EXCL - Sul set di Exodus - Dei e Re: la nostra intervista allo scenografo Arthur Max!
Lo scenografo di Exodus - Dei e Re Arthur Max svela i segreti del gigantesco set della pellicola di Ridley Scott
BadTaste.it visita il set di Exodus: Dei e Re in esclusiva italiana.
Per la serie “l'aneddotica delle set-visit”.
La nostra chiacchierata con Arthur Max, scenografo di Exodus – Dei e Re e partner artistico di Ridley Scott fin dai tempi di Soldato Jane, viene interrotta almeno un paio di volte.
La prima per permettere a un caterpillar di passare. La gru del mezzo trasporta un pannello per il green screen di 5 metri per 5 che, al suo transito, mi fa pensare a dei drammatici titoli di giornale tipo “Quando la post-produzione uccide: 10 giornalisti schiacciati da un gigantesco pannello verde elettrico!”. A volte tendo al melodramma, lo so.
La seconda perché la Double Negative, la società che si occupa degli VFX del kolossal, deve girare delle reference shot e Christian Bale quella in cui torna dalla battaglia.
Ci piazziamo intorno al production designer, “appollaiato” su uno sgabello all'ombra a causa della brutta storta al piede che si è procurato inciampando sull'impervio terreno della zona.
Benarrivati ragazzi e ragazze, allora di dove siete cara gente del web?
Tutti noi, a turno, riveliamo la nostra nazionalità: messicana, tedesca, inglese, brasiliana. Tocca al sottoscritto “I'm italian”.
A quel punto il viso di Arthur Max s'illumina e, con quella divertentissima coloritura che hanno gli americani alle prese con la nostra lingua, esclama:
Ah! Dall'Italia! Io parlo un pochino l'italiano, ma non perfettamente!
Non posso esimermi dal dirgli:
Beh, complimenti, il tuo italiano è notevole.
Lo scenografo mi ringrazia calorosamente per poi esortarci a subissarlo di domande, ma prima spiega:
Fra poco dovremo ci verrà chiesto di fare silenzio perché dovranno girare il pick-up di una scena girata a Londra e ambientata nel ghetto.
Noi, difatti, siamo posizionati in una zona un po' defilata sulla destra rispetto al portale d'ingresso (che trovate nella foto qua più in basso, ndr.) e alla grande muraglia che delimitano la zona in cui risiedono gli ebrei.
Cosa puoi dirci di questo set così imponente e della scelta di Almeria?
Diciamo che questa zona la conoscevamo già. Un po' perché se lavori o ami il cinema sai che da queste parti Sergio Leone ha girato i suoi spaghetti western e Steven Spielberg Indiana Jones e l'Ultima Crociata. Poi eravamo già venuti qua per svariati passaggi di The Counselor – Il Procuratore (in cui pealtro Arthur Max ha un cammeo, ndr.). Quest'area può tranquillamente fare da controfigura per il Texas, sapete? Il budget a disposizione per la pellicola era decisamente basso ed era fondamentale per noi realizzare la pellicola al di fuori degli Stati Uniti per una mera questione economica. Se avessimo lavorato nei confini nazionali, i costi sarebbero almeno duplicati. Però Cormac McCarthy aveva diritto di veto sulla scelta delle località quindi dovevamo necessariamente ricevere la sua approvazione. Gli abbiamo spedito un bel quantitativo di foto dalle varie ricognizioni fatte e dopo un po' riceviamo la seguente risposta: “Probabilmente solo un geologo potrebbe riconoscere la differenza fra certe zone del Texas e quelle dell'Andalusia che mi avete fatto vedetre. Per me va bene!”.
Paradossalmente per Exodus Almeria era stata scartata. Poi dopo siamo rimasti conquistati dalla bellezza, dagli scenari, dalla tradizione cinematografica del luogo, dalla comodità logistica offerta anche dalla presenza dell'aeroporto.
Quanto al set, come potete vedere, è una cosa folle, gigantesca. Stiamo girando qua già da tre settimane circa, poi ci sposteremo a Fuerte Ventura. In entrambi questi luoghi c'è e ci sarà sempre il vento a farci compagnia. Un elemento fondamentale in un film come questo con un sacco di scene in esterni, perché da' maggior realismo.
C'è voluto parecchio per allestire il set?
