[E3 2014] Provato - Adrift

Un primo passo nello spazio, con Adrift

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Che il videogioco sia un mezzo ottimo per raccontare, magari in chiave particolare, esperienze particolari, momenti intensi della propria vita, stati emotivi dovuti ad accadimenti precisi, è cosa nota, e non ci metteremo ora a ritirare fuori la storia di come siano nate saghe come Final Fantasy o The Legend of Zelda. Nel suo piccolo anche Adam Orth, con la collaborazione di Omar Aziz, sta cercando di fare di un evento a lui capitatogli un gioco, molto intimo, essenziale, ma non per questo poco coinvolgente, perché la nostra prova in occasione dell'E3 ci ha davvero catturato.

[caption id="attachment_132119" align="aligncenter" width="600"]Adrift - screenshot Adrift - screenshot[/caption]

Andiamo per ordine: se al nome di Adam Orth vi si è accesa in testa una lampadina, avete fatto bingo. Orth, che al tempo lavorava in Microsoft, fu uno dei pochi a sostenere la politica dell'always online, poi abbandonata, relativa a Xbox One. Lo fece certamente in maniera maldestra, sicuramente adducendo argomentazioni facilmente contestabili (“chi non ha una connessione veloce oggi?” - Adam, vieni a fare un giro in Italia, o anche nella “Real America”, che fai prima), e (troppo) mal gliene incolse. Licenziato. Una misura eccessiva, (in)giustificata dal clamore che le affermazioni avevano suscitato, dalla furore che solo i social network riescono a sollevare. Ecco, dopo quel fatto Adam deve essersi sentito un po' alla deriva. In inglese, “adrift”.

Questa quindi la genesi di Adrift, che parte quindi da uno stato dell'anima, non dal gameplay, per prendere progressivamente forma. Tempo per assumerne una compiuta ne avrà, in quanto il gioco è previsto per il 2015, ma il concept già ci ha intrigato, perché amiamo, visceralmente, quei titoli che mettono la componente emotiva sopra ogni cosa, e se vi sono venuti in mente Dear Esther o Proteus avete fatto centro. Adrift è più vicino al titolo di Ed Key e David Kanaga che a quello di The Chinese Room, perché i sentimenti vengono convogliati tramite l'esplorazione. Se in Proteus, però, avevamo di fronte un mondo strambo ed originale, in Adrift l'ambientazione è una stazione orbitante, ed i panni che vestiamo sono quelli di un'astronauta. E' tipo il sogno di ogni bambino che diventa realtà, e che con Oculus Rift in testa diventa qualcosa di più che una proiezione della mente.

[caption id="attachment_132120" align="aligncenter" width="600"]Adrift - screenshot Adrift - screenshot[/caption]

E' stato purtroppo poco il tempo che abbiamo passato completamente scollegati dalla realtà, con la periferica per la realtà virtuale ed un paio di cuffie addosso, un pad in mano; eppure, siamo riusciti a rintracciare quegli elementi che in un simile titolo devono essere presenti, affinché possa avere presa sul giocatore. Il primo impatto è fondamentale per un gioco simile, e Adrift non ha deluso, colpendo subito forte, lasciandoci spaesati e meravigliati, nella vastità della stazione spaziale, e quando abbiamo spostato lo sguardo più in là, verso lo spazio, tra pianeti e stelle, abbiamo sussultato. L'idea che nel gioco in qualunque momento, basterà ruotare di poco il capo per avere un assaggio dell'infinito, ci stuzzica molto. Abbiamo vagato, senza riferimento alcuno, ma senza nemmeno cercarne, perché in quel momento tutto andava bene così com'era.

Ovviamente per fornire un'adeguata esperienza di gioco ciò non basterà, ma Adrift non sarà semplicemente una passeggiata spaziale. La trama del gioco vede il giocatore risvegliarsi dopo un incidente, completamente privo di memoria, e starà al giocatore accompagnarlo, cercando di capire cosa sia successo alla stazione spaziale ed ai suoi occupanti, risolvendo nel mentre una serie di enigmi, che sosterranno la componente strettamente ludica della produzione. Altro del gioco verrà presentato nei prossimi mesi, nel mentre dobbiamo farci bastare quello che abbiamo visto, poco di certo, ma un poco che è bastato a generare in noi buone aspettative.

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