Essere Max Von Sydow: il simbolo stesso del caratterista moderno

Come recitava Max Von Sydow, perché ha sfondato in America, come mai nessuno sarà più come lui

Critico e giornalista cinematografico


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Per diventare Max Von Sydow non serve solo girare Il Settimo Sigillo o L’Esorcista, né fare il villain in diversi film americani (da Flash Gordon in su, a migliorare).

Quello, in un certo senso e con tutti i limiti del caso, lo possono fare e l’hanno fatto in molti.

Ciò che crea una carriera come quella che ha avuto Max Von Sydow non è solo la capacità di essere protagonista o antagonista, cioè di avere il carisma necessario a costruire i personaggi che prendono il riflettore, ma occorre avere quella dote rarissima per chi è arrivato ai massimi livelli possibili del proprio lavoro e ha segnato un solco nella storia del cinema, di imparare ad essere un caratterista eccellente, imparare cioè a fare tutto quello che fa un protagonista in un decimo delle pose. Max Von Sydow e pochissimi altri grandissimi attori sono stati anche grandi caratteristi. È quello che, per dire, non riesce ad Anthony Hopkins, che lavora su tempi lunghi e ha bisogno di un film intero per incidere. Lui invece era fortissimo anche sulla breve distanza.

Max Von Sydow è stato un attore eccellente con la scarsa propensione al rifiuto delle offerte di Nicolas Cage, tra i suoi ultimi lavori ad esempio ci sono il doppiaggio di un personaggio di Skyrim e quello del videogioco di Lego Star Wars. Era diventato negli ultimi anni un professionista da 3-4 film l’anno, sempre capace di incidere, sempre capace di convogliare tutto quel che serve in pochissimi colpi. Guardarlo era ogni volta impressionante. E di certo era più clamoroso nei pochi minuti di Il Risveglio della Forza che in tutto Molto Forte Incredibilmente Vicino.

È in fondo un destino non raro per gli stranieri di Hollywood, per chi ha un accento nordeuropeo marcato e viene incasellato come il cattivo. Era svedese ma è stato nazista più di una volta, era alto e longilineo e quindi austero e malvagio, funzionario di massimo livello, padrone spietato e dominatore dai tratti nobili.
In realtà in Svezia recitava il ragazzo qualunque, con Bergman partì come cavaliere in Il Settimo Sigillo, cioè un uomo che compie un viaggio metaforico assieme alla morte stessa, ma poi è stato ordinariamente borghese in Come In Uno Specchio e lavoratore ordinario in Il Posto Delle Fragole o ancora prete di campagna in Luci d’Inverno. Invece per gli americani quasi subito è stato Gesù in La Più Grande Storia Mai Raccontata.

Ordinario in Svezia ma eccezionale in America, la strada davanti a lui si apre subito nella direzione dei ruoli molto carichi. È stato però proprio in America che lentamente ha cominciato ad affinare le abilità da caratterista. Già L’Esorcista, che lo vedeva protagonista, lo confinava in una maschera dentro la quale ovviamente poteva molto spaziare ma pur sempre maschera era. In questa seconda parte della sua carriera Max Von Sydow ebbe modo di esplorare un tipo di recitazione di grana molto grossa e orientata al risultato in maniere che il cinema d'autore non conosceva. Come tutti gli attori dalle forti basi teatrali si trovava a suo agio in panni assurdi e con trucchi carichi, ma la differenza rispetto a tutti gli altri la faceva sempre un'incredibile capacità di credere nella parte. Anche nei film più assurdi. Da l’Imperatore Ming in Flash Gordon, re malvagio in Conan Il Barbaro e Blofeld nell’unico 007 non ufficiale, Mai Dire Mai.

In mezzo c’è però uno dei suoi ruoli migliori (tra quelli brevi), ovvero il maggiore von Steiner di Fuga Per la Vittoria, ufficiale dell’esercito tedesco con la passiona smodata per il calcio, un concentrato di piccole espressioni con cui fa tutto. È il nemico, è parte del male ma non riesce a non comunicare una gran dolcezza e una passione che travalica la rivalità e l’ideologia. Non è come gli altri nazisiti, non è uno delle SS, è un ufficiale dell’esercito e la faccia che fa di fronte alla rovesciata di Pelè è migliore di interi film interpretati da altri. Perché una vecchia regola dice che per capire l’importanza di qualcosa o lo status di qualcuno al cinema (come a teatro) guardiamo alla reazione degli altri, e così la poesia infinita di quel gesto di bellezza e forza contro il pregiudizio e la cattiveria lo capiamo grazie a Max Von Sydow, primo ad alzarsi per applaudire sembra un bambino dopo un film intero in cui avevamo intuito che non era come gli altri che aveva un cuore onesto che batte per il calcio.

I blockbuster letteralmente lo adoravano. Non solo Flash Gordon ma anche Dune e poi Dredd, Minority Report, Rush Hour e tantissimi altri. Lui si è concesso tantissimo (era anche la voce di Vigo in Ghostbusters II) in anni in cui non c'era molti ruoli come quelli attori a lui assimilabili hanno avuto come quelli interpretati da Ian McKellen. A differenza di quelli aveva una capacità di raggiungere il risultato con uno sguardo, un'economia di gesti tale che quando invece si agitava (come in Fuga Per La Vittoria) la sensazione era che si fosse rotto un argine e stesse accadendo qualcosa di eccezionale. Max Von Sydow era un attore di straordinario minimalismo, di espressioni di granito che poteva interpretare un personaggio anche in foto (si veda la gif qua sotto, si veda che incredibile intensità senza movimento), un trasformista di pochi gesti. Molti attori voglio interpretare tanti personaggi differenti, Max Von Sydow invece è stato uno dei pochi in grado di fare il caratterista di tanti ruoli differenti.

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