E3 2016: Fuga da Los Angeles

Electronic Arts, Activision, Disney e Wargaming diserteranno l'E3 2016: cosa sta accadendo all’affermata fiera statunitense?

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Non è la prima volta che l’E3 rischia di chiudere i battenti, sembra sul punto di cambiare per sempre, dà l’idea di essere un evento ormai anacronistico e irrimediabilmente superato. Nintendo, nel bene e nel male apripista di innumerevoli tendenze, di fatto lo ha già abbandonato da tempo. Nel 2007 venne concepito in un’edizione decentrata, nella quale ogni publisher mostrava i propri titoli in diversi hotel sparsi per tutta la metropoli. Ogni anno se ne ipotizzano nuove formule, così come sembra inevitabile il trasferimento in un’altra città. Non è la prima volta che l’E3 rischia di chiudere i battenti, verissimo, ma mai come quest’anno il rischio è concreto, tangibile, prossimo.

Le defezioni di EA, Activision, Disney e Wargaming sono un segnale piuttosto chiaro, sebbene, lasciando da parte gli isterismi di chi c’è cresciuto con il mito dell’E3, parlano e raccontando di un’industria in costante evoluzione, con necessità e bisogni ben diversi da quelli che giustificarono e resero necessaria l’origine della fiera statunitense. Andiamo per gradi.

[caption id="attachment_151856" align="aligncenter" width="508"]E3 foto 1 Le difficoltà riscontrate dall’E3, da sempre ad esclusivo appannaggio di giornalisti e business man dell’industria, rispecchia il progressivo allargamento dei canali attraverso cui è possibile fruire e creare informazione, più o meno autorevole, sull’argomento. Oggi, del resto, basta un computer e una webcam per inventarsi critici e giornalisti.[/caption]

Disney e Activision possono aver dato il benservito per un motivo molto semplice: non hanno un numero sufficiente di titoli da presentare e mostrare, tale da giustificare la loro partecipazione. Call of Duty in qualche modo ci sarà comunque; difficilmente non ci saranno manciate di postazioni di gioco dedicate a Disney Infinity. In ogni caso niente showfloor, nessuna conferenza esclusiva. Fa strano che multinazionali di questo calibro, che vantano IP come Skylanders e Star Wars, non siano in grado di supportare nuove produzioni a ritmo costante, ma, lo abbiamo già detto, non si tratta d’altro che del segno dei (nuovi) tempi: non bastano un paio di mesi e piccoli investimenti per dare vita ad un trailer o una demo degna di questo nome. Videogiochi di un certo tenore, i così detti tripla A, necessitano di grandi risorse e di presentazioni curate in ogni dettaglio, magari concepite all’interno di eventi ad hoc. Costringere gli sviluppatori a turni di lavoro extra, solo per consegnare qualcosa di decente, con il rischio che i loro sforzi vengano messi in ombra da altri progetti, non sembra più una strategia vantaggiosa e vincente.

"mentre sempre più publisher preferiscono, con maggior frequenza, la pubblicazione di beta o l’organizzazione di press tour mirati, l’E3 perde pezzi e autorevolezza"

Wargaming apre un altro fronte critico. Tramite uno dei suoi portavoce, ha chiaramente fatto intendere che l’E3, così come lo conosciamo, è un business adatto per la promozione di prodotti retail, poco utile e remunerativo per una società che fonda il suo giro d’affari sui free-to-play. Altra bordata. L’industria si sta lentamente, ma progressivamente, spostando altrove, un altrove fatto di codici download, store digitali, beta e giochi in early access. Che bisogno ci sarebbe di riunire in un unico luogo giornalisti e distributori di tutto il mondo per attirare l’attenzione (e i capitali), quando si può fare tutto ciò via internet?

Arriviamo così ad EA, che pur non presenziando il Convention Center, storica sede dell’E3, sarà presente pochi metri più in là, al Club Nokia, dove darà vita ad una personalissima manifestazione in cui saranno accolti anche semplici visitatori e appassionati. L’affondo finale insomma. Nell’epoca di Twitch, delle dirette streaming di qualsiasi conferenza e, soprattutto, di fiere come la gamescom, che invece di escludere, lucra sulla vendita dei biglietti ai non addetti ai lavori, la casa di FIFA e Need for Speed crea una sorta di “E3 come dovrebbe essere”, puntando tutto sui valori che più vanno di moda ai tempi dei social newtork: partecipazione (in prima persona) e condivisione (con il proprio pubblico degli sforzi compiuti dai team creativi per soddisfarne i desideri).

[caption id="attachment_151858" align="aligncenter" width="508"]E3 foto 2 Tutta la tecnologia del mondo, tuttavia, non riuscirà mai a restituire la magia di mettere a stretto contatto tanti artisti e creativi, tutti ben disposti a rilasciare interviste e pareri a giornalisti e fan.[/caption]

Il punto, insomma, è proprio questo: mentre la gamescom macina record di partecipazioni e in giro per il mondo sorgono iniziative simili (Games Week di Milano per esempio), mentre sempre più publisher preferiscono, con maggior frequenza, la pubblicazione di beta o l’organizzazione di press tour mirati, l’E3 perde pezzi e autorevolezza. Difficile la sua sopravvivenza in questa forma. Molto probabilmente, in un futuro vicino, la fiera losangelina verrà aperta al pubblico pagante. Quasi certamente ci sarà un ulteriore assottigliamento degli annunci roboanti, in favore di una crescita delle demo station relative a prodotti appena pubblicati o in procinto di ricevere sostanziosi aggiornamenti in termini di DLC e migliorie di vario genere. Nessuno si sorprenderebbe, tuttavia, se tra una decina di anni fiere simili smettessero di avere una location fisica e si tramutassero in eventi unicamente trasmessi online, magari da vivere, in prima persona, indossando uno dei tanti visori per la realtà virtuale già oggi pronti a debuttare sul mercato.

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