Essi vivono, appunti di visione di un capolavoro | BadBuster
Più passano gli anni, più Essi vivono di John Carpenter diventa una miniera di spunti, riflessioni e considerazioni di ogni genere
Avevo quindici anni e tutte le giustificazioni del mondo: era il primo film di Carpenter che vedevo in vita mia, Internet andava ancora a 56k e non era facile quanto oggi recuperare informazioni e pareri, non avevo idea di cosa fosse la Reaganomics e, ovviamente, non conoscevo il cinema e la sua storia quanto le conosco oggi, quasi venticinque anni dopo. Per cui rimasi sorpreso e disorientato da questo film che alternava momenti quasi western (non che non lo sapessi) a classiche sparatorie, che a metà si interrompeva per mostrare sei interminabili minuti di rissa in un vicolo, e che parlava di alieni in un modo completamente diverso da quello a cui ero stato abituato fin lì.
Essi vivono è un western
È la prima cosa che ho pensato dopo i primi dieci minuti di film. Non parlo solo di temi&contenuti, ma anche di simboli&archetipi: Essi vivono inizia come un western urbano, con un eroe solitario e senza nome che arriva in una città altrettanto senza nome (almeno formalmente) direttamente dai binari del treno, con in spalla solo gli strumenti del mestiere – non una pistola e un lazo ma una borsa degli attrezzi, perché Nada, il protagonista del film, è un operaio in cerca di lavoro. Avete presente la classica scena da western con il cowboy che arriva nella città e la esplora a piedi per scoprire dove si trova il saloon e dove sta lo sceriffo? C’è anche in Essi vivono, con la differenza che la città di Nada è in realtà una città nella città, una baraccopoli che spicca come un bubbone su un tessuto urbano già degradato (e che infatti, come un bubbone, verrà fatta scoppiare). Carpenter è un cinefilo e uno che usa tutti i linguaggi cinematografici che gli servono per raccontare una storia, per cui immagino che questo suo appoggiarsi alla tradizione western non sia casuale – altrimenti Nada non suonerebbe l’armonica davanti a un falò, e la colonna sonora non sarebbe così country-blueseggiante.
Essi vivono è un film sulla Los Angeles degli anni Ottanta
Questo invece è un dettaglio che non avrei mai potuto beccare a 15 anni e che negli anni successivi mi ha richiesto comunque di informarmi in vario modo. Per quanto sia considerato un capolavoro universale e senza tempo, e per quanto il nome di Los Angeles non venga mai pronunciato nel film, Essi vivono è in realtà figlio di un preciso momento storico sia per gli Stati Uniti in generale (e su questo torno dopo) sia per la città degli angeli. Che da un lato viveva gli anni d’oro del grande cinema hollywoodiano, e dall’altro veniva da un decennio tremendo dal punto di vista sociale, con circa 75.000 posti di lavoro persi solo il 1978 e il 1982 e l’esplosione del numero dei senzatetto in città. E infatti proprio all’inizio del film vediamo Nada che cammina per le strade del quartiere di Skid Row, e gli homeless che si vedono in quelle scene non erano attori, ma senzatetto a cui Carpenter diede cibo e soldi in cambio della loro presenza nel film.
Essi vivono è un film sull’America di Reagan
Questa è la considerazione più banale, se non altro perché lo dice lo stesso Carpenter da quando il film è uscito (andate qui a pagina 37, per esempio), ma è importante ricordarlo nell’ottica di quanto dirò successivamente. Riassumendo: Reagan fu presidente degli Stati Uniti dal 1981 al 1989, e nel corso dei suoi due mandati implementò una lunga serie di riforme economiche e sociali volte a, per farla semplice, depotenziare il ruolo dello stato centrale e lasciare il massimo dell’iniziativa possibile all’impresa privata; chi lo ammira dice che la Reaganomics fu una rivoluzione che migliorò l’America e che Reagan lasciò il Paese in condizioni molto migliori di come l’avesse trovato, chi lo odia sostiene invece che la deregulation selvaggia e la riduzione delle spese governative abbiano contribuito a erodere lo stato sociale e a esacerbare le differenze socioeconomiche, arricchendo i ricchi e impoverendo i poveri.
