Echo: siamo sicuri che fosse neccessario Daredevil per rendere la serie interessante?

In occasione dell'uscita di Echo, ragioniamo insieme sulla scelta di rendere canoniche le varie serie TV Marvel targate Netflix

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Echo è approdata il 10 gennaio 2024 su Disney+. Come abbiamo avuto modo di affermare nella recensione, il personaggio Marvel creato da David Mack e da Joe Quesada non è certo dei più popolari. Ha avuto senza dubbio le sue run avvincenti e ha sicuramente ha contribuito alla psicologia di Devil, ma Maya Lopez non è mai stata un’eroina in grado di calamitare le masse. Eppure gli autori hanno ritenuto interessante raccontarci la sua storia e, per farlo, hanno deciso di giocare con il nostro cuore.

Echo, infatti, pesca a piene mani da quel Daredevil lanciato su Netflix che tanto ha infiammato gli animi del pubblico. Stiamo parlando delle tre stagioni ideate da Drew Goddard, che ha ci hanno narrato una storia oscura attraverso lo scontro tra i valori di Matt Murdock (Charlie Cox) e quelli di Wilson Fisk (Vincent D’Onofrio). Una serie matura, violenta e cupa, ben lontana dalla maggior parte delle produzioni Disney.

Quando diciamo che Echo “pesca” dalla serie del Diavolo Custode, intendiamo che estrae personaggi e mood dallo show Netflix, facendoli propri. Recentemente, infatti, i Marvel Studios hanno comunicato che tutte le serie uscite sulla succitata piattaforma sono ufficialmente canoniche. Questo significa non solo che il Daredevil visto in She-Hulk è lo stesso che abbiamo visto condividere lo studio con Karen Page e Foggy Nelson, ma anche che Iron Fist, Luke Cage, Jessica Jones e il Punisher fanno ora parte del Marvel Cinematic Universe. Con tutti i pregi e i difetti del caso. Ci siamo chiesti, infatti, se questa mossa sia stata fatta per calamitare l’attenzione su una serie, Echo, che altrimenti sarebbe passata più in sordina.

I pregi del rendere canoniche le serie Marvel / Netflix

Non lo neghiamo: ritrovare il Daredevil di Charlie Cox nel MCU è un vero piacere. Questo non solo per la bravura dell’attore britannico, ma anche per tutto il cast di comprimari che lo accompagna. Basti pensare a Rosario Dawson nei panni di Claire Temple, del già citato Vincent D’Onofrio in quelli di Kingpin o di Jon Bernthal in quelli del Punisher, tre personaggi che abbiamo amato negli show di Netflix e che ci sarebbe dispiaciuto perdere per sempre. Il più grande pregio di questa mossa da parte dei Marvel Studios, infatti, sta nell’aver improvvisamente incrementato la propria libreria di titoli dai toni maturi. Toni vicini anche a quelli di Echo, che effettivamente si distanzia dalle atmosfere più leggere come quelle viste in Ms. Marvel o in She-Hulk.

Un altro pregio non da poco è l’introduzione ufficiale nel Marvel Cinematic Universe di Jessica Jones, interpretata dalla bravissima Krysten Ritter. Di conseguenza, all’improvviso, ci troviamo a dover far fronte al fatto che il Killgrave di David Tennant ha scalato rapidamente la classifica dei villain più interessanti del MCU, posizionandosi ai primi posti. Il suo Uomo Porpora, infatti, è semplicemente incredibile. Un avversario subdolo e manipolatore, che attraverso il carisma dell’attore inglese noto per Doctor Who riesce a entrare nel cuore dello spettatore in un modo puro e viscerale.

I difetti del rendere canoniche le serie Marvel / Netflix

Per ogni Devil e Jessica Jones che ci hanno resi felici della notizia del ritorno degli eroi Netflix, c’è il dispiacere di dover rivedere il Danny Rand di Finn Jones e il Luke Cage di Mike Colter. Metà del team che sono andati poi a formare i Defenders ci ha infatti lasciati abbastanza basiti sin dalle loro prime rispettive stagioni. Stagioni lente e scialbe, all’interno delle quali ci sentiamo di salvare solamente Mahershala Ali nei panni di Cottonmouth. Mahershala Ali che a “breve” dovrebbe anche tornare nel MCU nei panni di Blade e che non abbiamo idea di come i Marvel Studios gestiranno l’estrema somiglianza tra i due personaggi.

Insomma: rendere canoniche le serie TV targate Netflix è stata una mossa senza dubbio interessante, ma che porta con sé pregi e difetti. In ogni caso, se lo scopo era quello di puntare i riflettori su Echo per fare in modo che il maggior numero di persone possibile vedessero il nuovo show su Disney+, possiamo dire che il risultato è stato raggiunto solo in parte. I rimandi al mondo di Daredevil, infatti, si limitano alla scena del flashback di Kingpin e alla presenza di Charlie Cox. Un po’ poco per sostenere uno show. Uno show che, comunque, non ha bisogno di questi trucchetti per restare in piedi da solo. Echo, alla fine, ci ha sorpresi per ben altri motivi.

Echo: una serie da non sottovalutare

È vero: la presenza di Vincent D’Onofrio è sicuramente un plus non da poco per Echo, che in questo modo vanta tra le proprie file uno dei villain più interessanti e meglio interpretati dell’intero MCU. La miniserie ideata da Mario Dayre, però, si concentra su Maya Lopez e sul suo rapporto con le persone che la circondano. Persone come suo padre William, suo zio Henry o la sua amica Bonnie. Echo è un'opera che parla di relazioni tossiche, della necessità di abbracciare le proprie origini e dell’importanza dei propri cari all’interno delle nostre vite. Non ha bisogno di alcun “trucco” per essere vista dal grande pubblico, men che meno di attirare gli spettatori convinti che l’introduzione degli show Netflix possa migliorare la qualità generale di questa miniserie.

Viviamo in un periodo di generale delusione nei confronti del Marvel Cinematic Universe. Film come The Marvels e serie come Secret Invasion hanno dimostrato che gli ultimi anni di gestione di questo franchise non sono serviti a dare vita a un futuro radioso per gli Eroi della Casa delle Idee. Prodotti come Echo, invece, pensiamo possano mostrare al pubblico che è ancora possibile aspettarsi qualcosa di diverso dai soliti stilemi narrativi. Sia chiaro: Echo deve essere una base di partenza e non un punto di arrivo.

Questo perché, come segnalato in recensione, lo show scritto da Marion Dayre e da Amy Rardin è ben lontano dall’essere perfetto. Un'affermazione vera soprattutto per quanto riguarda il finale, che fatica a togliersi del tutto di dosso gli stilemi appena citati. Però, per la prima volta da diverso tempo, siamo di fronte a un’opera con una chiara direzione. Un’opera contenuta, con un buon messaggio da comunicare e che arriva diretta al cuore. Un risultato raggiunto non grazie al fascino degli show Netflix, qui vero e proprio specchietto per le allodole, ma grazie a pregi insiti nell’opera stessa.

E voi che cosa ne pensate? Siete tra coloro che si sono avvicinati a Echo solamente per ritrovare i personaggi delle serie Netflix? Fatecelo sapere con un commento qui sotto o, se preferite, attraverso i nostri canali social (TikTok incluso).

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