Edward Mani di Forbice 30 anni dopo: come Tim Burton creò Tim Burton con i colori

L'opposizione tra bianco e nero e colori, il casting in antitesi e poi il lavoro sul punto di vista, Edward Mani Di Forbice nasce per ribaltare tutto

Critico e giornalista cinematografico


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Edward Mani di Forbice 30 anni dopo: come Tim Burton creò Tim Burton con i colori

C’era già stato Beetlejuice, un film non scritto da Tim Burton ma molto in linea con il suo mondo e le sue idee, in cui aveva sfogato molto di quello che sarebbe diventato lo stile Burton. E c’era già stato Batman, che l’aveva reso famoso e bankable, cioè affidabile dal punto di vista economico. Erano tutti film scritti da qualcun altro che Tim Burton aveva adattato a sé con la messa in scena, con i costumi e con la recitazione, usando le immagini e solo le immagini, per enfatizzare qualcosa che già era presente nella trama e veniva elevato a punto centrale di tutto. Era insomma già un regista, qualcuno che sa come far emergere da una storia i temi che gli premono utilizzando l’audiovisivo.

Quando arriva Edward mani di forbice, Tim Burton è un cineasta completo e gli studios hanno un debito con lui. È l’ora del film ideato da lui e scritto da lui. Sarà un successo, come noto, ma soprattutto sarà il primo vero momento in cui qualcuno mette sullo schermo la dialettica tra conformarsi e rimanere un reietto, la poetica del non sentirsi parte della massa e lo spleen adolescenziale dovuto ad una tensione romantica frustrata dall’appartenere a mondi diversi, e lo fa in un modo così chiaro che arriva a tutti. Anche a chi conformato lo è parecchio, perché al centro del cinema di Tim Burton c’è il fatto che il punto di vista cambia tutto e riuscire a far vedere al pubblico la maniera in cui un altro guarda il mondo, il suo punto di vista, crea la magia.

vincent price

Per riuscirci Burton non passa dalla sceneggiatura ma delle immagini. L’idea base è povera e semplicistica: c’è una creatura pensata e disegnata per essere reietta (e giustamente uno così lo poteva creare solo Vincent Price), diversa e spaventosa, c’è una comunità borghese e quindi timorosa del diverso (che vede in Edward non una persona ma uno strumento per il proprio piacere) e c’è un amore che sembra impossibile. Alla fine della favola i cattivi sono sconfitti ma il buono, come vuole la morale dark, per salvare l’amore crea la propria infelicità. Edward uccide la persona che vuole fare del male alla sua amata e diventa il mostro che tutti pensavano fosse. Nulla di troppo sofisticato che diventa complicatissimo quando si aggiungono le immagini.

bianco e nero edward

È visivamente che Burton separa il protagonista da tutti gli altri. Nero in un mondo nero, con pelle bianca, quindi in bianco e nero, viene da un altro mondo del cinema rispetto ai coloratissimi abitanti della cittadina in technicolor. Che poi era una cittadina vera, a Tampa in Florida, una suburbia fatta dipingere colori pastello per il film ma così simile ai personaggi che poi ha deciso di tenere quei colori perché gli piacevano (sic!). Colorati gli uni e in bianco e nero l’altro, Edward è sempre diverso in ogni inquadratura.
Usando le armi del cinema, Burton ribalta l’uso dei colori, lentamente da elementi gioiosi diventano spaventosi. Colorati non sono più solo i trucchi, i capelli e i fiori ma sono le luci dei momenti più duri, sono gli oggetti pericolosi e sono i sorrisi sadici. Al contrario il gotico, cioè il castello che sembra uscito dall’espressionismo tedesco in cui vive Edward, è un luogo d’amore, serenità e confessioni dove Edward incontra la sua prima amica interpretata da Dianne West (materialmente la persona che ha messo in piedi il film con la sua determinazione).

