Doris Day, "la vergine più vecchia d'America" che sdoganò l'AIDS in tv

L'ultima diva della vecchia Hollywood arrivata un passo prima che cambiasse tutto fu anche la persona che sdoganò l'AIDS in tv

Critico e giornalista cinematografico


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Doris Day in Italia è stata popolare, ma mai come in patria.

All’apice della sua carriera, negli anni ‘60, era l’attrice più pagata e cercata, in coppia con Rock Hudson ha girato una serie di commedie tra cui Il Letto Racconta o Amore, Ritorna! che avevano adombrato e di molto il film per il quale ad oggi più la ricordiamo (L’Uomo Che Sapeva Troppo di Alfred Hitchcock) e in seguito a quelli è diventata un household name, un’attrice che non aveva bisogno di altre star a fianco a sé per vendere biglietti.

Ad oggi però di quei film rimane poco e Doris Day simboleggia altro: il tramonto di un’era gloriosa del cinema americano. I giorni dei suoi successi erano gli ultimi fuochi di un cinema che stava morendo sotto i colpi di diverse crisi (non ultima quella introdotta dalla concorrenza televisiva) e che stava per cambiare.
Doris Day forse è stata l’ultima diva del vecchio cinema americano, stroncata dall’arrivo della rivoluzione sessuale e dei costumi che avrebbe poi portato a quella cinematografica della nuova Hollywood.

Verso la fine degli anni ‘60 era malignamente soprannominata “la vergine più vecchia d’America”, il che la dice lunga sul suo pubblico, i suoi film e la maniera in cui si presentava a un paese che era pronto per Woodstock. Avrebbe lasciato le scene di lì a poco dopo una serie televisiva realizzata controvoglia.

Era cantante ovviamente prima di tutto e poi attrice, il corpo giusto, il volto giusto e la pulizia giusta per un’industria dell’intrattenimento soggiogata dal codice Hays, puritana e abbottonata, sempre in cerca di donne per bene e che non sconvolgano nessun equilibrio. Non è un caso che abbia rinunciato a Il Laureato, per il quale le fu proposto il ruolo di Anne Bancroft (che era anche di dieci anni più giovane di lei), la madre che seduce il giovane Dustin Hoffman. Era una parte troppo lontana dalla sua immagine, troppo scabrosa, troppo sessualmente aperta. Era il 1967 e il successo di quel film fu il campanello che la sua carriera, così come la conosceva, non poteva più andare avanti, il mondo del cinema e la società che i film li va a vedere stavano andando altrove e volevano altro.

Ha poi proseguito solo come cantante e lavorando occasionalmente in televisione. In questa maniera è riuscita a mettere a segno forse il colpo più clamoroso della sua carriera. A metà anni ‘80 mentre il mondo era devastato dall’AIDS e il pubblico ne sapeva pochissimo in un innocuo show celebrativo a puntate (Doris Day’s Best Friends) intervistò il vecchio compagno di mille successi Rock Hudson, malato di AIDS. Era la prima volta in assoluto che il pubblico americano vedeva i sintomi di quella malattia. Tutto era nello stile Doris Day, molto abbottonato, per bene, educato e presentabile, eppure lo stesso lo shock di vedere Hudson magro e malato e di parlare di quel male in quella maniera furono tali che la trasmissione fu sospesa.

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