventa indietro dentro quella casa, dentro quella famiglia dimenticata tra i vapori della droga, sente scorrere nelle vene la stessa benzina che scorreva nelle arterie acide di suo padre. Alle prese con quella furia di sorella opposta a lui, ma con una ferita così simile, Loris sente l’appagamento narcisistico di poter essere un maestro, ma sente anche la morsa inattesa della vita che lo chiama a essere un riferimento, qualcuno di cui fidarsi, qualcuno non da accudire, ma che possa accudire. La vertigine è estrema, la speranza monta, ma anche la pressione schizza, la sensazione di non poter essere, come sempre, all’altezza, la certezza che basterà niente per riportarti indietro, nella spazzatura da cui vieni e in cui ti trascini.
Ma la fiducia di chi ti ama è una miccia irreversibile. Un motore che non perde giri, l’unico che consente a Loris di chiudere il cerchio della sua vita, tornare ad essere un pilota, ma smettere di essere il ballerino, per essere, per una volta, un campione: uno che ha qualcuno per cui correre e vincere.
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GIULIA
Giulia De Martino, diciassette anni e quarantanove chili di nervi e tensione. Magra, asciutta, mora, frequenta il quarto anno di una scuola professionale. Non è fidanzata, anche se frequenta un ragazzo in modo non troppo assiduo, quel modo che non dà troppa speranza. Vive con suo padre, Mario, e il suo fratellino più piccolo, Nico. Viveva per la precisione, perché il padre muore stroncato da un infarto lasciandola sola ad occuparsi un po’ di tutto. E quello di cui Giulia si deve occupare non è affatto qualcosa di ordinario: la casa di famiglia è minacciata da un’ipoteca, che il padre ha contratto a seguito di un prestito. Il fratello Nico, timido e introverso, naturalmente incline ad una visione pessimistico/catastrofica della vita, ha solo otto anni e lei è minorenne, su Giulia pende dunque permanentemente lo spettro dell’affido del fratellino, unico membro “non intermittente”, per così dire, della sua famiglia. Da sempre infatti Giulia è abituata a veder apparire e scomparire i suoi congiunti più cari. È stato così per sua madre, riapparsa l’ultima volta nove anni fa, e Giulia avrebbe davvero creduto che quella volta sarebbe rimasta perché lo aveva promesso, e sembrava cambiata, ma quella promessa era durata poco più di un anno, poi la madre era riscomparsa così come appariva dal fondo luminoso del giardino, come quasi non fatta di carne, ma solo un’emanazione fugace della luce. Era scomparsa e quella volta per non tornare, lasciando dietro di sé un bambino di qualche mese, Nico, e uno stupido vestito bello e colorato con sopra stampati mille fiori, quelli che la sua ennesima fuga aveva per l’ennesima volta sradicati dal giardino. La madre tuttavia non è l’unico affetto che Giulia ha dovuto custodire in un anfratto nascosto della sua anima, ben relegato, chiuso, un angolo remoto da cui smettesse di fare dolore e che consentisse di crescere in fretta per aiutare il padre a sostenere la fatica che fa la vita quando qualcuno manca. L’altro è lui, di cui custodisce un ricordo eroico e infantile, misto a rabbia violenta e senso di inaffidabilità: Loris, suo fratello, bello e distruttivo con negli occhi qualcosa di tanto simile alla mamma. Loris il campione su cui il padre aveva scommesso convinto che sarebbe stato il riscatto di tutti loro, e il coronamento di un sogno: la scuderia De Martino sul gradino più alto del podio della velocità, il risarcimento per tutto quello che passa è essere i più veloci, quelli che non hanno paura dell’abisso che sta dietro ogni curva, quelli che spingono il cuore oltre i battiti umanamente consentiti dalla natura. Ma Loris a quei battiti del cuore, a quella pressione non aveva mai retto, così aveva cominciato a farsi finendo per distruggere il sogno del padre, la sua vita e l’unica certezza di quella bambina saggia: che il suo fratello più grande l’avrebbe protetta. Da quel giorno per il padre il campione era diventato lei, Giulia, quella ragazzina esile dalla volontà di ferro. Ma Giulia non lo sa che papà Mario aveva visto giusto, che dentro di lei, nelle vene, scorre la benzina, che il suo cuore può battere più veloce di tutti gli altri. Ma Giulia ha un solo limite: non conosce i suoi mezzi e ha troppa testa per essere davvero invincibile, i pensieri dominano troppo la guida della sua vita, la mancanza di abbandono le rende impossibile la danza che porta alla vittoria.
Giulia ha diciassette anni, le contraddizioni di un’adolescente, ma i doveri sproporzionati di una donna sola al mondo; rimuove il dolore, carica sulle sue esile spalle le sorti del presente e del futuro di quella famiglia, ma anche le macerie del passato, e marcia come un soldato verso una speranza. Abbandona tutto per farlo, chiunque sembra non capirla, scompaiono gli amici, raddoppiano i doveri, messo da parte il sogno piccolo del primo amore. Quella speranza però pesa troppo per lei, quello che Giulia non sa, non crede è che suo fratello Loris è la sola altra metà possibile di quella speranza. Tornare a fidarsi di chi ti ha tradito, di chi ha abbandonato, di chi incarna sulla pelle tutto ciò che non dà certezze sarà l’unico modo per Giulia di diventare un campione e ricucire le maglie slabbrate di quella famiglia scomposta che però è tutto ciò che di bello al mondo le resta.
