Dune 2 è un blockbuster che è una clamorosa eccezione
Dune – Parte due è un raro caso di opera ad altissimo budget (e quindi rischio) nella quale all’autore è stata lasciata libertà creativa quasi totale
Dune 2 (Dune – Parte due) è al cinema
LEGGI – Dune – Parte due, la recensione
Dune – Parte due e Denis Villeneuve
Ne parlavamo anche nella recensione pubblicata su questo sito: Denis Villeneuve è un regista con uno status unico al mondo al momento, più ancora di Christopher Nolan che pure riesce regolarmente a farsi dare centinaia di milioni di dollari per film che chiunque altro dovrebbe provare a girare con un paio di buoni pasto e un pacchetto di figurine Panini. Già Arrival aveva dimostrato come questo tizio canadese fosse in grado di vendere i proverbiali ghiaccioli al Polo Nord, o per lo meno di far sganciare cinquanta milioni di dollari per un film di invasione aliena senza guerra né vere scene d’azione ma un sacco di xenolinguistica.
La svolta vera, però, è arrivata probabilmente con Blade Runner 2049, uno di quei progetti in grado di stroncarti una carriera se non li approcci con il giusto mix di piglio autoriale e capacità di adeguarti alle richieste e alle esigenze di una macchina produttiva che magari, in cambio di una certa libertà anche a livello di sceneggiatura, ti propone un Jeremy Renner in pieno periodo Avengers per affiancare la tua protagonista. Non stiamo dicendo che in Blade Runner 2049 ci sia del cast fuori posto! Solo che il progetto era delicatissimo e Denis Villeneuve l’ha usato per dimostrare di essere un soldatino perfetto ma con delle idee; quello che fa ciò che gli chiedi ma ci mette abbastanza del suo da far contento anche il pubblico che non si ritrova di fronte al solito compitino.
La locura di Villeneuve
Dune era fin dall’inizio un progetto folle e infilmabile, e il fatto che Denis Villeneuve ci si sia buttato senza troppe esitazioni dimostrava già fin dall’inizio che si trattava dell’uomo giusto. Villeneuve sapeva che avrebbe avuto bisogno di convincere definitivamente le persone con i soldi con un primo film solido, esteticamente sontuoso ma anche un po’ blando, guidato dal carisma e dal momento d’oro del suo protagonista Timothée Chalamet e non per forza autoriale a tutto tondo. E infatti Dune è un film che verrà presto dimenticato ora che è uscito Dune – Parte due, recuperato solo per maratone e completismi vari: il sequel nasce con l’idea di superare a destra il primo capitolo, e riprendersi tutta la libertà che gli era mancata.
È come se Villeneuve non aspettasse altro: tre indizi fanno una prova, e tre successi consecutivi al box office ti trasformano in un marchio sicuro, sì, ma anche in una persona con abbastanza voce in capitolo da poter dire “questa volta facciamo tutto come dico io”. E Dune – Parte due è, infinitamente più del primo, un film fatto come dice Villeneuve. È significativa questa sua recente intervista nella quale dichiara di odiare il dialogo, di trovarlo una cosa adatta al teatro o al limite alla TV ma non al cinema, dove dovrebbero essere prima di tutto le immagini a parlare. È un discorso quasi nolaniano, nel senso che propone una visione dell’idea stessa di cinema che è nostalgica o quantomeno storiografica, ed è il genere di dichiarazione che, tendenzialmente, finisce per impedirti di trovare lavoro ben pagato per anni.
Invece Villeneuve può permetterselo perché l’ha dimostrato all’atto pratico: con tutti i suoi pregi e le sue qualità, Dune – Parte due è un film che inciampa spesso sui dialoghi, che fa una gran fatica a costruire dei personaggi tridimensionali (e forse non gliene frega granché) e preferisce giocare con gli archetipi e con le grandi idee. Molta gente monologa invece che dialogare. Altrettanta gente ha visioni, sussurri nella mente, vive insomma la parola come un’esperienza mistica e non come un modo per, banalmente, scambiarsi informazioni. È un film di immagini, vere o allucinate, per il quale vale la metafora del pinguino: tanto è agile a nuotare nel mare delle sue visioni, quanto è goffo quando torna sulla terra dei dialoghi e della messa in scena standard.
Ed è giusto così
E tutti questi non sono per forza limiti, anzi: è la dimostrazione che Denis Villeneuve ha un’idea precisa, forte, connotata, autoriale, volendo anche discutibile di come funziona il cinema, e che continua a rimanerci attaccato con tutte le sue forze anche quando gli danno da spendere duecento milioni di dollari. E glielo fanno fare! È questo l’aspetto migliore, perché potrebbe significare che, sempre con tutta la prudenza del caso, altri autori con una visione forte come la sua potrebbero in futuro trovare la strada del mainstream, e portare in sala la loro idea di film, non quella sanificata e algoritmica di buona parte della produzione AAA attuale. Dune – Parte due è tutto tranne che sanificato; è imperfetto, mal bilanciato, qui e là persino mal scritto. Ma è anche grossissimo, con un’idea di messa in scena ambiziosa e da kolossal che non può non ricordare anche Il signore degli anelli, e ovviamente con dei vermi giganti. Sarebbe bello che non rimanesse un’eccezione ma diventasse una regola.
Trovate tutte le informazioni su Dune 2 nella nostra scheda.
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