Tre mesi, grossomodo. Più 8 settimane di preparazione Un lavoro colossale. Se poi vi state domandando perché alcuni settori paiono non terminati sappiate che è una cosa voluta e giustificata dal gap temporale di 9 anni presente nella storia. Personalmente ho dovuto coordinare un art department di 60 persone, ma la crew della pellicola conta più di 600 professionisti. Per Il Gladiatore, al tempo, ci sono voluti 12 mesi, fra allestimenti e preparazione. Abbiamo dovuto costruire fisicamente più roba; gli effetti speciali non erano così evoluti. Per Exodus – Dei e Re c'è un mix di art-design e estensione digitale delle ambientazioni. Discorso che vale anche per altri elementi come, ad esempio, le bighe. Abbiamo girato delle scene in cui, sul set, erano presenti ben 30 bighe, e ognuna di esse è stata cortuita a mano, da veri artigiani. Nessuno ha mai fatto qualcosa del genere al cinema. Poi dopo da 3 decine diventeranno migliaia grazie al computer, ma non avete idea di cosa significhi dover pianificare e filmare con 30 bighe trainate da cavalli presenti sul set.
Parlo ovviamente della battaglia di Qadeš che ha visto coinvolti gli ittiti e gli l'Impero egiziano e l'abbiamo girata a qualche miglio da qua, nella zona di Forte Bravo, nell'area degli Spaghetti Western. Nel film si suppone che sia una zona della Siria. Siamo stati anche in una miniera d'oro, una caverna che funge da campo base nascosto di Mosé quando comincia a fare questa sorta di guerilla contro gli egiziani.
E' stata questa la sfida più grande del film?
No, la sfida più grande è tenere il passo di Ridley. E' un vulcano d'idee in continua eruzione...
A questo punto le parole di Arthur Max vengono sovrastate dall'avviso bilingue, in inglese e spagnolo, che segnala l'inizio di una ripresa. Lo scenografo ci scherza subito su:
Sì, ok, sto zitto! Tanto ci metteranno ancora qualche istante prima di cominciare a girare, quindi vi dico e vi garantisco: qua intorno, nell'arco di un'ora e mezzo, un'ora e tre quarti di macchina, ci sono delle location sensazionali da immortalare in un film. I meravigliosi paesaggi naturali hanno influenzato non poco la scelta di questa particolare zona della penisola Iberica.
Difatti, in realtà, la prima interruzione avviene per il passaggio del Caterpillar citato in apertura.
E' stato complicato lavorare a un film imponente come questo, specie in relazione agli altri cui hai preso parte?
Intendi tipo Il Gladiatore?
Si.
Immagina Le Crociate, Robin Hood e Il Gladiatore. Mettili insieme. Il risultato non raggiunge le dimensioni del set di Exodus – Dei e Re.
Davvero?
Davvero, sì. E' tutto gigantesco, perché vogliamo davvero rendere giustizia alla portata, all'importanza del testo biblico. Poi non abbiamo sottovalutato una questione: che quando un regista come Ridley Scott si avvicina ai Dieci Comandamenti il pubblico tende a innalzare vertiginosamente le proprie aspettative. E... e adesso meglio se facciamo silenzio che iniziano a girare per davvero...
AAAAND ACTION!
...ecco, come vi dicevo ci siamo davvero innamorati delle location spagnole. Paesaggi difficili da descrivere a parole, unici. Non trovate anche voi? Per non parlare delle spiagge di Fuerte Ventura, dove gireremo buona parte dell'apertura delle acque del Mar Rosso. Una volta finito qua, toccherà all'Esodo vero e proprio al di fuori di questi cancelli, dai quali vedremo fuoriuscire una folla di 400 mila persone.
Dal punto di vista del design, come avete strutturato la scena dell'attraversamento del Mar Rosso?
Non ve lo posso dire, perché mi hanno espressamente comunicato di non dirvi niente su questa cosa! [risate diffuse fra noi giornalisti, ndr.] Ovviamente lo faremo con l'ausilio del digitale, mischiando effetti speciali, live action ed effetti speciali fisici. E' stata girata in più location per tutte le varie sfaccettature della scena. Siamo stati fisicamente su svariate spiagge. E ognuna di loro ha delle caratteristiche diverse per quanto concerne le maree, la struttura del terreno. Combineremo insieme tutti questi elementi e voi resterete impressionati dal risultato finale. Però non posso dirvi altro perché la trama del film è sotto rigido embargo! [di nuovo risate, ndr.] Per scoprire cosa accade dovete attendere l'uscita del film al cinema. Scherzi a parte, assisterete a un mix di tecniche: digitale, riprese aeree, tutto ottenuto grazie a riprese di riferimento come quella che avete appena visto, solo che fatte a bordo di un elicottero per riuscire poi a replicare il numero di mezzi e uomini che ci servono per il passaggio su cui dobbiamo lavorare. Ad esempio, nella già citata battaglia di Qadeš, l'armata egiziana aveva un numero spropositato di bighe, anzi, è stata proprio lo scontro storico con il più grande dispiego di bighe, un numero fra le 5000 e le 6000. Più le 2000 degli ittiti. Noi ovviamente ne abbiamo una trentina come vi ho già detto, che verranno poi moltiplicate fino a raggiungere quel numero. Abbiamo 500 comparse e stunt che combattono. Gli ittiti erano circa 10.000 e gli egiziani 20.000, numeri colossali che dobbiamo replicare in post-produzione.