edward neve sesso

Anche a noi Edward sembra il mostro fino a che, lungo tutto un film, Burton non cambia il nostro punto di vista. Gli abiti civili e conformati che gli vengono messi sono ridicoli. Le acconciature delle donne sono ridicole e anche il sesso è qualcosa di spaventoso, una forma di potere e prevaricazione di casalinghe annoiate. Dopo tutti gli anni ‘80, quelli del corpo e della pubblicità in cui il piacere carnale era una promessa implicita ovunque, gli anni di 9 settimane e mezzo e tutta quella mitologia, Edward mani di forbice si mette di traverso e si professa di nuovo un diverso con un film totalmente asessuato in cui l’amore non ha tensione erotica e l’amplesso i due personaggi lo raggiungono a distanza, quando lui fa nevicare addosso a lei creando un’opera d’arte. È il momento di massima unione, in cui sono davvero una cosa sola, è il loro atto sessuale senza sesso.
All’interno del film insomma il mondo funziona al contrario ed è convincente!

edward winona

Questa dialettica sul ribaltamento di aspettative e ruoli esiste anche per i tre attori protagonisti. Johnny Depp era un teen idol in quel momento, il bello che piace alle ragazze e qui viene mascherato e imbruttito fino ad essere quasi irriconoscibile (sorvoleremo sul fatto che praticamente viene avvicinato a Tim Burton stesso). La testimonianza del fatto che il ribaltamento era intenzionale sta tutta nel fatto che quando lo studio chiese un nome più noto la scelta andò su Tom Cruise (reduce da Rain Man), altro teen idol. Poi con Cruise saltò la trattativa perché dopo un primo incontro fece tante di quelle domande che Burton dovette dire: “È bello ricevere così tante domande sul personaggio, ma alla fine o lo fai o non lo fai”. E così entra Johnny Depp.

edward mani

Winona Ryder aveva già recitato in Beetlejuice con Burton (in un personaggio burtoniano, una non integrata) e veniva dal successo di Schegge di follia, altra reietta, nell’immaginario collettivo era lontanissima dalla cheerleader bionda, dalla ragazza conformata che invece qui interpreta. E infine anche Michael Anthony Hall, il terzo polo del triangolo, il bullo, veniva da La donna esplosiva e The Breakfast Club in cui era anche lui un reietto, un nerd non integrato.
Ognuno interpretava l’opposto di ciò per cui era conosciuto, di fatto Burton inizia il suo ribaltamento dalla fase di casting, per ogni personaggio principale il pubblico deve rivedere le sue aspettative. E guardare qualcosa diversamente dal solito è uno degli snodi centrali del cinema, l’idea che come si osservi qualcosa scateni riflessioni diverse.

edward letto

Tutto ciò che è nero e gotico, spaventoso e funereo è invece bello e romantico. Tutto ciò che è colorato, modaiolo, simpatico e vivace è malvagio, meschino e terribile. È la poetica di tutto il cinema di Tim Burton che qui è esposta con una capacità di raccontare gli opposti unica. Certo, è per certi versi il mondo delle sottoculture dark (di certo lo è visivamente, Edward sembra modellato su Robert Smith dei Cure) ma per molti altri è l’esposizione di un contrasto estremamente semplice assieme alla valanga sentimentale che causa. È una favola dark, ma è anche la storia di milioni di persone che per la prima vera volta si vedono rappresentate. E di milioni di altre sulle quali Edward mani di forbice ha comunque un effetto perché solleva qualcosa in una parte di loro.

edward abbraccio

Tutto questo, i ruoli scelti con un casting che lavora per ribaltamento, i colori utilizzati per far comprendere tutto senza passare dalla logica ma dall’istinto, la finalità romantica e una storia in cui non partiamo dalla parte del protagonista ma maturiamo un sentimento nei suoi confronti, arrivano al culmine con le mani di forbice. È un’idea davvero assurda e senza senso che tuttavia esemplifica, di nuovo visivamente, il senso di pericolo e minaccia. Poteva essere un mostro in molti modi ma con le mani di forbice è pericoloso per sé (i tagli in faccia) e pericoloso per gli altri involontariamente. Non può evitare di fare del male a tutti. Così quando al culmine Edward abbraccia Kim non può davvero farlo altrimenti la taglia. È il contrasto che prende tutto ciò che è stato costruito e lo fa deflagrare, la scena madre e il momento in cui si crolla. Ma ci è voluto un film intero e diverse scelte visive in ogni singola scena per arrivare a sposare senza remore quel punto di vista così unico.

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