[E3 2013] Anteprima - The Evil Within

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Shinji Mikami torna alle origini...

Shinji Mikami non usa mezze parole per introdurre The Evil Within. Durante la presentazione a porte chiuse presso l'E3 2013, il game director del tanto osannato Resident Evil 4 parla subito di ritorno alle origini, e di survival horror puro. Non solo scarsità di risorse quindi, ma anche l'esposizione a paure primordiali, risolta, solo dopo un climax di sofferenze, con la vendetta. La demo mostrata corrispondeva all'inizio del gioco, dove abbiamo avuto modo di familiarizzare con il protagonista, l'investigatore Sebastian Castianos (le cui fattezze ci hanno ricordato molto quelle dell’attore Sean Penn). Chiamato d'urgenza a investigare su una misteriosa sparatoria avvenuta presso un manicomio criminale, il detective vi si reca d’urgenza con la sua squadra, per trovarvi solo un gran numero di macchine della polizia abbandonate all'esterno, senza armi nè occupanti nei rispettivi abitacoli. Deciso a far luce sulla situazione, lascia due colleghi di guardia agli ingressi, e si avventura con un altro detective all’interno dell’ospedale psichiatrico, per trovarvi solo sale d’aspetto e corridoi deserti. L'atmosfera già abbastanza tesa si complica ulteriormente quando i due raggiungono la sala di controllo delle guardie, rinvenendo un video di sicurezza che mostra gli agenti precedentemente giunti sul posto massacrati da una sorta di letale entità incorporea.

Poco prima che il video si interrompa, Sebastian e il suo collega vengono attaccati alle spalle, e il protagonista perde i sensi. Introdotta in soggettiva, la successiva sequenza lo vede appeso a testa in giù in un mattatoio avvolto nella penombra, mentre un mostruoso carnefice è intento a prendere uno alla volta dei corpi appesi al soffitto e a portarli nella sala adiacente per smembrarli, operazione accompagnata da effetti sonori decisamente disgustosi. A questo punto sta al giocatore far oscillare il detective agendo sugli analogici, sino a quando Sebastian non riuscirà a strappare un grosso coltello piantato nelle carni di uno dei cadaveri appesi, per poi finalmente liberarsi le caviglie e piombare a terra. Proprio in questo punto si conclude la sequenza introduttiva, e comincia il gioco vero e proprio, rivelando immediatamente un’anima parzialmente stealth. Starà infatti al giocatore recuperare un mazzo di chiavi senza farsi vedere dal carnefice, procedendo accovacciato ed evitandone il campo di visuale. Poco dopo aver recuperato le chiavi e ormai a pochi passi dalla via di fuga, Sebastian verrà notato in ogni caso dal mostruoso macellaio, che si getterà all’inseguimento armato di una motosega. La fuga che segue, inquadrata con una telecamera più ravvicinata rispetto a quella tradizionale, risulta molto ben costruita. L’effetto claustrofobico restituito dallo stretto corridoio, i grugniti del macellaio e il rumore della motosega, i passi affrettati del protagonista sul pavimento si uniscono tutti in un mix estremamente efficace. Ben presto, dopo aver distanziato leggermente l’inseguitore, Sebastian si trova in una piccola stanza senza più vie d’uscita, ed è costretto a rifugiarsi in un armadio metallico, solo una sottile porta di alluminio e una grata a separarlo dal macellaio. I rumori prodotti da quest’ultimo si avvicinano sempre più, sino a quando siamo in grado di vederlo attraverso le sottili aperture. Si aggira all’esterno, in un crescendo di tensione. Sfoga la sua furia facendo in briciole il mobilio della stanza, poi torna sui suoi passi, convinto che Sebastian sia passato oltre. La tregua è tuttavia destinata a durare poco. Ben presto il macellaio tornerà alla carica, e, dopo un secondo inseguimento, riuscirà a ferire Sebastian alla gamba. Da questo momento in avanti, allo stress dell’inseguimento, il giocatore dovrà aggiungere la sopportazione di una velocità di movimento molto ridotta, sfruttata dei level designer per inserire elementi sempre più minacciosi lungo la fuga del detective, come un corridoio costellato da enormi lame rotanti. Allo stesso tempo, le sequenze successive ci hanno permesso di vedere all’opera alcuni lati più interessanti e strategici del gameplay, come il lancio di oggetti per distrarre il macellaio e aggirarlo. Per quanto nel gameplay di The Evil Within non vi siano elementi propriamente originali, l’atmosfera che si respira tra gli stretti corridoi del manicomio è senza dubbio unica, e molte le reminiscenze dai classici del genere, da Resident Evil, a Silent Hill, passando per Siren. Un deciso salto temporale in avanti ci ha permesso di osservare successivamente una fase di gioco molto più avanzata, dove il giocatore si troverà nell’inventario diverse armi da fuoco (chiaramente con munizioni molto scarse) e persino delle trappole esplosive. Con questi limitati strumenti, Sebastian doveva sopravvivere all’attacco di un gruppo di creature simili a zombie, respingendole il più possibile. L’utilizzo delle armi da fuoco è piuttosto classico, reso interessante da un sistema di danni localizzati apparentemente molto ben fatto, in grado di provocare reazioni molto credibili nelle creature a seconda del punto colpito.

Nonostante la demo mostrata fosse molto breve, The Evil Within ci è apparsa una produzione dai confini ancora non ben definiti. Il ritorno al survival horror classico è indubbiamente una delle caratteristiche del gioco, ma la sequenza mostrata ci è apparsa a tratti sin troppo guidata, con il giocatore a volte costretto a compiere scelte obbligate, sacrificando la libertà d’azione sull’altare dello spettacolo. Solo una prova diretta potrà dirci se effettivamente il nuovo lavoro di Shinji Mikami rappresenta il ritorno al survival horror promesso dagli sviluppatori, oppure un ennesimo tentativo a metà di riportare in voga un genere apparentemente destinato al tramonto. Di certo, l’atmosfera che permea la produzione, dal design al comparto sonoro, è azzeccata e in grado di suscitare una discreta tensione nel giocatore. A questa dovrà naturalmente affiancarsi un gameplay degno degli illustri predecessori che hanno fatto la storia del genere, e sull’effettiva qualità di quest’ultimo dobbiamo rimandare il giudizio a future, e più approfondite, prove.

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