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ANNARELLA
ETÀ: Annarella ha un’età indefinita e indefinibile trai trenta e i quaranta anni.
DESCRIZIONE FISICA: Eterea, una creatura non del tutto terrestre. Piuttosto alta, ma esile, smunta, emaciata, divorata dalla droga. La sua bellezza è nascosta eppure appare fulgida nelle movenze, lente fino allo sfinimento ma non prive di una certa, innata grazia.
CARATTERISTICHE DEL PERSONAGGIO: Anna, detta Annarella per la minuzia dei suoi tratti e la gentilezza dei suoi modi. Ex ballerina, ha compiuto studi classici non senza una reale passione. Di questi resta traccia in un certa competenza linguistica, nella capacità di riconoscere l’etimo greco delle parole. (es Nico-vincitore). Ama i diminutivi, i vezzeggiativi, tutto quello che rende la vita più minuta, più dolce e quindi maggiormente sopportabile.
Tutto le riporta alla mente la costrizione che è l’esistenza, i lacci insopportabili che ci stringono e costringono. Per questo ama i vestiti leggeri e larghi, non sopporta le scarpe, il reggiseno, i colori scuri che svelano subito la vera faccia del mondo. Perfino il suo corpo non le appartiene, è, a tratti, uno dei tanti fardelli che la schiaccia contro la terra. Crede nell’arcobaleno, nelle cose dolci, nei cereali al cioccolato e nell’amore. Non sopporta il dolore di nessuna creatura al mondo. Ama guardare in aria piuttosto che a terra, e ama Loris profondamente perché in lui riconosce una ferita infantile, quasi a lei affine sebbene diversa. Con lui condivide una comune scellerataggine e un’incapacità di valutare l’esito reale delle proprie azioni. Entrambi hanno però un istinto informe e tutto loro per il bene, e rispondono di un senso strambo, ma molto radicato della giustizia.
Si aggrappa con forza ai buoni sentimenti, non pensa mai male degli altri, tenta di fare il meglio fino a che le forze la sostengono, ma presto si stanca. La battaglia che ingaggia col peso della vita la trova spesso perdente, allora in un attimo si incupisce, un dolore violento la coglie e si manifesta, come nei bambini, nella disperazione immediata. Prontamente ricorre alla droga come veicolo di oblio, di quiete, di dolce dimenticanza e inattaccabile lievità.
Pur amando Loris, sente tuttavia di non potergli appartenere, come non può appartenere al mondo, perché Annarella è un vuoto, una mancanza, un niente e il niente è di nessuno.
Quello che però Annarella ignora ancora è che sebbene quel vuoto non si possa colmare, non è però mai abbastanza vuoto da impedire l’amore, e questo Loris lo sa.
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TONINO
Uomo di poche parole e di altrettanto pochi pensieri. Romagnolo d’origine, non ha mai perso lo stile linguistico dei genitori, anche per una scarsa carriera scolastica.
Ha trovato un senso alla sua vita molti anni fa, quando ha incontrato Mario, che gli ha dato un mestiere e un posto al mondo in cui stare. Comunica di gran lunga meglio con i motori che con le persone. Ha un attaccamento affettivo per i suoi oggetti di lavoro che chiama per nome, riconosce non i suoni, ma le voci dei motori, che sa far cantare senza stonature. Qualcosa di stonato nella sua vita invece c’è sempre stato, conduce un’esistenza riservata, vive in una piccola casa non lontano da casa di Mario. Degli affetti e del mondo di Mario ha sempre vissuto di riflesso, ha seguito e visto crescere i suoi figli, condiviso con lui l’amore e il dolore per quella donna che andava sempre via, è stato al suo fianco ai tempi d’oro di Loris quando erano a un passo dal diventare la scuderia non ufficiale più forte di tutte nel rally gruppo B, e ha creduto con lui nella sua ultima follia: tornare agli antichi fasti con Giulia pilota, ma questa volta in pista.
La morte di Mario coincide per lui con la contrazione di un orizzonte, il collasso di ogni prospettiva, l’esito necessario sembra essere un ritirarsi in attesa della fine. Ma Giulia prima, e il ritorno di Loris poi, lo riattivano e sembrano offrirgli la possibilità di restituire all’amico tutto quello che la vita gli ha sottratto.
Tonino non ha una comprensione razionale degli eventi e del mondo che decodifica a partire da una percezione empatica e non da un'analisi circostanziata. La vita è come i motori, procede per miglioramenti e cambiamenti quantificabili e progressivi. C’è un assetto corretto che permette di spingere davvero con la macchina, e quello è l’unico da perseguire. Se la macchina, come la vita, deraglia soprasterzo o sottosterzo, bisogna metterci le mani e restituirle con precisione e dedizione quell’alchimia che la faccia danzare stabile anche a trecento all’ora, dentro una pista.