Il nostri gruppi di design e effetti digitali sono molto integrati. Il team degli VFX basa le previsualizzazioni sui nostri concept 2D, fanno le animazioni e poi noi, con queste, diamo forma ai modelli fisici tridimensionali. Che verranno a loro volta ampliati al computer, come avrete capito osservando i vari green screen che sovrastano le scenografie. Il muro qua dietro, per citare la cosa più vicina, è alto sette metri, ma sullo schermo arriverà a 18. La torre a 30. L'obelisco 45. La statua di Rames II, vedendo la testa vi sarete fatti un'idea, sarà alta 200 piedi, o 60 metri per quelli di voi che usano il sistema metrico decimale. La portata sarà gigantesca, maggiore di quella degli altri film cui ho lavorato insieme a Ridley.
Si anche i piedi giganti...
Ecco sì, i piedi giganti all'ingresso vanno sommati alla testa! E lo faremo digitalmente. Vi dirò una cosa che in realtà non dovrei rivelare, data la sua segretezza: quei piedi, su questo set, sono gli unici più grandi del mio piede infortunato! [ilarità diffusa fra noi giornalisti, ndr.] Avete qualche altra domanda? Avete già girato per il set, quindi se volete sparate pure. Poi comunque vagherò da queste parti tutto il giorno, quindi se vi dovesse passare per la testa qualche quesito, non esitate a venire da me per porgermelo.
Qual è stato l'approccio di Ridley Scott verso questo film di carattere biblico?
A prescindere dal genere del film che deve girare, lui vuole sempre accostarsi in maniera differente. Vuole avere un approccio fresco, anche se, ad esempio, ha a che fare con un film storico. Ma allo stesso tempo c'è un dizionario, un vocabolario visivo riconoscibile. E' come se usasse ogni volta un veicolo differente con un profilo simile.Lui è noto per come usa la luce. Su un set come questo insegue sempre il sole, la migliore luminosità, quindi la schedule di lavoro varia sempre, perché deve adattarsi a questa sua esigenza artistica. Una continua rivoluzione. Come ieri a esempio. La luce era splendida, il set era pronto e, anche se non era in programma, siamo rimasti tutti qua a fare gli straordinari [difatti i colleghi della carta stampata che avevano visitato il set il giorno prima di noi giornalisti web sono riusciti ad avvicinare molti meno talent, visto che le condizioni atmosferiche avevano particolarmente ispirato Ridley Scott che ha tenuto tutti al lavoro sul set per non “sprecare” la meravigliosa luminosità della giornata e del tramonto, ndr.]. Per Ridley la qualità della luce è tutto, come questa va a colpire, impattare gli oggetti, gli attori. Nei termini dell'interpretazione del periodo, dell'epoca, cerca di romanzare un po' la storia che racconta, non vuole un riassuntino o un filmetto scolastico. Non è il “British Museum vi racconta l'Esodo”. Quella forma di storytelling non gli appartiene. Un sacco di cose sono esagerate, un po come avveniva nel diciannovesimo secolo nei quadri dei pittori Orientalisti. D'altronde suppongo abbiate visto Il Gladiatore o Le Crociate, per cui capite cosa voglio dire con ciò. Si tratta sempre di reimmaginare un mondo, non di ricostruire storicamente, pedissequamente dei fatti. Avveniva già con i film biblici del passato, con queste scalinate sontuose, le inquadraure con la prospettiva forzata, i monumenti ciclopici. La realtà è più piccola del racconto cinematografico. La Piramide di Cheope a Giza è alta 150 metri. Ci sono grattacieli molto più alti. Noi abbiamo incrementato un po' le dimensioni di quello che vedrete sul grande schermo. D'altronde è il pubblico stesso a essere più sofisticato ora. Ha visto un sacco di kolossal, una marea di lungometraggi spettacolari con effetti speciali da cardiopalma fatti grazie a delle tecnologie in continua evoluzione. Se ci fossimo attenuti alla realtà del dato storico, avremmo ottenuto qualcosa di debole, fiacco da vedere. In corti discorsi: qualcosa di non spettacolare. Le aspettative con cui dobbiamo confrontarci sono queste e, nell'era del cinema digitale, abbiamo gli strumenti per soddisfarle. E' quello che stiamo tentando di fare.
Siete tornati in qualche modo ai classici degli anni 40 e 50?
Spero proprio di no. Cioè intendi come punto di riferimento?
Sì.
