Double Impact – Vendetta finale, una seduta di psicanalisi a calci volanti
Double Impact – Vendetta finale è il film nel quale Jean-Claude Van Damme si confronta con la sua doppia personalità: quella dell’atleta e quella dell’attore
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Double Impact – Vendetta finale è talmente ispirato a Dumas, e in particolare al suo I fratelli corsi, che inizialmente si sarebbe dovuto intitolare proprio The Corsican Brothers, come ha raccontato Sheldon Lettich qualche anno fa. Lettich al tempo si era già fatto un nome nell’action-e-dintorni, aiutato dalla sua esperienza da ex militare, scrivendo non solo il già citato Bloodsport, ma anche Rambo III insieme a Stallone; venne scelto dalla Cannon di Menahem Golan per scrivere e dirigere l’adattamento del romanzo di Dumas, e fu lui a proporre di coinvolgere Van Damme e affidargli il doppio ruolo dei due fratelli gemelli protagonisti, separati alla nascita da un destino infame e ritrovatisi venticinque anni dopo in nome di una comune vendetta.
Golan, che pure di questo cinema ne capisce eccome, disse di no, e rinunciò al progetto: sempre secondo Lettich, la sua risposta precisa fu “Jean-Claude non sa fare neanche un personaggio, figurati due”. I diritti vennero acquistati da un altro grande nome dell’epoca, Moshe Diamant, che accettò con entusiasmo la presenza di JCVD e lo mise all’opera insieme a Lettich per sistemare la sceneggiatura pre-esistente. E qui arriviamo al momento in cui la storia del film e la storia personale di Van Damme si intrecciano, in tanti modi diversi.
Innanzitutto, Van Damme era grande amico e grande estimatore di Bolo Yeung, che si era fatto notare per la prima volta in I 3 dell’operazione drago e che gli aveva già fatto da spalla in Bloodsport. Lo volle quindi coinvolgere a tutti i costi e affidargli il ruolo del villain (o meglio dello scagnozzo principale del villain, il quale però è un criminale di classe e non si sporca mai le mani), e scrisse quindi una storia ambientata a Hong Kong nonostante i protagonisti fossero due fratelli inglesi con l’accento francese. Il cambio di ambientazione rispetto al romanzo permise anche a Van Damme e Lettich di pescare a piene mani dal cinema di sbirri e criminali di quel Paese, e di scrivere quella che è una storia semplicissima ma ricca di dettagli, scene utili a creare atmosfera e immersione, e persino deviazioni in direzioni stilistiche imprevedibili (e, va detto, non sempre riuscitissime).
Questo perché nello scrivere Double Impact Van Damme aveva solo una cosa in testa, che lui stesso al tempo descriveva così: “Per costruire un impero ti serve qualcosa di più dei soli muscoli”. Non solo: “Sto cambiando la mia immagine per Double Impact: interpreterò due gemelli. Uno è violento e l’altro no, e in questo modo il pubblico potrà apprezzare il contrasto tra i due e la profondità del mio lavoro”. Dice sempre Van Damme di aver visto la performance di Jeremy Irons in Inseparabili di Cronenberg e di aver deciso che il doppio ruolo fosse il modo migliore per mostrare alla gente di non essere solo un tocco di carne con la forza di un rinoceronte e l’agilità di un ballerino, ma un attore a tutto tondo. “Se continuo a fare solo film di arti marziali la gente si stuferà di me. Se voglio una lunga carriera da attore devo staccarmi dai ruoli più fisici”.
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Il risultato di questa aspirazione è che la sceneggiatura di Lettich e Van Damme, e in particolare il modo in cui sono caratterizzati i due protagonisti, assomiglia a una seduta psicanalitica per lo stesso protagonista, che si siede sul lettino e comincia a spiegare come si senta diviso tra la voglia di continuare a fare l’atleta, a essere violento e imprevedibile e acrobatico e maschio, e quella di provare a esprimere sentimenti, a interpretare ruoli per i quali siano previsti dialoghi e cambi di registro e scene madre che non coinvolgano calci volanti. Chad, il Van Damme buono, ci viene presentato come una specie di Indiana Jones meets il personal trainer più inappropriato della storia: è un karateka ma anche istruttore di yoga che intrattiene un folto pubblico di avvenenti fanciulle mostrando loro quanto è snodabile e quanto sodo è il suo fondoschiena, accarezzandole e ammiccando. Alex, il Van Damme cattivo, ha i capelli tirati all’indietro con il gel, il sigaro perennemente in bocca e l’espressione a cui Van Damme ci aveva abituato fin lì. Rappresentano abbastanza chiaramente quelli che JCVD vedeva come il suo passato e il suo futuro (tanto è vero che Alex vive nel passato, cioè a Hong Kong, dove la loro famiglia è stata sterminata dalla Triade), e non a caso a Chad vengono lasciate le battute più brillanti e le frasi più lunghe, mentre Alex passa il tempo a grugnire e pronunciare monosillabi o insulti.
Riguardando Double Impact bisogna ammettere che l’azzardo ha funzionato, anche grazie a un gran lavoro di messa in scena e montaggio che pur senza CGI e con pochissimo uso di stunt riesce a raddoppiare la figura di Van Damme per tutto il film senza mai svelare il trucchetto e rovinare la magia (Lettich spiega come hanno fatto qui). Con il senno di poi il film risente di un po’ di ingenuità, soprattutto riguardo a come sono gestiti i più importanti snodi di trama – è talmente assurdo da diventare eccezionale, per esempio, il modo in cui Frank, il padre putativo di Chad interpretato da Geoffrey Lewis, gli rivela che non è suo zio e che i suoi genitori sono stati uccisi dalla mafia di Hong Kong 25 anni prima. Ma a fronte di quella che poteva essere una storia semplicissima e lineare e costruita tutta sul rapporto tra le due metà di Van Damme, Double Impact non si dimentica mai di essere anche e soprattutto un film action.
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È la cosa più importante e il motivo per cui ancora oggi è un capolavoro: la carriera di Van Damme è proseguita a lungo nonostante le arti marziali, certe sue opere più recenti tipo JCVD hanno tolto ogni dubbio sul suo talento, e a rivederlo oggi Double Impact fa venire voglia ogni tanto di entrare nello schermo e abbracciare Alex e Chad dicendo loro “ma certo che siete bravi!”. Il motivo per cui non lo si fa è che raramente passano dieci minuti senza che esploda qualcosa, che siano pallottole, bombe o Mercedes di lusso in mezzo al mare. Con tutto il rispetto per le aspirazioni alte di Van Damme, ma è quando comincia a dare calci e schiaffi che diventa il migliore, o comunque uno dei. E Double Impact è una delle cose migliori fatte da uno dei migliori: cosa aspettate a (ri)guardarvelo?
Double Impact – Vendetta finale uscì nei cinema il 9 agosto 1991