Dove vai in vacanza? Le ferie di Tognazzi, Villaggio e Sordi sono una tortura tutta Italiana
Tempo di vacanze? Allora merita di essere rivisto Dove vai in vacanza? il film con Tognazzi, Villaggio e Sordi che convince a stare a casa
Dove vai in vacanza? arriva alla fine di un periodo in cui in Italia il film ad episodi era un modo per mettere confini alla straordinaria creatività dei nostri autori. Domavano le idee buone che non potevano reggere un lungometraggio. Affiancate l’una con l’altra componevano un bouquet di punti di vista e variazioni sul tema. Era il mezzo ideale per raccontare lo stivale nelle sue infinite contraddizioni. Una sorta di attenzione alla rappresentazione, di cura delle minoranze cittadine, ante litteram.
Dove vai in vacanza? tre ferie in un solo film
Lo stesso effetto di ingrandimento si ha in Dove vai in vacanza?, dedicato al tema delle ferie estive. Tre capitoli, tre viaggi, estremamente diversi l’uno dall’altro. Rappresentano gli stili, le ossessioni e il cinema dei tre protagonisti: Ugo Tognazzi, Paolo Villaggio e Alberto Sordi. Sono maschere di uomini italiani agli antipodi, stridenti se affiancate. Eppure grottescamente vanno a colpire i tre ceti sociali dell’Italia negli anni ’70.
Segue Paolo Villaggio, che interpreta Arturo, un fantozziano animatore di un villaggio turistico in Africa. Si ritrova invischiato in rivalità amorose e in un tentativo di omicidio, tragicomico, durante un safari. Ancora una volta incarna la sua maschera tipo. Quella dell’uomo medio per eccellenza, un po’ inetto e con la voglia di arricchirsi. Schiacciato tra le ambizioni di carriera e la povertà che lo osserva da lontano e lo chiama a sé, insieme ai problemi con la giustizia.
Andare in vacanza e non sapere come fare
Dove vai in vacanza? Inizia piccante con l’episodio diretto da Mauro Bolognini in cui il sottofondo musicale di Ennio Morricone si mischia a un canto (non capiamo mai bene se sia diegetico o no) che si può sentire nelle stanze e che assomiglia a un melodico godimento di donna. Commedia sexy raffinata, totalmente dal punto di vista maschile che non capisce il femminismo (“disarmiamo il pene” è il principale interesse delle avvenenti ospiti), ma sa che c’è e deve fare i conti con esso. La vacanza erotica è quindi castrata dalla modernità che entra anche in tutti gli episodi seguenti.
Il film arriva nel 1978 eppure il suo spirito è quello di un decennio prima. Quello di una generazione che ha lottato per il diritto al riposo lavorativo, ma che poi non sa che farsene. Gente che è abituata ad andare in vacanza come ha sempre fatto, che ama i soliti luoghi, e addirittura le solite donne (“è un vero piacere rivedere la propria moglie quando non si è più sposati”, dice Tognazzi).
Il cambiamento è un male orribile. La modernità è incomprensibile e mai piacevole. Se si va in Africa lo si fa per commettere un delitto o per soldi, non per esplorare il mondo. Sordi è nel suo personaggio tipo. Lui trae la morale del film. Dopo avere peregrinato ovunque, con la moglie che -stanca- si siede su un’opera della Biennale di Venezia e viene scambiata per un’installazione, e dopo avere convinto tutti gli stranieri ad abbuffarsi contro ogni dieta dimagrante, è sollevato. Quella dei figli non può che essere una infatuazione momentanea per il mondo. Alla fine anche loro ritorneranno ad apprezzare gli spaghetti, il burro e l’olio. Fuggiranno dal minimalismo incomprensibile e intellettualoide e torneranno a terra.
In vacanza contro la modernità
Le vacanze italiane di Tognazzi, Villaggio e Sordi sono un atto politico di resistenza alla modernità e un elogio del passato. Non è un film miope però, sebbene non brilli certo di lungimiranza. Perché Bolognini, Salce e Sordi, registi dei tre capitoli, hanno ben chiaro come si stanno modificando le cose. Solo che non vogliono crederci. Odiano tutto ciò che è raffinato, e quindi complicato. Pure il sesso alle porte degli anni ’80 diventa un costrutto inaccettabile. Una cosa carnale e non più intellettuale. Allora lo sguardo di Tognazzi sul seno della cameriera mentre lui elenca a lei le prelibatezze del menù come se fossero aggettivi, è una chiara affermazione di consapevolezza. Come se dicesse: lo so che noi uomini oggettifichiamo, che il nostro sguardo è primordiale e istintuale. Va bene così, è sempre molto meglio del finto libertinismo che alla fine però o non conclude o castra ogni passione.
Non è diverso da quello che fa Sordi con la pasta. Va bene stare attenti al proprio corpo, ma che senso ha vivere se non ci si può perdere in un buon sugo? L’episodio è pura comicità visiva, a differenza di quello di Villaggio, che risulta un mix poco ispirato tra Fracchia e Fantozzi senza la stessa rabbia. Insieme ad Anna Longhi, Sordi regge i contro-campo come principale strumento comico. Moglie e marito ad un concerto di musica sperimentale assistono interdetti ai lunghi silenzi, non sanno quando applaudire, quando andarsene. Sono perplessi, come lo sono per la durata dell’intera vacanza.
Una gentilezza dei figli, che vogliono restituire la cultura che i genitori gli hanno pagato e uniformarli alla loro modernità, è peggio della tortura di aguzzini organizzati. Perché se l’Italia è sempre stata resistente al cambiamento, lo è ancora di più quando si tratta del riposo. Questa è l’intuizione più forte di Dove vai in vacanza?: capire che la scelta di come passare il tempo libero, un’invenzione del dopoguerra che i personaggi maneggiano da relativamente poco, è il modo in cui esce la personalità degli italiani. Si ritorna genuini, liberi, preda degli istinti e della voglia non godersi la vita, come solo noi sappiamo fare. Nessuno può permettersi di spiegarcelo.
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