Con tutto il rispetto li abbiamo riguardati, li abbiamo studiati e ci sono stati molto d'aiuto nei termini della comprensione di quello che NON volevamo fare. Tecnicamente sono datati, ma è chiaro, si tratta di opere in linea con il gusto e le attese dei tempi. All'epoca erano delle novità per occhi non allenati a un certo tipo di spettacolo e immagini. Cosa che, peraltro, ci aspettiamo anche per questo film: di colpire lo sguardo del pubblico, di prenderlo alla sprovvista. Ma sì, per tornare direttamente al tuo quesito li abbiamo rivisti, con tutto il loro bagaglio di recitazioni artefatte, ampollose, troppo legate al periodo di concepimento. Penso che per la maggior parte del tempo Charlton Heston abbia recitato con degli short [risate fra noi giornalisti, ndr.]. Per cui è chiaro, si tratta di una versione adatta al 2014 che, al contempo, vuole essere fedele alla Bibbia, con una rappresentazione naturalistica delle forze della natura, senza i vari cliché abusati tipo “la voce di Dio che risuona dalle nubi in cielo”. Non facciamo quel genere di cose. E' quello che speravate vero?
Noi giornalisti annuiamo con decisione ridacchiando alquanto. Arthur Max prosegue scherzando:
Ah cos'è siete delusi? No dai, non dovrei raccontarvi troppo, sono stato già redarguito ieri perché sono un chiacchierone e finirei per raccontarvi ogni cosa, ma insomma basta che rivolgete lo sguardo a quello che vi circonda, che ci circonda. E' abbastanza facile comprendere quello che sta accadendo. La location, la luce che è sempre splendida, le centinaia di comparse, la perfetta interazione fra tutti i vari dipartimenti, quelli che si occupano degli elementi fisici e quelli digitali.
C'è questa scena con Mosé che passa nella cava dove gli schiavi ebrei lavorano fino allo stremo, fino alla morte... Oh guardate, quello che vedete passare con la t-shirt grigia è Peter Chiang, il responsabile dei VFX, forza andate e circodatelo! Subissatelo di domande!
L'ilarità si diffonde di nuovo fra noi giornalisti.
Cosa ridete, sono serio eh! Siete giovani, siete tutti figli dell'era digitale, i vostri lettori sarebbero estremamente interessati alle parole di uno come Chiang, io appartengo alla vecchia scuola. Io vengo dalla tavolozza e dai pennelli, dalla carta e dalla penna, dai modelli fisici di cartapesta, dagli schizzi col carboncino, dalle forbici e dalla colla. Lui è tutto digitale! Però c'interfacciamo molto, cerco di terermi aggiornato con le tecnologie moderne perché, scherzi a parte, il computer è uno strumento ulteriore per noi che ci occupiamo di cinema. E il mix di queste due maniere di fare cinema da' vita a qualcosa di notevole. A volte ci punzecchiamo un po', come mentre giravamo Prometheus. Avevo realizzato questi concept con la prospettiva forzata e i ragazzi degli effetti speciali “Oh, ma non può funzionare a livello di parallasse” e io “Certo che funzionerà perché dovete considerare l'atmosfera del film, scura, fumosa, quindi possiamo tranquillamente estendere digitalmente l'ampiezza del set e non ci costerà 10.000 sterline ogni volta che dobbiamo fare una ripresa”. E infatti così è stato. Il digitale dev'essere demistificato talvolta. Ha delle possibilità che, combinate al set design fisico, in live action, alla costruzione di edifici fatti con tutta l'abilità artigiana che vogliamo mantenere in vita, possono aumentare la portata spettacolare di un film. Questo modo di fare in cui gli attori vengono messi davanti a un green screen e tutto creato così – e non voglio menzionare nessun film specifico appartenente a tale categoria, ma sapete già di quale io stia parlando [risate fra i giornalisti, ndr.] - fa perdere alla gente la sensazione di vera e propria tattilità, l'odore stesso della realtà. Si finisce per guardare dei cartoon nella maggior parte dei casi. E non dico questo perché a me non piacciano i cartoni animati. Ma mi piacciono i cartoon che sono dei cartoon e i “feature film” che sono dei veri “feature film”. Nel senso più classico dei rispettivi termini che ho adoperato. Ma non so cosa verrà definito come “classico” nei tempi a venire. Naturalmente spero che questa tradizione di cui faccio parte resti bella florida in futuro. Perché resto fermamente convinto che girare un film come Exodus – Dei e Re solo in digitale sarebbe un'operazione fuori portata.
Exodus: Gods and Kings sarà nei cinema statunitensi il 12 dicembre 2014. In Italia arriverà il 15 gennaio. Nel cast: Christian Bale, Ben Kingsley, Joel Edgeron, Sigourney Weaver e Aaron Paul.