Editoriale - Quando Dead or Alive Xtreme 3 smascherò la nostra ipocrisia
Per non alimentare polemiche, il Team Ninja rinuncia a pubblicare Dead or Alive Xtreme 3 in Occidente: trovata pubblicitaria o cartina tornasole della nostra società?
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Quali siano questi termini e toni, quali siano questi contesti e situazioni è totalmente arbitrario. Impossibile prevedere gli effetti di un commento, di una battuta, di un’osservazione, anche quando priva di doppi sensi e malizia, se rivolta, indirizzata o colta dalle persone sbagliate. Nel nostro Occidente civilizzato e acculturato, che evidentemente ogni tanto si prende persino il lusso di annoiarsi un po’, capita di sollevare un polverone senza nemmeno accorgersene se si ha l’ardire di dire la propria su certe tematiche che possono scombussolare il bioritmo del fanatico di turno. La difesa degli animali è diventata una crociata dai risvolti mistici per accaniti cacciatori di “carnivori”; i protettori del sacro nucleo familiare si scagliano contro unioni a loro modo di vedere abominevoli; femministe drogate di testosterone si aizzano come ossesse contro chiunque si permetta di possedere un pene senza farne mistero.
[caption id="attachment_148765" align="alignright" width="223"] La copertina di Playboy dell'agosto 1999: la modella Nell McAndrew interpreta l'alter ego reale dell'affascinante archeologa.[/caption]
In questi giorni stiamo leggendo un saggio, Virtualerotico, curato da Luca Papale e Francesco Alinovi di cui vi parleremo a brevissimo, che tratta del sesso nei videogiochi. Lo fa, appunto, con sincerità e franchezza non negando, nemmeno per un istante, che il sesso è a tutti gli effetti uno dei motori della vita e che molto (se non tutto) ruota attorno ad esso.
Eppure, affrontare contenuti espliciti di un certo tipo, in un videogioco, è ancora una questione complessa, per non dire delicata e spesso vietata. A destare sorpresa non è la decisione di non pubblicare in occidente un titolo dai toni “soft-porno”, sviluppato e concepito in Giappone. Di roba (e robaccia, sia chiaro) prodotta per il mercato nipponico che (fortunatamente) non supera i confini nazionali ce n’è tantissima. A sconvolgerci, e dunque a segnalarci che ci sia qualcosa che non va, è che sia stato il Team Ninja a prendere una simile decisione. Del resto Ninja Gaiden non si è mai fatto problemi a sversare sui nostri schermi litri di sangue. Tanto meno ci siamo posti grossi problemi con i passati episodi di Dead or Alive Xtreme, tutti puntualmente importati anche dalle nostre parti, non senza qualche superflua critica, ci mancherebbe.
Del resto, viene da chiederselo a questo punto, cosa c’è di male nel vestire i panni di formose donzelle mentre, ammiccanti, si sfidano a beach volley? Ambire alla parità dei sessi e al rispetto per le donne è in aperta antitesi con la visione di film vietati ai minori o al sollazzo che possono regalare avvenenti donne digitali mentre si dedicano ad attività sportive che incentivano (l’irrealistico) ondeggiamento dei prosperosi seni?
Forse sì, forse no. Non è mio compito né interesse indagare sulla libertà di espressione, né stabilire il confine tra erotismo e pornografia. Ciò che mi preme sottolineare è il motivo che ha spinto il Team Ninja a non rendere disponibile il suo titolo dalle nostre parti. Come potete leggere nella nostra news, la software house, tramite il suo account su Twitter, ha commentato così la sua decisione: “avete presente tutti quei discorsi su come siano trattate le figure femminili nel mondo dei videogiochi? Non vogliamo entrarci. Ci abbiamo pensato, e così abbiamo deciso. Grazie.”
Se da un certo punto di vista si denota una non indifferente presa di coscienza del Team Ninja e, sempre da un certo punto di vista, premia i giusti sforzi compiuti dal movimento femminista negli ultimi anni, non si può digerire la cosa, senza domandarsi dove ci porteranno certi eccessi, certe esagerazioni, certe smanie censorie mai completamente sopite.
[caption id="attachment_148766" align="aligncenter" width="508"] Rimane comunque il dubbio che si tratti, almeno in parte, di una trovata commerciale per stimolare l'importazione di un gioco che, altrimenti, senza polemiche avrebbe riscontrato un successo minore.[/caption]
Anzi, si palesa un problema ben più grave che ormai da troppo tempo affligge la nostra società: una cronica incapacità di prendersi le proprie responsabilità, trovando continuamente un capro espiatorio per tutto. Perché, è evidente, la violenza giovanile ha un’origine ben precisa: GTA. L’incapacità di certi giovani (e non) di amare e rispettare la cosa più bella che ci sia a questo mondo (le donne, appunto) è dovuta a titoli come Dead or Alive Xtreme che suggeriscono l’idea che ogni “femmina” debba avere come unico compito la soddisfazione, sessuale e non, dell’uomo-videogiocatore che deve controllarle, e possederle, a suo piacimento.
E allora è giusto cedere agli eccessi, lasciare che avvocati in cerca di notorietà attacchino l’operato di artisti e publisher a lavoro per dare forma e consistenza alle proprie visioni, permettere e anzi incoraggiare che femministe, vanificando parte del corretto operato delle colleghe ben più equilibrate e ormai vittime del loro stesso odio incontrollato, eccedano di malafede scagliandosi anche contro il mondo dei videogiochi.
Del resto è più facile scoraggiare la pubblicazione di Dead or Alive Xtreme 3, piuttosto che ammettere, con onestà intellettuale, che il problema consista nella scarsa voglia di prenderci le nostre responsabilità come esseri umani, come uomini, come donne. Perché, andrebbe sottolineato più spesso, se il mondo va a rotoli non è certo per colpa di un videogioco; non è certo demerito di animalisti e femministi (passatemi il termine al maschile, vi prego) che, quando con le giuste argomentazioni e metodi, svolgono anzi un’attività di innegabile importanza nell’elevare ulteriormente la nostra specie. La colpa è unicamente imputabile alla nostra incapacità di dare il buon esempio alle future generazioni ogni giorno, in ogni occasione possibile e con il giusto piglio. Perché si può tranquillamente simulare una partita di beach volley tra formose donzelle digitali, senza per questo dimenticarsi di corteggiare con galanteria l’essere umano che rende unica e splendida la nostra esistenza.