Per Carpenter, invece, che vive e lavora nel mondo dell’arte, della cultura e dell’intrattenimento, la vera eredità negativa dell’epoca Reagan non è lo yuppismo ma il consumismo sfrenato: il Baffo identificava negli anni Ottanta il decennio nel quale il popolo americano si era trasformato definitivamente in prodotto, e nel quale “fare soldi” era diventato l’unico mantra possibile. Carpenter raccontava così l’ispirazione per il film: «Non guardavo la TV da un sacco e ho ricominciato a guardarla, e ho capito subito che tutto è disegnato per venderci qualcosa. [...] A un certo punto non sono più riuscito a guardare neanche MTV. [La TV] è solo un modo per farci comprare. L’unica cosa che vogliono sono i nostri soldi». Essi vivono diventò quindi una sorta di dito medio all’uscente amministrazione Reagan, un modo per Carpenter per dire al presidente “addio, a mai più rivederci” e augurarsi che dopo di lui le cose potessero tornare a funzionare come un tempo. Ovviamente non andò così: Essi vivono uscì più o meno in contemporanea con l’elezione dell’erede di Reagan George Bush, che vinse con ampio margine contro il rivale democratico Michael Dukakis (sì, il cugino di Olympia) in quella che fu interpretata come un’entusiastica conferma delle politiche reaganiane da parte del popolo americano.
Film universale o particolare?
Essi vivono è un film che dice una cosa molto semplice e molto ficcante, un attacco al consumismo e alla “prodottizzazione” dell’essere umano, ma è, come si dice in questi casi, figlio del suo tempo, e acquista pieno senso solo se lo si colloca nel contesto storico nel quale è stato concepito. Eppure non c’è dubbio che i messaggi che lancia abbiano anche un carattere di universalità, e anzi abbiano acquistato ancora più peso con il passare degli anni: l’idea che dietro ogni cartellone pubblicitario e messaggio promozionale ci sia in realtà un ordine subliminale a OBBEDIRE, CONSUMARE, PRODURRE non ha perso d’impatto, anzi è diventata ancora più urgente e onnipresente, soprattutto in questi tempi di pandemia e di “magari qualcuno morirà, pazienza”.
Ma c’è un’idea ancora più forte e antica dietro Essi vivono: quella che il mondo si divida in “noi”, le vittime, e “loro”, quelli che governano tutto e prendono tutte le decisioni e influenzano i destini del mondo a nostra insaputa. Il termine “complottismo” è ormai talmente abusato che sta perdendo di significato, ma è adattissimo a descrivere Essi vivono, che usa gli stessi strumenti retorici e anche lo stesso linguaggio di certe teorie cospirazioniste che prosperano in questi ultimi anni. L’idea stessa dietro al “They” del titolo, una sorta di umanità-ombra che tira le fila del pianeta, è quella che sta dietro a parecchie ideologie contemporanee più o meno assurde, e nel novero dei “They” può rientrare sostanzialmente chiunque, da George Soros a Bill Gates a Maria Elena Boschi.
Poco importa che Carpenter stesso abbia più volte ribadito che Essi vivono è un film sugli yuppie e il capitalismo sfrenato: più o meno chiunque ha provato a impadronirsene negli anni, compresi i neonazi che sostengono che si tratti di un film sugli ebrei che controllano il mondo. È ovviamente un’assurdità, ma credo di capire perché si possa arrivare a pensare una cosa del genere: Essi vivono non è tanto (o non solo) un film sul fatto che il mondo è segretamente controllato dagli alieni, ma è un film sulla paura che il mondo non sia sotto il nostro controllo, sulla possibilità che la verità sia che siamo solo pedine in un gioco che non ci coinvolge direttamente. Per cui chiunque viva nella convinzione che la sua esistenza è controllata da forze altre può andare al di là del dato oggettivo e riconoscersi in Essi vivono, anche se ideologicamente si trova al lato opposto dello spettro rispetto al suo autore: guardate per esempio quest’intervista di Alex Jones, uno dei sovrani del complottismo online in America, al protagonista del film Roddy Piper.
La rissa è un colpo di genio
Lo era già la scelta di prendere come protagonista un wrestler e non un attore professionista: Roddy Piper non sarà Marlon Brando (eufemismo), ma ha la faccia giusta per il ruolo che deve interpretare e un certo candore non so quanto volontario ma perfetto per un personaggio al quale vengono letteralmente aperti gli occhi sulla crudele verità del mondo. Ma la rissa piazzata a metà film tra lui e Keith David è un momento sublime, e non solo per il suo valore cinematografico; simbolicamente rappresenta lo scontro tra lo scettico (David) e quello che ha aperto gli occhi, e funziona esattamente come una discussione su Facebook: due persone su posizioni diametralmente opposte, entrambe convinte di avere ragione, che procedono a darsele fino all’unica conclusione possibile, cioè lo sfinimento di una delle due parti.
Essi vivono è un film lovecraftiano...
Non me n’ero mai accorto, ma lo dice lo stesso Carpenter quindi mi fido.
... e un capolavoro
Non è il mio preferito di Carpenter per pure ragioni di gusti, ma se mi diceste “è il suo film migliore” potrei essere propenso a darvi ragione.